Dal 2001 il 1° giugno è stata convenzionalmente scelta come data per “celebrare” il latte, la bevanda-alimento che costituisce la base della nutrizione quotidiana nel mondo fin dalla prima infanzia.
A stabilire che ci fosse bisogno di un World Milk Day sono stati FAO e Nazioni Unite, al duplice scopo di valorizzare sia il prodotto in sé sia tutto il settore lattiero-caseario a livello globale. Buono, economico e sano, il latte è anche cultura. Al pari del pane, fa parte di quegli alimenti senza i quali non potremmo immaginare la nostra alimentazione fin dai tempi più remoti. Fin da quando gli esseri umani smisero di essere cacciatori-raccoglitori e praticare il nomadismo, e divennero stanziali con l’agricoltura e l’allevamento.
Il latte è anche collegato al concetto di civiltà quale noi la intendiamo oggi: è un filo bianco che unisce popoli lontanissimi nel tempo e nello spazio, e che racconta storie che profumano di buono. Seguiamo questo filo per scoprire fin dove ci porta.
Chi consuma più latte nel mondo? I maggiori consumatori sono gli europei, in particolare i popoli del nord. Guardando la classifica del consumo annuale pro capite, si scopre che svettano gli estoni (121 kg a testa) seguiti dagli irlandesi (con 113 kg), finlandesi (104 kg), inglesi (97 kg), danesi (80 kg), austriaci (74 kg) e svedesi (74 kg).
Non c’è da stupirsi, infatti il settore lattiero caseario in Europa è il secondo per dimensioni e fatturato nell’ambito della produzione agricola.
L’Italia ha un andamento peculiare. Se, infatti, il consumo annuale pro capite di latte alimentare è andato progressivamente riducendosi tra il 2011 e il 2019, nell’ultimo anno (complice il lockdown), si è assistito ad un incremento nell’acquisto di molti prodotti caseari, tra cui il latte fermentato e lo yogurt. Fortunatamente, perché meno latte e derivati si traduce in un minor apporto di calcio e altre sostanze di alto valore nutrizionale, tra cui fosforo, potassio e vitamine del gruppo B presenti in questi alimenti.
World milk tour: gli animali del latte
Paese che vai, latte che trovi. Nel mondo l’85% del latte alimentare che viene comunemente consumato è di mucca, ma il restante? In Italia, accanto alla produzione vaccina, troviamo quella caprina che ha un suo buon mercato, mentre quella ovina è riservata all’industria casearia. Di nicchia, ma d’eccellenza, anche la produzione del latte d’asina. Ma tanti altri animali sono produttori di latte che viene usato per l’alimentazione quotidiana in altre nazioni. Il cammello, per esempio, produce dai 5 ai 20 litri di un latte simile, nel gusto, a quello vaccino, ma più denso e leggermente salato. Si produce in Somalia e Arabia Saudita. Poi il bufalo d’acqua, allevato in India e Pakistan. Mammifero dotato di lunghe corna appuntite, è un gran produttore di latte, che risulta più cremoso e bianco di quello vaccino. Sempre in questi due grandi Paesi asiatici, c’è l’eccellente latte di sahiwal, una razza bovina pregiata originaria della regione indiana del Punjab. Risalendo le catene dell’Himalaya, si trova lo yak, o bue tibetano, produttore di un latte ricco di proteine e di grassi, da cui si ricava un burro molto apprezzato dalle popolazioni delle grandi altezze. Spostandosi in Scandinavia, si scoprire il latte di renna. Anche questo bel mammifero dalle ampie corna fa un latte cremoso e dolce, ricchissimo di grassi. Peccato che ogni renna produca appena una decina di tazze di latte al giorno. Restando in zona, troviamo il latte di alce, prodotto e consumato in Svezia e Russia. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a un prodotto più proteico e grasso rispetto a quello vaccino. Gli alci da allevamento ne producono da 1 a 6 litri al giorno, per questo il suo prezzo è davvero elevato.