Dopo gli assaggi d’antan, che tanto ci hanno stupito nei mesi di marzo e aprile, in pieno lockdown, ora siamo agli assaggi di ritorno, ovvero ai campioni attualmente in commercio di certe cantine di cui magari avevamo perso i contatti. Oppure, gli assaggi di quelle cantine che si affacciano al nostro orizzonte, sottoposte al pre-assaggio, nel lungo percorso della proclamazione dei Top Hundred. La nostra commissione d’assaggio tornerà nel suo ruolo già domenica prossima, e sia il sottoscritto sia Marco Gatti avremo tantissimi candidati che dovranno raggiungere la soglia dell’unanimità, per quanto concerne l’eccellenza. Ma veniamo agli assaggi di questo week end.
Bardolino GIOVANNA TANTINI - Castelnuovo del Garda (Vr)
È una donna tenace Giovanna Tantini. La seguiamo da oltre 15 anni, ossia da quando rimanemmo colpiti dal suo
Chiaretto del Garda che divenne un Top Hundred nel 2006 e io ne scrissi sulla
Stampa. Poi anno dopo anno ci ha sempre incuriosito assaggiare il suo poker d’assi, che comprende Custoza, Bardolino e un convincente Garda Corvina che lei ha battezzato, a ragion veduta, Ma.Gi.Co.
Iniziamo dal
Custoza 2019 che ha classico colore paglierino lucente come i capelli biondi di Giovanna. È intrigante il naso dove avverti note delicate di gelsomino e un ché di frutti di bosco piuttosto aciduli. In bocca è avvolgente l’ingresso, quasi dolce, ma in verità termina secco, fresco, con una spada di acidità che mantiene la persistenza.
Il
Bardolino Chiaretto a me ricorda i colori del lago, con un rosa tenue, quasi un pastello leggero. No qui non c’è la buccia di cipolla, qui è proprio la rosa di color rosa. Al naso l’effluvio ti entra diretto e franco nelle narici, con un incedere fine. E qui la fragolina di bosco emerge in maniera esemplare per poi esplodere nella freschezza dell’amarena. In bocca è pazzesca la sua trama filigranosa, fine, che si evinceva al naso: lascia il palato pulito, fresco, con un punta di sapidità. Non so se Giovanna concorderà con me, ma questo Chiaretto non va bevuto troppo freddo, pena non cogliere questi elementi di piacevolezza per un vino esemplare e sempre piacevole.
Ed ora la sorpresa, perché tale è stata per me il
Garda Corvina in purezza 2018. Un vino colore rubino che brilla, ma già con riflessi che virano all’aranciato. Al naso è vinoso e profondo, con note di cuoio e spezie. All’assaggio lo senti vellutato, elegante, ma poi fresco con un finale allappante. In cuor mio ho ringraziato Giovanna, perché di fatto mi ha fatto scoprire l’anima dell’Amarone, che è fatta di questa freschezza e di questa profondità. Vi dirò poi che per i miei gusti questo è il mio vino: capace di eleganza e di carattere. Un po’ come Giovanna.
Veniamo ora al
Bardolino che ho assaggiato in due annate:
2018 e 2017. Il primo ha una franchezza fruttata con un ché di caramellato, ma anche note verdi caratteristiche. In bocca ti lascia una traccia di fumé e termina con una nota di frutta secca: un amaricante gradevole. Il 2017 ha un frutto più spedito, più franco, più pieno. Anche il sorso nota una maggiore concentrazione e una risposta presente dei tannini.
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Lugana San Giacomo 2019 di MALAVASI DANIELE - Pozzolengo (Bs)
Siamo sempre in zona, sulle sponde del lago, dove i vini bianchi sono anche il Lugana. Daniele Malavasi ce ne propone due versioni, sempre dell’annata 2019. Il
Lugana “Camilla” ha colore paglierino e una freschezza immediata, ovvero un’acidità spiccata che esalta le note floreali. Il
Lugana “San Giacomo” mi è sembrato più compiuto con note fragranti di caramella. In bocca ha un ché di pregnante con tratti che sembrano quasi dolci nella propria avvolgenza.
