Una settimana a Roma, in cerca di novità, seguendo ciò che la gente sta preferendo. E le scoperte sono state diverse.
Iniziamo col dire che da un capo all’altro della città, il poker di osterie che abbiamo provato aveva almeno tre comuni denominatori. Una qualità riconoscibile della materia prima, l’informalità quasi spinta del locale con tavoli e sedie in legno stile vecchia osteria (e tovagliette di carta) e una selezione distintiva di vini naturali. M’ha sorpreso non trovare in tutte la stessa offerta del vino a bicchiere, mentre l’altro aspetto di distinzione l’ho trovato nel pane.
Dunque dove sono stato? La prima sera all’Osteria Monteverde in zona Gianicolense (via Pietro Cartoni, 163 - tel. 06 53273887), un locale di tavoli e sedie in legno, essenziale, che dalle 20,30 in poi si riempie di giovani. Il menu è territoriale, eseguito con attenzione, con qualche inserto creativo come il tortello di pollo alla cacciatora lattuga, carote e teriyaki o lo gnocco di patate allo stracotto di agnello, topinambur e liquirizia. Amatriciana e carbonara ci sono sembrate poco incisive; piacevoli la ricciola di Ponza, fico d’India, cavolo nero e bottarga e la pancia di maiale alla stout con cavolfiore e cipolline. Tutto molto delicato. Quasi inesistente il vino a bicchiere, ma buona selezione alla carta a prezzi onesti. I piatti vanno dai 9 ai 12 euro i primi e gli antipasti e intorno ai 15 i secondi. Faccino contento+? Ok.
La seconda prova è stata al SantoPalato di piazza Tarquinia, 4a/b (tel. 06 77207354), locale che in poco tempo dall’apertura ha fatto subito parlare di sé. E qui c’è una forza della natura come Sarah Cicolini già nelle cucine di Roy Caceres del ristorante Metamorphosi, che per noi rimane il miglior cuoco di Roma. Ad aprile Sarah ha voluto creare un locale da osteria forzata, per cui il vino a bicchiere viene chiamato vino sfuso (vabbè) e annovera qualche scelta che va oltre al paio della vecchia osteria. Decisamente interessante la carta dei vini, con etichette originali, e la serie di fornitori: da Cazzamali e Liberati per le carni, a Bonci per il pane. Anche qui il pienone di giovani, e l’opzione della lavagna per le proposte oltre in carta.
Cosa ci è piaciuto? La pasta e fagioli con vari tipi di formati sopratutto, mentre la nostra amica la settimana prima aveva pianto di gioia per la frittata di regaje di pollo. Molto buona la trippa alla romana, altrettanto i mezzi rigatoni alla carbonara. Il pannicolo di carne con verdure scottate e maionese di rafano, per chi non conosce il piatto, risultava un po’ duretto alla masticazione, meglio il collo di maiale con porro rapa e limone oppure il cuore di bue di Cazzamali con salsa alla senape e radicchio scottato. Il dolce “vendutoci” come maritozzo, non era memorabile e ben lontano da ciò che ci aspettavamo. Bellissima e gradita l’offerta del bicchierino di vino bianco e gazzosa con focaccia e mortazza come entrée; qualche perplessità sulla coppa home made di suino nero con pezzettoni di cavoli grossi e duretti, più appariscenti che armonici nell’insieme del piatto. Prezzi più o meno in linea con i precedenti. Per ora è un faccino contento++. Ci torneremo.
La terza sera siamo stati dove vorremmo tornare sempre: la trattoria Pennestri di via Giovanni da Empoli, 5 (tel. 06 5742418). Fantastica! Il locale è solo poco più grande degli altri e con qualche eleganza in più, ma la formula è la medesima e il pubblico sempre di giovani. Tuttavia qui il vino viene celebrato come si deve: una scelta di 12 bottiglie di vini bio al bicchiere, da divertirsi, e una carta in divenire, sempre interessante. Eccezionale la torta rustica di scarola e salsa al pecorino; buona la pasta e fagioli cicoria e peperoncino affumicato. Gradevoli gli gnocchetti acqua e farina con crema di scampi e stracciatella, dove avverti la mano dello chef che cerca equilibrio e lo trova. Ben fatta la trippa al sugo, menta e pecorino, da sogno la quaglia ripiena con funghi porcini e rosmarino. Ottimo anche il baccalà, indivie e patate al forno e salsa alle alici. Da riordinare, sperando che rimanga in carta il saltimbiocca di polpette e patata schiacciata al limone. Fantastiche le animelle impanate, salsa di zucca e verdure saltate. Come dolce una ghiottissima mousse di cioccolato e pane sardo all'olio, sale e rosmarino. È un faccino radioso a tutto tondo. Prezzi sempre in linea con le precedenti esperienze.
Infine una finta osteria, in zona Santa Maria Maggiore: il Nido del Pettirosso (via Palermo, 89 - tel. 388 9070600). Un localino piccolo-piccolo con i tavoli in fòrmica, ma la tovaglietta di tessuto. Intorno i ninnoli di una casa anni Sessanta: la stufa, la lavatrice, i piatti alle pareti. Piace agli stranieri e il menu annovera astice e piatti da materie prime importanti. E qui il prezzo è un pochino superiore agli altri locali. Per i vini, c’è una scelta a bicchiere non vastissima, e una selezione senza sorprese. Peccato. Potrebbero fare di più. Fra i piatti assaggiati l’uovo di quaglia cottura 64°, il calamaro alla piastra con bagna caoda, tapioca. Ichimi-tògaraschi (buono ben fatto); corretti i tonnarelli alla carbonara con guanciale di maiale nero e pecorino; già visti i bottoncini ripieni di acqua di cozze e pecorino, con pomodorini confit e cozze. Eccellente il mezzo galletto marinato alla birra affumicata e peperoncino, corretto il mezzo astice flambè al Cognac, con farro, patate, broccoli e fumet d’astice. Ai dolci una fetta di torta al cioccolato e cabernet con frutti rossi e foglia di menta. Faccino contento+
Abbiamo provato anche il nuovo locale dell’enoteca Bulzoni che vi racconteremo a parte. La ristorazione a Roma è in divenire, con un certo dinamismo, che vi racconteremo sul GattiMassobrio, con tante altre sorprese.