L’astigiano Federico Martinotti fu senza dubbio una delle persone più importanti nella storia del vino. Nel mondo. A lui si deve l’ideazione del metodo per la produzione di spumante in autoclave, nel 1895, alla base della maggior parte degli spumanti sulle tavole di questi giorni festivi.
L’Asti spumante, il più celebre spumante dolce nel mondo, grazie a lui e un altro grande piemontese, Carlo Gancia, acquisì le innovazioni tecniche che lo resero, a fine Ottocento, protagonista di una rivoluzione enologica. Oggi l’Asti è un vino che deve fare i conti con la crisi a livello mondiale (25 milioni di bottiglie in meno in cinque anni). Detto questo, per tentare di uscire dall’impasse, ha pensato di affiancare l’offerta tradizionale con una versione secca. Questa deve ancora essere inserita nel disciplinare e il cammino sarà ancora lungo (e irto di complicazioni ).
Ma com’è questo nuovo “Asti secco”? Lo abbiamo assaggiato in occasione della presentazione del (bel) numero natalizio della rivista Barolo&Co, dedicato proprio agli aromatici. Ed è stata una sorpresa, per molti versi. il campione offerto dalla storica azienda Toso di Cossano Belbo (Cn) è di colore paglierino scarico, ha un perlage abbastanza persistente; al naso ci sono gli aspetti più interessanti: il profumo è mediamente intenso, senza le note esageratamente dolci di molti moscato secchi. Ha un bel profilo floreale, con note agrumate e di erbe aromatiche. Mantiene la finezza propria di questo vitigno, la sua riconoscibilità. E in questo c’è la sua forza. In bocca ha la giusta acidità, è secco e con una percentuale di alcol svolto decisamente maggiore rispetto alla versione dolce (circa 11°). C’è il tentativo di dargli corpo, che al momento è il punto debole di questo vino. Ma le premesse ci sono tutte. E’ un vino moderno, leggero, ideale per gli aperitivi. Si inserisce nell’esigenza di un mercato che chiede prodotti di consumo più immediato, con una finezza che però pochi possono vantare. Le premesse sono buone, ma bisogna aspettare i prossimi mesi per sapere se burocrazie (ed equilibri tra consorzi) permetteranno l'arrivo dell’Asti secco sul mercato. Oppure se il suo assaggio resterà un unicum da consegnare agli annali.