Accanto alla storica panetteria-pasticceria, Clara Berta e Antonino Presti gestiscono questo locale dove la cucina del territorio è rivisitata con raffinata fantasia

Capitare di domenica in una trattoria di un piccolo paese del Canavese, a un passo dalle montagne, in cui le famiglie festeggiano anniversari o si concedono le tanto desiderate uscite fuori casa del fine settimana e voler fare i giudici severi del locale può sembrare poco appropriato e indicativo, ma forse la domenica può rappresentare davvero per un locale la prova del nove.

La Trattoria Berta a Pertusio (To), questa prova, pur godendo di qualche attenuante del caso, l'ha superata. In pieno centro del paese (via San Firmino, 9 - tel. 0124617206 - www.ristoranteberta.it), a due passi dalla chiesa, la trattoria è attigua alla panetteria-pasticceria storica da cui tutto è nato. Prima era forno a disposizione di tutto il paese, poi panetteria privata già Berta, in seguito abbinata alla tipica osteria di paese e infine trattoria più ricercata e sfiziosa. In cucina Clara Berta, erede della tradizione familiare, e in sala il marito Antonino Presti.

In stile rustico-elegante, la sala interna si presenta come un piccolo e accogliente ambiente famigliare ricco di suppellettili e di bottiglie, sia vuote da esposizione, sia piene da degustare, che rassicurano sul fatto che la ricerca del vino appropriato qui non sarà un problema. La conferma viene poi dalla lista vini, ricca di etichette importanti sia italiane che francesi con un piccolo neo: la scelta dei vini locali non è così ampia come ci saremmo aspettati.

I tavoli, pur nella domenica di folla, erano comunque ben spaziati e una certa riservatezza era ancora salvata. Dopo le due interessanti e piacevoli entratine di mare, abbiamo voluto provare i piatti della tradizione con qualche sconfinamento e così all'uovo poché abbiamo aggiunto la frittura di ostriche, alla zuppa d'orzo il "Pacchero, caviale di melanzane, salsiccia, pecorino al tartufo", piatto succulento, saporoso e saziante. 

Come secondi abbiamo affrontato due piatti che affondano le loro radici nella tradizione locale più schietta: fritto misto alla piemontese e filetto di cervo con lardo di Colonnata e olive taggiasche, in cui la contaminazione con eccellenze liguri e toscane ben completa la succosità del cervo. I dolci, come la crostata della tradizione e la crema di gianduia, sono gradevoli e corretti.

Oltre ai piatti citati, dalla carta ecco tra gli antipasti: foie gras, gamberi rossi, gazpacho di fragole; frittura di ostriche, maionese al germoglio di wasaby e verdurine croccanti. Tra i primi: risotto gorgo, riccio, rossi di Mazara e fava di cioccolato; gnocchi, seirass, calamari e mandorle; zuppa di orzo con fiori di zucca e pancetta fumè una più classica tagliatella con nero di seppia arricchitata da capesante e cozze. Tra i secondi palamita, purea di agrumi e verdure croccanti; pescatrice, latte di cocco, lime; triglia, foie gras, radicchio caramellato assieme a piatti più vicini alla tradizione locale come il filetto di cervo, filetto di cinta senese o lombata di agnello.

La voglia di tentare strade gastronomiche più audaci e complesse si percepisce appena si varca la soglia del ristorante, il desiderio di osare non dimenticando il territorio in cui si vive e si opera è palpabile, la qualità della chef Clara si percepisce nettamente, la maestria del marito Antonino in sala mette a proprio agio. Qualche difetto nell'armonia dei piatti è ancora perfezionabile, la lista dei vini è già di insolita ampiezza e valore e con ragionevoli ricarichi. Si esce con la voglia di ritornare.

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