Il
Rosa del Lago 2019 ha note di caramellate e una beva piacevole.
Dopodiché, eccoci al motivo per cui abbiamo conosciuto questa cantina, che è la vinificazione del
Rosso Mulinero, da uve petit verdot, voluto dallo chef Lorenzo Bernardini dell’agriturismo Muliner di Pozzolengo. Al mio tavolo i campioni del 2016 e del 2015. Il colore è in generale porpora trasparente, con un concentrazione di un filo più compatta nel 2015. Ciò che diverge radicalmente è il naso: nel 2016 è la frutta matura che emerge, con note ammandorlate, mentre nel 2015 sono le note balsamiche a prendersi la scena declinando verso l’erbaceo e le ortiche. E se nel 2016 il sorso ampio e rotondo ricorda note di confettura con un finale tannico, il 2015 si presenta più speziato, sempre ricco.
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Veneto Dorona 2017 di VENISSA - Venezia Mazzorbo
Eravamo stati nel piccolo paradiso della famiglia Bisol, a Mazzorbo, dove il giardino coincide coi vigneti di dorona, l’uva dei dogi, che è diventata protagonista di una bottiglia preziosa, appena uscita, con un’etichetta artistica. Il vino ha un colore oro antico con riflessi grigi che ricordano certi pinot. Al naso senti subito tratti dolci di crema pasticciera e chantilly. È molto particolare e lo avverti subito. Ma più lo guardi più la brillantezza di quel colore ti porta a Murano, alle solennità artistiche dell’isola. In bocca si esprime tutta la sua particolarità con una coerenza perfetta col naso: lo senti secco, rotondo, ricco di quell’acidità contenuta, educata, non sfacciata, che alla fine ti lascia al palato una prevalenza minerale pulita e franca. Un vino decisamente interessante.
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Sudtiroler di RITTERHOF - Caldaro (Bz)
Che bella carrellata quella che ci ha offerto Ritterhof, con 12 vini della doc Sutiroler (sei bianchi e sei rossi), dove la cosa divertente è stata scoprire, insieme anche ad altri che hanno degustato con me, che le sorprese apicali stavano in vini insospettabili. Ma andiamo con ordine.
Muller Thurgau 2019: paglierino classico; al naso note croccanti di frutta secca poi un ventaglio aromatico che sa di glicine. In bocca è un concerto aromatico-secco che chiude con un’acidità pregnante. Un vino esemplare, che dà un bell’avvio agli assaggi.
Il
Gewurtztraminer 2019 ha un deciso colore oro, al naso note di rosa e frutto della passione. In bocca ha soprattutto un’avvolgenza aromatica ampia, mentre in bocca è fresco e con un finale amaro. Tuttavia ci ha colpito l’equilibrio di questo vino, che non ha sbalzi intensi, sia di aromi, sia di finale amaro tipico degli aromatici.
Notevole sarà invece il
Goldmuscateller (moscato giallo) un vino dal colore paglierino con fiori di arancio al naso e note di mandorla e armellina. Molto elegante, molto piacevole, rotondo, con un finale leggermente amaro e vellutato. Un’interpretazione davvero notevole, dove riassaggiandolo senti il pomodoro e la sua buccia, l’alloro. E questo è stato, nei bianchi, il vino sorpresa.
Il
Sauvignon 2018 ha un colore giallo brillante con note felici di aromi balsamici. E poi ancora frutti esotici, in un sorso secco, fresco e rotondo. E qui mi ha colpito il fatto che era un Sauvignon per nulla ruffiano, ma decisamente espressivo del territorio.
Davvero interessante il
Pinot Grigio 2018. Ha un colore piuttosto concentrato e tipico, tant’è che emergono le pere speziate con una bella stoffa in bocca. Ha poi una trama fine e vellutata, a rappresentare un esemplare davvero ottimo di pinot grigio.
Ultimo bianco è il
Bianco Lenz 2019: un uvaggio di chardonnay, muller thurgau, moscato bianco, che ha colore giallo paglierino; al naso note fruttate sottili, fresche, eleganti, con un finale un po’ dolce.
