Ardelio, Bruno e le altre storie della Green Heart Distillery

Sette soci a Manciano di Trevi hanno dato vita a una distilleria che racconta il territorio umbro

24.11.2023

Non volevamo fare un prodotto, ma creare una distilleria”. La “rivoluzione” della Green Heart Distillery è racchiusa anche in questa frase. Tutto quello che è venuto dopo, tutte le parole di questo articolo, ne sono una naturale conseguenza. Questa storia ha un inizio, sette soci, tre prodotti (per ora). E un luogo bellissimo, a Manciano di Trevi, nel cuore dell'italia, in quell'Umbria verde che ha il colore inconfondibile dell'olio extravergine e il profumo intenso di un tartufo smosso nella terra. 

Per cominciare a raccontarla, questa storia, meglio versarsi un goccio di Ardelio, l'amaro che prende il nome da Ardelio Ciarletti, il papà di uno dei sette soci, custode dei segreti delle botaniche che crescono spontanee nei prati e nei boschi della zona. Dal bicchiere salgono note balsamiche, di eucalipto più che di menta, ma anche di elicriso e finocchietto. In bocca, la corrispondenza è netta, corroborata da una freschissima sensazione di timo schiacciato tra le dita. Il finale è amaro – rabarbaro, angelica, assenzio – ma non troppo. Così come la spinta alcolica, che la chimica certifica in 30 gradi, ma che il palato arrotonderebbe verso il basso. 
Un amaro ad ampio spettro, complesso ma con una vena piaciona, da bere liscio ma che ci permette di miscelarlo” racconta Jonhatan, che con i suoi 27 anni è il più giovane della banda.

Con lui, scrivevamo, altri sei soci, eterogenei per età e business, ma accumunati da realtà legate al territorio e al mondo dell'enogastronomia. “Collaboravamo già prima del Covid, e l'idea della distilleria ci ha salvato in quel terribile periodo. Il passaggio più difficile è stato trovare il posto adatto. Ma quando un amico ci ha proposto lo spazio a Manciano di Trevi, abbiamo capito che era il posto che incarnava al 100% la nostra idea: un luogo immerso in una valle contornata da montagne, dove crescono moltissime erbe, comprese il ginepro spontaneo”.
Dalla scintilla, alla realizzazione, c'è voluto un po' di tempo. “Abbiamo cominciato a parlarne nel 2019, ci abbiamo lavorato tutto il 2020, abbiamo costituito la società nel marzo 2021. Eravamo partiti per fare le cose più in piccolo, ma ci siamo fatti trascinare dall'entusiasmo. Solo per la realizzazione dell'alambicco, fatto a mano dall'azienda Frilli su nostro disegno, ci sono voluti 8 mesi. Ma ne è valsa la pena: è bellissimo, e con un secondo vaso di estrazione che ci permette di imprimere aromaticità differenti al prodotto”. Il 20 gennaio 2022 è invece la data della prima bottiglia prodotta, l'amaro Ardelio appunto. 
Il secondo prodotto racconta un'altra storia. Quella di Bruno, il loro più longevo cercatore di tartufi. È un liquore millesimato – perché segue la stagionalità del tartufo (il Nero di Norcia, ovviamente) – che sta per giungere alla terza release. Un prodotto frutto di una complessa lavorazione “In Bruno ci sono quattro parti: la prima è un'infusione, la seconda distillata per estrarre l'anima del tartufo, c'è poi una parte vinosa e una parte dolce data dal miele d'acacia”. In pratica, partono da un'infusione composta da rabarbaro, cacao amaro, frutta essiccata come fichi, uvetta, albicocca e nocciole. A questa infusione aggiungono il distillato di tartufo, un 12%-13% di vino locale e una soluzione di acqua e miele d'acacia. “Il mercato si è diviso: c'è chi lo ama alla follia, chi non percepisce a sufficienza il tartufo”. In effetti, la sensazione è straniante: il tartufo si percepisce più al naso (assieme alle note calde del cacao), mentre in bocca arriva prima la dolcezza della frutta secca (nocciola su tutte) e del miele di acacia. Solo sul finale ritorna il Nero di Norcia, senza diventare davvero protagonista.
L'ultimo arrivato è un Gin che parla umbro. “Ci siamo trovati tra le mani una storia assurda. Quella di Franco Scarponi, uno tra i primi a coltivare ginepro in Umbria, negli anni '50. Uno che vendeva tutto il raccolto a una cooperativa toscana, fino a quando c'è stata una crisi. Allora è volato a Londra, ha bussato a Gordon's e, senza spiaccicare una parola in inglese, è riuscito a chiudere un accordo per fornire direttamente il ginepro alla distilleria senza passare dall'intermediario. Questo ha dato il via a una vera e propria rivoluzione economica del borgo, che ha sostentato tutta la zona per 25-30 anni. Ci siamo sentiti in dovere di riprendere questa storia”. Ecco dunque un Umbria Dry Gin dai 45 gradi alcolici, le cui botaniche sono 100% umbre e ritrovabili in un raggio di 3 km dalla distilleria. Il risultato è un gin privo delle note spigolose e aggressive di un classico London Dry, ammorbidito nel carattere dalle erbe.

Il prossimo prodotto? Qui La storia assume un ritmo circolare. “Perché il primo prodotto su cui abbiamo lavorato, ancora in embrione alla ricerca della formula perfetta, è un gin al tartufo. Sono due anni  che lo stiamo studiando, prima poi uscirà”. E noi saremo curiosi di assaggiarlo, per continuare a goderci le storie di questa distilleria che ci ha davvero colpito. 

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