In tutto il mondo, “Il” Brunello di Montalcino è sinonimo di Biondi Santi. È così, per molteplici ragioni, a partire dal fatto che se oggi il “nobile rosso toscano” esiste, è grazie a questa cantina. Si deve infatti a Clemente Santi, primo enologo d’Italia, nel 1865, la “folle idea” di vinificare il sangiovese in purezza allo scopo di produrre un vino di corpo e capace di sfidare il tempo. Una intuizione rivoluzionaria che raccoglierà già nel 1869 i primi riconoscimenti, con il conferimento della medaglia alla Fiera Internazionale di Montepulciano per questo “vino rosso scelto (brunello)”, con il nome “brunello” che per la prima volta appare su un documento ufficiale. Il 1888 l’anno in cui Ferruccio Biondi Santi, nipote di Clemente, produrrà la prima annata di “Brunello di Montalcino” (con dicitura completa e “B” maiuscola). Detto che due bottiglie di quel millesimo storico sono custodite ancora oggi nelle segrete di Tenuta Greppo. La verità è che la storia della cantina ilcinese e del Brunello di Montalcino da allora procedono sempre insieme. È stato Tancredi, il figlio di Ferruccio, a scrivere il disciplinare di produzione del Brunello, nel 1966.
Si deve alle generazioni che si son susseguite fino ai giorni nostri, il contribuito determinante alla costruzione della fama di cui gode oggi il territorio di Montalcino, con successi ed avvenimenti unici. Sufficiente ricordare, tra i momenti più significativi, nel
1994 l’evento che ha visto
Franco Biondi Santi organizzare una memorabile degustazione verticale con Riserve dal 1888 fino al 1988 per festeggiare i 100 anni del Brunello di Montalcino, dimostrandone di fronte al mondo valore e longevità con Riserve Biondi-Santi capaci di essere ancora perfette dopo oltre un secolo. E nel
1999, l’inserimento da parte della rivista americana
Wine Spectator della Riserva 1955 tra i 12 migliori vini al mondo del XX secolo.
Se i Biondi Santi, non v’è dubbio, siano all’origine della rivoluzione che ha cambiato il volto di Montalcino e delle sue terre, essendo stati il punto di riferimento a cui si sono ispirati tutti i produttori, piccoli e grandi, che sulla loro scia, si son messi a produrre vino, catturando poi, con la sapiente regia del Consorzio del Brunello di Montalcino, l’attenzione dei mercati dei diversi continenti. Il presente, per la cantina “numero uno”, è stagione di ulteriori nuovi successi, dopo una svolta avvenuta nel
2016 quando, la famiglia, avviata la ricerca di un partner strategico che potesse aiutare l’azienda ad affrontare il futuro e a sviluppare ulteriormente il concetto di eccellenza, lo ha individuato nel
Gruppo EPI (Européenne de participations industrielles), società di investimento indipendente di proprietà di Christopher Descours. Una alleanza strategica che sotto la guida di
Giampiero Bertolini, dal novembre 2018 Amministratore Delegato, si è concretizzata in ingenti investimenti sia in vigna sia in cantina.
Cuore del progetto, uno studio approfondito che partendo dall’analisi della vigna e da un rinnovato approccio alle caratteristiche del terroir, alla selezione rigorosa messa a punto da Franco Biondi Santi, dove l’età della vigna definisce la destinazione enologica delle uve, è stato affiancato un processo di parcellizzazione, in vigna e in cantina che durerà tre anni e consentirà di sviluppare, se possibile, una conoscenza migliore delle caratteristiche e delle potenzialità di ogni vigneto. Se dai tempi di Tancredi Biondi Santi, nella produzione del vino, ben poco è cambiato, visto che oggi come ieri è il concetto di maturità delle uve che porta a definire il momento della vendemmia, allo scopo di raggiungere quell’equilibrio che permette di produrre vini eleganti e longevi. Con la fermentazione che avviene in tini di cemento con l’uso di lieviti autoctoni e l’invecchiamento dei vini che avviene in botti di rovere di Slavonia. Seguiti poi da un affinamento in bottiglia lungo, perché considerato fondamentale per il pieno raggiungimento della cifra stilistica della casa. Le novità, tuttavia, non mancano.
Una per tutte, quella annunciata nelle scorse settimane dal CEO Giampiero Bertolini e da Lene Bucelli, marketing & communication manager, ossia che per la prima volta in 150 anni di storia, la cantina debutta sul mercato con
bottiglie in formato magnum per le nuove annate di Brunello e di Riserva, 1,5 lt per il Brunello 2015 e 1,5 lt, 3 lt e 6 lt per la Riserva 2013.
“Credo che questo sia un momento importante per la nostra storia – ha detto Giampiero Bertolini –
perché è un fatto che i grandi formati abbiano un’influenza positiva sul potenziale di invecchiamento del vino. Biondi Santi si è già mostrato al mondo per la straordinaria longevità del nostro Brunello, l’introduzione delle bottiglie magnum sono per me una scelta logica per il nostro vino. Collezionisti e amanti del vino lo chiedono da molto tempo e sono felice che ora possiamo soddisfare la loro richiesta”.
Per quanto riguarda il
Brunello di Montalcino 2015, all’assaggio rivela il suo essere vino di spiccata personalità, dal bouquet di suggestiva complessità, ma soprattutto dal sorso che, al palato, in virtù di freschezza persistente e bella sapidità nel finale, rivela una notevole anima “gastronomica”. Un grandissimo rosso, dalla sorprendente versatilità, che oltre ad andare a nozze con i tradizionali abbinamenti con carni rosse e selvaggina, si rivela splendido vino da tutto pasto.
Un compagno affascinante anche di piatti di pesce, come ha saputo dimostrare quel fuoriclasse di
Paolo Griffa, guida illuminata del prestigioso
Petit Royal del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur e per noi oggi uno dei migliori chef d’Italia, che con il suo talento, ha stupito tutti, servendo il millesimo 2015 con una trota salmonata, proposta in due differenti interpretazioni, una “classica”, marinata e affumicata, secondo una ricetta molto in voga negli Anni ‘80, dove il sapore deciso era alleggerito dalla freschezza e dall’acidità della leggera crème fraîche alle erbe che la accompagnava, e una “contemporanea”, cotta al vapore di idrolato di abete, carpaccio di funghi e tartufo nero, zabaione al larice. Un piatto che rimandava al profumo del bosco, alle conifere che circondano i laghi alpini della Valle d’Aosta da dove proveniva il pescato e che faceva matrimonio d’amore con le note solari del Brunello 2015.
Per quanto riguarda il vino, al naso ha frutto dolce e fragrante, con in evidenza aromi di ciliegia, tipici del Sangiovese di alta collina, e sentori di piccoli frutti tra cui si avvertono il lampone e la fragola di bosco, con la nitida e ampia nota fruttata che si alterna ai suggestivi profumi di erbe aromatiche tra cui spiccano il timo ed il rosmarino, con un delicato richiamo alla radice di liquirizia. Di bella struttura, con bocca suadente in virtù di tannini vellutati, al palato si distende con un sorso dalla consueta finezza ed armonia, che sono cifra stilistica caratteristica del Brunello Biondi Santi, per un finale lunghissimo e un giudizio complessivo che dice che siamo di fronte a un grandissimo rosso di indiscutibile classe.