È stato un grande Vinitaly. Per i numeri, visto che 4.600 sono state le aziende espositrici (130 in più dello scorso anno e da 35 nazioni su 100mila metri quadrati netti espositivi). E 125mila le presenze (da 145 nazioni). Ma soprattutto per la qualità di chi c’era, considerato che il numero dei buyer esteri accreditati quest’anno ha registrato ancora un aumento del 3% per un totale di 33mila presenze. E se obbiettivo era far sì che i winelovers vivessero la città (e così è stato con il successo di Vinitaly and the city, che ha raggiunto le ottantamila presenze) e gli operatori in fiera, il risultato si può davvero considerare centrato, con piena soddisfazione dei produttori, i veri protagonisti di questo evento, a buon diritto considerato l’appuntamento internazionale più importante del mondo del vino.
«È stato il Vinitaly più grande di sempre, ma siamo già al lavoro per migliorare ancora – il commento di Maurizio Danese, presidente di Veronafiere –. Continua la focalizzazione sulla selezione di visitatori verso una presenza sempre più professionale e internazionale. A riprova, sono aumentate di 20mila, per un totale di 80 mila, le presenze di wine lover al fuori salone di Vinitaly and the City. Registriamo molta soddisfazione da parte degli espositori e questo significa che la svolta intrapresa nel 2016 è la direzione da seguire. Dopo quella in Brasile, abbiamo lanciato la nuova piattaforma di promozione Wine To Asia attiva dal 2020 in Cina, a Shenzhen».
A sottolineare il lavoro di Vinitaly per portare il vino italiano in tutto il mondo, anche Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, che ha ricordato «l’ulteriore incremento del 3% dei top buyer presenti tra i padiglioni, frutto delle ulteriori risorse investite sull’attività di incoming, con la selezione e gli inviti da 50 paesi target e la collaborazione con Agenzia ICE». Con la top five delle provenienze degli operatori che ha visto primeggiare Stati Uniti (+2% sul 2018), Germania (+4%), Regno Unito (+9%), Cina (+3%) e Canada (+18%). Molte bene anche il Giappone (+11%), un risultato che, sommato agli altri registrati dal Far East, conferma la lungimiranza nell’aver voluto creare, da parte di Veronafiere, un nuovo strumento di promozione permanente dedicato all’Asia.
Ai successi raggiunti dall’ente fieristico veronese, capace di fare di Vinitaly un evento che è orgoglio italiano, brindiamo con un vino che ha accompagnato una sosta in quel ristorante Canonica (vicolo San Matteo 3 - tel 0454732625) che, ancora da scoprire da critica e guide, ormai in cronico ritardo, per il GattiMassobrio è già da tempo vera eccellenza della città di Verona.
È il Trebbiano Vino Bianco Veronese di Balestri Valda di Soave, cantina che Guido Rizzotto, con la moglie Milena e la figlia Laura, gestisce dopo aver detto no alla chimica, coltivando i vigneti e gli uliveti di proprietà secondo i principi della viticoltura biologica, avendo intrapreso anche l’apicoltura, con le api che testimoniano che la tutela della biodiversità è possibile. Questo vino, che in retroetichetta anticipa come nasce, con la scritta “l’anfora di terracotta incontra l’acciaio”, essendo vinificato in acciaio e anfore di terracotta, appunto, nel bicchiere ha colore giallo paglierino carico, profumi elegantissimi floreali, di ginestra, e fruttati, di agrumi, e in particolare di limone e mandarino, fini sentori di erbe aromatiche, mentre al palato è fresco e sapido, con finale di sorprendente equilibrio.