Giorgio e Paola e i loro figli Giulio e Sergio hanno investito sul vitigno piemontese e con il loro lavoro ne stanno dimostrando la grandezza
Il Dolcetto è un grande vino! Questo ho pensato assaggiando le interpretazioni di questo sommo rosso piemontese che propongono gli Abrigo di Diano d’Alba. E di fronte ai loro vini, autentici, ciascuno con una personalità ben definita, figli di una splendida famiglia, che vede papà Giorgio e mamma Paola e i due maschi, il primo, Giulio, di 24 anni, e il secondo, Sergio, di 22, tutti impegnati tra vigne e cantina, (Angelica, la femminuccia, non ancora, ma perché ha 13 anni), l’altro pensiero è stato sulla nobiltà di chi, andando controcorrente, non solo ha avuto il coraggio di non abbandonare quelle terre e quelle vigne che non danno certo fatturati milionari, ma, fiero di un’identità, ha deciso di spendere la vita per dimostrarne la grandezza, ottenendo il risultato di riuscire in questo intento, firmando rossi capolavoro, ma soprattutto avendo la soddisfazione senza eguali di trovarsi al fianco, in questa battaglia, i propri figli.
Splendida la loro storia. Negli anni Sessanta nonno Giovanni acquista i terreni a Diano d’Alba, mentre è in corso l’esodo che sta svuotando le campagne. L’uva è venduta a grandi cantine e si campa allevando bestiame (razza bovina piemontese) e coltivando vari tipi di frutta, a partire dalla famosa nocciola Piemonte Igp. Nel 1987 la svolta, con Giorgio, che, conclusi gli studi da agrotecnico, si dedica al vino, chiudendo la stagione di sfuso e “quantità” e investendo solo sulla qualità. Sono di quell’anno le prime bottiglie. E i primi passi di un cammino che, nel tempo, con l’aiuto della moglie Paola, prima, e poi dei figli Giulio (diplomato alla scuola Enologica Umberto I di Alba) e Sergio (studente all’Università di enologia), vedrà gli Abrigo arrivare a una produzione che ora è di 70.000 bottiglie, tutte nel segno dell’eccellenza.
Prima di parlare dei loro Dolcetto, vero orgoglio della cantina, va detto che oggi gli Abrigo, in seguito al percorso che in questi trent’anni li ha visti crescere passo dopo passo, grazie anche all’acquisto di altri nuovi vigneti, sono anche Langhe Favorita, fresca, fruttata, di bella sapidità, una superba Barbera d’Alba Marminela di sorprendente profondità, Nebbiolo d’Alba e, ultimo ma non certo ultimo, un regale Barolo, da due ettari acquistati a Novello, di storico cru Ravera, che ha struttura elegante, complessità, classe, trama tannica che lascia intuire suggestiva longevità.
I fiori all’occhiello, tuttavia, sono il Dolcetto di Diano d’Alba Docg Sorì dei Crava e il Dolcetto di Diano d’Alba Docg Superiore Gararbei, due gioielli che, quando li assaggerete, oltre a fugare qualsiasi vostro eventuale pregiudizio sul potenziale qualitativo del Dolcetto, vi conquisteranno, svelando, assaggio dopo assaggio, il loro, affascinante, nobile lignaggio. Se il secondo è il cru più prestigioso, di razza, dal carattere aristocratico, il primo, il Dolcetto di Diano d’Alba Docg Sorì dei Crava, sarà vino per cui rischierete di perdere la testa. Perché quando ve lo troverete nel bicchiere, dopo avervi attirato con il suo colore rubino intenso, brillante, vi stregherà prima, con i suoi profumi – di frutti rossi, tra cui spicca la ciliegia, e di mandorla – che, maturazione in contenitori di acciaio per 10 mesi e affinamento in bottiglia di 2 mesi, hanno custodito nella loro integrità, e poi con il suo sorso equilibrato, il suo tannino delicato, le sue note minerali e ammandorlate. Ne berrete, ne riberrete, come accade con i grandi vini, e la bottiglia come d’incanto finirà…Onore agli Abrigo alfieri del Dolcetto di Diano d’Alba!
Azienda Agricola Abrigo Giovanni
Via Santa Croce, 9
Diano d'Alba (Cn)
Tel. 0173 69345 - www.abrigo.it