Del medesimo produttore eccoci alla sequenza dei
sei vini rossi.
Si inizia con il
Lagrein 2019 che mostra subito note piuttosto fresche e balsamiche con profondità che ricorda l’inchiostro. Avvolgente in bocca, il cuoio diventa pungente con l’acidità, il finale è amarognolo. Un tipico, generoso Lagrein.
Del 2018 è poi la Schiava, o meglio il
Kalterersee classico superiore “Novis”. Al naso ha note piacevolmente verdi, più floreali che fruttate; ma poi senti una finissima grafite, ed anche pepe. In bocca è rotondo, di perfetto equilibrio.
L’uvaggio, di tre specie (schiava, lagrein e merlot) è il
Perlhofer 2018, che ha un colore rubino trasparente; al naso un frutto piacevolissimo, ma in particolare piccoli frutti. In bocca senti la piacevolezza di una confettura equilibrata, che non diventa stucchevole grazie alla sua acidità. Finale amarognolo e minerale.
Il Lagrein della cantina è tuttavia il
“Latus” 2017 che ha una certa solennità già nel colore rubino profondo e quasi impenetrabile. Bellissimo naso, fra il verde ed il ribes sotto spirito, ma poi senti anche le carrube e più avanti una potente nota di confettura di frutta rossa. C’è poi una parte balsamica che viene fuori in maniera generosa. Grandissimo naso questo Lagrein! In bocca questo si è croccante, grazie ai suoi tannini, ma anche all’acidità che lascia alla fine il sorso asciutto, offrendo un assaggio decisamente particolare. Che buono!
Eccoci quindi all’immancabile
Blauburgunder 2016, il
pinot nero “Dignus” della maison. Ed è un pinot nero didattico, fin dal colore rubino trasparente e brillante. Spicca subito un’acidità citrina e poi la piacevolezza dei piccoli frutti, del pepe. In bocca ti accoglie un sorso fine, ma nello stesso tempo con una nota fumé, che può dipendere dalla tostatura del legno. Lo senti pregnante, carico, vivo, con una tannicità spiccata.
Ed eccoci infine al vino sorpresa, perché dopo una carrellata di tipicità, uno non pensa che l’asso nella manica possa essere un Merlot. E invece il
Merlot “Mollis” 2015 vince il banco. Ha colore rubino brillante, al naso un profumo integro di prugna, una confettura fresca e invitante. Lo riporti al naso e ne avverti una profondità quasi inebriante, mentre la prugna si spezia. In bocca lo senti morbido, ma non morbidoso, elegantissimo e lineare nel suo equilibrio, che termina con la fragranza dei tannini e un palato pulito, fresco, fragrante.
Come avrete capito, ci sono piaciuti i vini di questa azienda, con il plauso al Lagrein, al Pinot Grigio e al Muller Thurgau; tuttavia in vetta ci tocca portare il Moscato Giallo per i bianchi e questo Merlot elegantissimo per i rossi.
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Nebbiolo d’Alba 2918 di CASCINA LA CASTELLA - Roddino (Cn)
E ora andiamo in Piemonte, una piccola fuga nella nostra terra. Ed eccoci a Roddino alla Cascina Castella di Silvio Cassino. Il
Dolcetto d’Alba 2019 ha un iniziale profumo di fiori che poi diventano ciliegie mature. In bocca sarà un sorso madido di prugna con note minerali. Bel Dolcetto tipico. Ma ciò che colpisce di più è il
Nebbiolo d’Alba 2018 che si presenta di colore rubino trasparente; poi note di viola imperiosa, quasi a volerti ricordare che abbiamo a che fare con la madre del Barolo. Molto intenso e pungente. In bocca piace la sua ricchezza di tannini, la sua freschezza complessiva, per un vino con gli attributi di queste terre.
Colli di Luni Vermentino 2019 di LUNAE BOSONI - Castelnuovo Magra (Sp)
Dal Piemonte andiamo in Liguria, a stupirci per l’ennesima volta dei vini di Paolo Bosoni dell’azienda Lunae. È stato il suo presente per Pasqua, ma questa volta l’ho voluto tramutare in una degustazione, per così dire, professionale (senza interferenze di cibo per capirci).
