A Torino una bimba di 6 anni ha scritto una lettera. “Poliziotti e carabinieri arrestate il coronavirus che vorrei ritornare a giocare con i miei amici” tutta in maiuscolo, con la calligrafia irregolare della prima elementari. Chi ha figli a casa sa bene le loro difficoltà, in questo tempo sospeso e surreale. Gli abbiamo spiegato che là fuori c'è un mostriciattolo invisibile, che ci costringe a casa. Ma le settimane passano, e ne dovranno passare ancora.
Le loro domande, le richieste, si fanno più pressanti. “Quando potremo tornare a giocare con i nostri amici?”. L'interrogativo della bimba di Torino è quello di tutti. Abbiamo chiesto a Rita Sciorato, psicologa e psicoterapeuta e direttore didattico della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica di Genova, come supportare i nostri figli.
I giorni in casa aumentano. Come possiamo raccontare questa reclusione forzata ai nostri figli?
Ovviamente vanno definite delle fasce di età, con le quali non è possibile utilizzare le stesse modalità. Possiamo tracciarne almeno quattro: l'età prescolare, l'età delle elementari, l'età della pubertà e della preadolescenza e quella dell'adolescenza. Comprensione e consapevolezza cambiano, e noi adulti dobbiamo adeguarci.
Partiamo dai bambini delle elementari.
Il principio che deve guidare noi adulti è quello di improntare il dialogo nel segno della verità. Dobbiamo essere sinceri nello spiegare il disorientamento del momento, che non sappiamo quanto durerà, che non possiamo dare certezze, se non una: che tutto questo finirà. E rispondere alle loro legittime domande: “perché non posso uscire?”, “perché non posso andare dalla nonna?” “perché non posso incontrare i miei amici?”. Per fare questo, dobbiamo dire delle cose sul piano della realtà, esprimendole però sotto la forma del gioco. Non dobbiamo infatti suscitare sentimenti di impotenza e angoscia. E non possiamo castrare né la loro naturale tendenza all'onnipotenza, né la loro credenza che i genitori possano tutto.
Come fare?
I racconti e i giochi ci vengono in soccorso. Attraverso il gioco cerchiamo di mantenere l'equilibrio tra la realtà e la realtà psichica dei bambini, nella quale hanno bisogno di potersi sentire vincitori. Ad esempio costruendo un racconto insieme, nel quale l'adulto comincia con un “non si può uscire, vai avanti tu...” e il bambino comincia a fantasticare e a trovare le sue soluzioni. Una storia da costruire insieme per rafforzare le sicurezze, un po' come ne La vita è bella, dove il gioco inventato da Benigni è l'espediente per aiutare il bambino ad affrontare l'angoscia dell'ignoto e della morte.
Quali letture ci consiglia?
Le favole di Rodari sono sempre un ottimo spunto. Sono spesso permeate da un lato surreale che, oltre a divertire, può aiutare i nostri figli a vivere questo stranissimo periodo. E ai grandi possono essere di esempio per inventare favole adeguate ai nostri giorni.
Può capitare di dover raccontare la malattia di un nostro caro. Come comportarci?
I bambini captano tutto, fin dai primi anni di vita. Capiscono se un genitore si intristisce all'improvviso, percepiscono difficoltà e angosce. Nascondere la realtà non serve, anzi, è peggio, perché gli si lascia lo spazio per fantasticare chissà cosa, nel loro inconscio si aprono voragini e magari finiscono col sentirsi responsabili di qualcosa che non sanno. Serve il giusto tatto, serve la protezione del nostro amore.
Abbiamo parlato finora dei nostri figli. E gli adulti? Anche noi ci sentiamo sospesi.
Se siete in difficoltà non fatevi problemi e cercate aiuto. Molti psicologi sono a disposizione anche gratuita al telefono o via skype. Fate letture che stimolino la vostra creatività. E godetevi i vostri figli: perché saranno loro a impedirvi di cadere nell'angoscia. Sono loro i vostri migliori psicologi.