Pubblicato su Ryoritsushin il 28 settembre 2020
Distesa tra due mari c'è la penisola di Gaeta, antico ducato e porta del Regno di Napoli, ora facente parte della provincia di Latina, nel Lazio meridionale. La città medievale osserva il mondo dall'alto dei suoi castelli, altera come una vecchia signora che non si meraviglia più di nulla.
Le sue cento chiese immerse in suggestioni bizantine, barocche e neogotiche aprono su piazze vocianti in estate che d'inverno si gonfiano di Libeccio: con le sue mura antiche è una fortezza di anime prigioniere di una struggente bellezza.
Gaeta ha 7 spiagge che nascondono altrettanti tesori: una sabbia color dell'oro su cui approdò il leggendario Enea esule da Troia distrutta.
Sia nei bei momenti sia nei brutti momenti i suoi dolci non potevano mancare mai
Invece Giovanbattista Di Ciaccio ci ritornò dagli Stati Uniti, dove aveva lavorato in una fabbrica di biscotti, nel 1926 con il sogno di aprirne una simile nella città natia. E lo fece con la sua bella insegna “American Biscuits” e con buon successo finché fu distrutta dai bombardamenti americani verso la fine della guerra. Al paese nostro l’ironia della storia è sempre in agguato.
Fu Pasquale, nipote di Giovanbattista, il 18 marzo del 1951 a riaprire il biscottificio unendovi anche la pasticceria fresca. Il temporale era passato e, sebbene sei case su dieci fossero andate giù, c’era una grande voglia di ripartire e, naturalmente, di festeggiare appena se ne presentava l’occasione. Ed in ogni occasione di festa con la pasticceria ed i biscotti Di Ciaccio si faceva bella figura. Oggi c’è Antonio, 64 anni, la terza generazione.
“Nel 92 abbiamo ceduto il punto vendita di pasticceria fresca e ci siamo specializzati nella pasticceria secca e nei biscotti. Ci siamo trasferiti in uno spazio appena fuori città, lungo la via Appia, il Centro Leonardo che raggruppa 28 diversi artigiani di varie tipologie. Il nostro capannone di 300 mq è diviso tra il laboratorio e lo spaccio aziendale.
Abbiamo una produzione importante ma abbiamo mantenuto una metodologia artigianale: accurata selezione delle materie prime e macchinari innovativi, come le stampatrici rotative da cui escono 2 quintali all’ora della linea di frollini le
delizie, che convivono con alcune lavorazioni manuali come quella dei “
brutti ma buoni” e dei
savoiardi.”
“Quando ero bambino vedevo mio padre preparare i savoiardi mescolando a mano i rossi e i bianchi di 75 uova montati separatamente, con le dita aperte ed i movimenti molto ampi e gli chiedevo come facesse a capire sempre il momento giusto per ogni passaggio e la risposta era inderogabilmente: si vede. In quel si vede c’era tutta l’esperienza del pasticcere. Oggi anch’io quando faccio i savoiardi sono come un sacerdote che dice messa”.
Fra le numerose produzioni, tutte dall’eccellente al buonissimo, proprio i savoiardi all’assaggio mi hanno stupito.
Questi biscotti, conosciuti in tutto il mondo, videro la luce a metà del XIV secolo per opera del cuoco di corte di Amedeo VI di Savoia in occasione della visita del re di Francia, In seguito al successo nel memorabile banchetto vennero adottati ufficialmente dalla Reale Casa Savoia. Una ricetta cinquecentesca ne indica la composizione: “Si fanno con poca farina, albume d’uovo e zucchero”.
La farina nella ricetta Di Ciaccio è stata abolita. I rossi d’uovo e gli albumi vengono divisi e montati separatamente, con un po’ di zucchero nel bianco d’uovo, zucchero e fecola nel rosso. Quando hanno raggiunto la consistenza dovuta vengono mescolati a mano e, sempre a mano, con il
sac à poche, vengono colati sulla teglia e messi in forno per 53 minuti a 165 gradi. Il risultato, di estrema leggerezza e friabilità, è di una raffinatezza indimenticabile. Perfetti da mangiare al naturale o abbinati a vini da dessert o cioccolata, nonché per la preparazione di dolci.
“I problemi sono due: il nome savoiardi che è stato svalutato dalle numerosi produzioni industriali e la quantità disponibile per i numerosi ordinativi: ne produciamo al massimo 15/20 kg al giorno”.
Che proprio a Gaeta si facciano i migliori Savoiardi è storicamente strano. Gaeta fu l’ultima capitale del Regno di Napoli ed assediata e cannoneggiata per tre mesi nel 1860 dai Savoia finché, dopo un’eroica resistenza capitolò, e Francesco II di Borbone, ultimo re di Napoli, lasciata la città se ne andò in esilio, consegnando così il meridione d’Italia ai Piemontesi.
La ricetta lasciata dalla sirena
“Allora, per ristabilire l’equilibrio, assaggia la nostra Pastiera Napoletana! Gaeta fino al 1934 faceva parte della Campania e comunque le influenze culturali campane sono rimaste fortissime. Nella pasticceria di papà abbiamo sempre avuto pasticceri napoletani e la pastiera è da sempre, a detta di tutti, uno dei nostri punti di forza. Volevamo portarla fuori dall’ambito locale e farla conoscere, ma senza usare conservanti che non fanno parte della nostra filosofia di produzione.
Nel 1999, con l’aiuto del professor Giovanni Quaglia, docente di tecnologie alimentari all’università La Sapienza di Roma, abbiamo optato per un gas inerte ad atmosfera modificata da iniettare nel contenitore della torta. Così mantiene la sua freschezza anche per due mesi”
Gli ingredienti sono quelli tradizionali di “Sua maestà la Pastiera”: il famoso dolce pasquale affonda le sue radici nel mito greco della sirena Partenope che aveva scelto per spandere la sua voce dolce e melodiosa proprio il golfo di Napoli.
Per ingraziarsela la popolazione le portò sette doni: la farina simbolo di ricchezza, la ricotta per richiamare l’abbondanza, le uova per la fertilità, il grano cotto nel latte a simboleggiare la fusione del regno animale con quello vegetale, i fiori d’arancio profumo delle terre campane, le spezie e lo zucchero per celebrare la varietà e la dolcezza del canto. La sirena secondo il mito gradì i doni, mescolò il tutto e diede vita al dolce simbolo della cucina napoletana.
Come il golfo di Gaeta non ha nulla da invidiare in bellezza a quello di Napoli, così la pastiera di Antonio può essere messa a confronto con le migliori campane.
É difficile trovare un altro produttore con tanta ricchezza di golosità: a Natale sono imperdibili i dolci tipici della tradizione come i
rococò, i
susamelli, i
mostaccioli ripieni e le
sciuscelle tipiche gaetane.
Posto d’onore merita anche il panettone artigianale a lievitazione naturale di oltre 70 ore; da provare le
Lingue di Gatto, i
Brutti ma Buoni con nocciole Piemonte e gli assortimenti di frollini e biscotti con farine di grani antichi unite all’aromaticità della frutta, più digeribili e ricchi di principi nutritivi.
Durante il tempo libero al nostro Antonio piace coltivare la vite. “Ho poche piante di Malvasia Bianca di Candia; non ce n’è neanche per fare poche bottiglie ma mi piace curarla, il contatto con la terra mi rilassa e mi rigenera”. In questo simile a quegli eroi antichi che tornavano a casa a coltivare dopo mille battaglie.
Di Ciaccio Specialità Dolciarie
Gaeta (LT)
c/o Centro Leonardo
via Appia Lato Roma Km 136,500
tel. 0771311010
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