E dico subito che l’
Albarola 2019 mi ha immediatamente colpito: un vino autentico caro Paolo, che non so quanto tu ami, ma a me ha dato una grande piacevolezza aromatica. Senti i fiori di ginestra, lo ruoti in bocca perché è rotondo, avverti la spada minerale e poi la freschezza che termina con un sorso allappante in bocca.
Il
Vermentino Etichetta nera 2019 è un classico dove al naso senti albicocca e pesche di vigna accanto a ortiche e note verdi come essere in uno di quei piccoli orti liguri del Levante. In bocca è coerente con la freschezza del naso, termina secco senza lasciare mai la sua nota aromatica che ad un tratto ti fa dire:
“Sembrava un sauvignon”.
Pazzesco sarà invece il
Vermentino “Numero chiuso” 2016, così chiamato perché messo in bottiglia in edizione limitata: solo 2.600 bottiglie. E qui ti chiedi, davanti al colore oro, cosa abbia voluto dirci Paolo Bosoni. Io un’idea ce l’ho: il suo
Colli di Luni Vermentino può rappresentare tranquillamente i grandi vini del mondo, sauvignon e chardonnay che siano. Questo ha infatti note di banana e poi di fiori recisi. È molto intenso al naso; in bocca è un velluto filigranoso, dove senti la carezza minerale, un corpo ben pronunciato, ma su tutto la freschezza che è leit motiv fino alla fine, dove senti una chiusura felice, fresca. Monumento!
Se poi si è abituati a giudicare questa cantina dai bianchi, fermatevi un attimo ad assaggiare il
Niccolò V Colline di Luni Rosso 2013 che è un taglio di sangiovese, merlot e di gloriosa pollera nera. Ha colore rubino impenetrabile, al naso generose note di uva spina, e frutta sotto spirito. Senti la pelle del salame, nelle sue espressioni animali, ma poi la pietra, la grafite. In bocca capisci subito che è un rosso grandissimo dove Paolo ha infuso la sua idea di equilibrio che unisce freschezza a sostanza. Ma qui c’è anche complessità, come nei grandi vini del mondo con una trama di tannini che sono seta e più lo assaggi e lo ascolti più senti che emergono i descrittori dei grandi vini: caffè, cioccolato, spezie nobili. Grande Paolo. Immenso!
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Forlì Ronco del Re 2010 di CASTELLUCCIO - Modigliana (Fc)
Siamo partiti con il titolo “Gli assaggi di ritorno” e per me il ritorno è stato assaggiare i vini contemporanei dell’Azienda Castelluccio di Modigliana. Un’azienda che ha fatto scuola nel mondo del vino, creando dei miti. Ora, nei nostri assaggi d’antan c’eravamo imbattuti in un glorioso Ronco del Re del 1999 (degustazione del 30 marzo
Link), ancora integro. E così per il Ronco delle Ginestre 1999 (degustazione del 14 aprile
Link). Da qui è cresciuta la curiosità per vedere come sono i vini adesso.
Ebbene il
Ronco del Re 2010 era lui, senza se e senza ma. Un Sauvignon color giallo oro brillante, che al naso sembra un limone spremuto al momento, che poi diventa candito. Lo senti caldo, pieno, equilibrato, balsamico, scalare nella sua espressività che sembra volerti farti mangiare un frutto della passione. Il finale è sapido, con quell’acidità vibrante che alla fine diventa amarognolo. Uno dei grandi bianchi dell’anno. Che piacere averlo ritrovato.
Non altrettanto possiamo dire del
Lunaria 2019 che è un'altra interpretazione di Sauvignon che sembra aver poco a che fare col Ronco del Re.
Veniamo ora ai rossi. Si parte con il
Sangiovese superiore Le More 2019 che al naso sembra un giardino di primavera, con le sue note floreali. Invitante e piacevolmente elegante, ha una bella bevuta carica di freschezza.
