L’anice è una spezia che arriva dall’Oriente ma è nel bacino Mediterrano dove ha trovato l’habitat ideale. Greci e Romani la ritenevano una pianta medicinale: Ippocrate la consigliava per sciogliere il muco nelle affezioni respiratorie, Celso e Galeno la consigliavano per l’intestino e l’itterizia, per Plinio era utile a curare le indigestioni e attenuava i segni dell’età. Anche in epoca più tarda l’anice ebbe i suoi grandi estimatori come Carlo Magno che la raccomandava ai suoi contadini (la fece coltivare anche nei suoi terreni ad Aquisgrana) e nei Capitolari trattò la commercializzazione con l’Oriente dell’olio essenziale chiamato anche quintessenza.
Nelle Marche l’anice è molto diffuso e commercializzato con risultati positivi fin dal Settecento. Castignano un secolo dopo era uno dei produttori principali: il suo anice era conteso dalle aziende trasformatrici per l’alta resa in essenza (4,6%) e per l’eccezionale concentrazione di anetolo (94%). Noi l’abbiamo conosciuta attraverso l’Anisetta Rosati (ecco il link al pezzo /produttori/anisetta-rosati) che è solo una delle filiere di questo straordinario prodotto che contempla anche l’Anisetta Meletti (che un tempo assorbiva quasi completamente la produzione), Pimpinella (Birra all’anice verde), e Mistrà (Terra dei Calanchi).
Ma con i suoi semi si realizzano anche piccole specialità di pasticceria come i confettini oppure sono straordinari per aromatizzare i cantucci. Per tutelarlo è nata un’associazione di produttori Anice Verde di Castignano (presidente Sergio Corradetti tel. 348 9827964) che ha registrato un marchio collettivo e soprattutto ne ha promosso la conservazione attraverso un gruppo di agricoltori custodi, che si occupano di mantenere inalterato l’ecotipo locale.