Il
Ronco dei Ciliegi 2015 è un cru di sangiovese che sta a 350 metri e le vigne sono vecchie, producendo grappoli spargoli. Al naso senti la frutta generosa e iodata, ma anche descrittori speziati profondi, più di pietra che di sottobosco. Se agiti il bicchiere, la prugna sotto spirito si evidenzia generosa e bellissima con una nota di pasticceria. In bocca sembra dirti “sono ancora giovane”, anche se i tratti della finezza del sangiovese ci sono tutti. Bellissimo sorso, con nota finale di eucalipto.
Il
Ronco delle Ginestre 2013 è invece il primo sangiovese dell’azienda, firmato da Vittorio Fiore. Ha colore rubino trasparente, al naso una maturità complessiva più chiara: lo senti sangiovese, in tutta la sua magnifica espressione, con i descrittori del precedente, compresa quella nota di pasticceria, mista a erbe officinali. C’è una punta di sambuco al naso e la ginestra non è solo nel nome, ma ti inebria. In bocca senti rincorrere le note verdi con quelle del cioccolato. Molto equilibrato, speziato; è talmente presente l'elemento balsamico che in bocca ti scoppia un accenno di incenso. Grandissimo vino!
Del 2013 è poi anche il
Forlì Rosso Massicone, che è un cabernet sauvignon che si è apparentato col sangiovese delle ginestre. Ha colore porpora con riflessi aranciati: al naso dominano le spezie, l’amaranto, poi una frutta sotto spirito polputa e accennata. Senti sempre i fiori di ginestra e un sottofondo medicinale. In bocca è una mandorla con un ingresso morbido avvolgente e poi una trama elegante di tannini.
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Romagna Sangiovese di BALÌA ZOLA - Modigliana (Fc)
Della medesima proprietà sono poi i vini dell’Azienda Balìa di Zola, sempre di Modigliana. Ho assaggiato l’
Albana secco 2019 che aveva note di uva spina e un ché di caramello e poi tre rossi. Il
Romagna Sangiovese Superiore “Balitore” 2018 che si mostra molto tipico fruttato e scalpitante. Anche qui ti colpisce l’incenso, per un sorso fresco e di bell’equilibrio. Nel
Modigliana Riserva “Redinoce” 2016, sempre un Sangiovese, senti davvero il mallo di noce; poi la sua sequenza croccante col finale dei tannini ben levigati. Ti lascia il palato asciutto, ed è piacevolmente tipico.
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Trentodoc Giulio Ferrari riserva del Fondatore di FERRARI - Trento
E infine, su invito di Matteo e Camilla Lunelli, ecco l’anteprima del 2008 del loro vino di punta, ovvero la
Cuvée Riserva del Fondatore, il
Giulio Ferrari del 2008, sboccatura 2019. La bottiglia ci è arrivata a sorpresa, con la richiesta di aprirla a distanza in collegamento instagram il 2 di giugno, festa della Repubblica, come segno di stima per l’Italia, con un bicchiere che in svariate occasione ha rappresentato l’eccellenza del nostro paese. L’ho aperta per brindare con i Delegati dei Club di Papillon di tutta Italia, collegati su zoom per una Convention a distanza. Ed eccolo col suo colore giallo oro intenso e la ricchezza intensa delle bollicine. Al naso avverti crosta di pane e poi un bouquet complesso di pompelmo, cedro, ananas. In bocca è pieno, minerale, allappante con un corpo dentro che si mostra in un sorso cremoso che termina con quella freschezza pregnante molto intensa e una chiusura sapida solenne.
Auguri e Cin Cin.
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Qui di seguito i link per leggere gli articoli delle degustazioni dal 15 marzo ai primi di giugno
degustazione del 15/3 (link)
degustazione del 30/3 (link)
degustazione del 6/4 (link)
degustazione del 14/4 (link)
degustazione del 20/4 (link)
degustazione del 28/4 (link)
degustazione del 4/5 (link)
degustazione del 11/5 (link)
degustazione del 18/5 (link)
degustazione del 20/5 (link)
degustazione del 23/5 (link)
degustazione del 25/5 (link)
degustazione del 27/5 (link)