La Colombia è divenuta il simbolo dell’innovazione economica dell’America Latina. È riuscita a guadagnarsi il primo posto, tra gli Stati del continente Sud-americano, nella classifica «doing business» della Banca Mondiale. La capitale colombiana Bogotà è in cerca di partnership commerciali, grazie ad un piano di rilancio economico che ha già fatto triplicare gli investitori internazionali: negli ultimi dieci anni si è passati da 495 a 1.500 aziende che hanno aperto filiali in una delle quattro zone franche della città in cui si è esenti da Iva. Ed è proprio in occasione dell’Expo di Milano che Bogotà mostra la sua qualità e la sua voglia di rilancio. La locomotiva di questo treno di progetti, passa dal turismo enogastronomico. Quindi perché non presentarlo in una città, Milano, che è divenuta la stazione più importante del mondo per gli imprenditori dell’agroalimentare? L’evento in questione è stato promosso dalla Camera de Comercio de Bogotà e dal suo Comune, ed ha come fine la diffusione delle tradizioni culinarie colombiane per la promozione turistica del territorio. La cena si è tenuta all’interno dell’Italian Makers Village di Milano di via Tortona.
Lo chef in trasferta è Carlos Yanguas, uno di quelli che si “sono fatti da soli” con una storia molto umile ma anche piena di avventure. Come sommozzatore esperto, Yanguas ha trapiantato molti ingredienti autoctoni delle isole del Pacifico, mischiandoli sapientemente ai piatti “poveri” della tradizione colombiana dell’entroterra, abbinando quindi storia e innovazione, mare e terra, freschezza e genuinità. E lo dimostra all’apertura del suo menù con “l’aijaco” servito come antipasto – solitamente si tratta di una sostanziosa minestra che fa da pranzo completo – rielaborato, quindi decostruito, per “abituarlo” ai palati più delicati, grazie ad una vellutata di carciofi e spezie locali in cui è “annegato” un tortino di pollo ed almeno tre tipi di patate diverse. Fantastico e decisamente corrispondente, in questa versione al palato italiano. Del resto la cucina colombiana, proprio come la sua posizione geografica, è l’altare di uno strano matrimonio tra il centro-America – che ci ha abituato a sapori forti, piccanti e spesso farinosi – e il mondo caraibico, fatto di frutta esotica e pesce fresco. Ed è sui piatti dello chef Yanguas che Panama incontra la Colombia, in quella lingua di terra bagnata ad est dall’Oceano Atlantico e ad Ovest da quello Pacifico. La manioca, insieme ad altri tuberi, si legano spesso a formaggi e cipolla – poco importa se con indosso una passata di pepi o del buon pesce – coniugando quindi la storia del territorio a quel messaggio sociale che grida al mondo «venite nella nuova Bogotà». Lo dice chiaramente anche il Commissario della Colombia in Italia, presente all’evento, e lo sottolinea ai microfoni il responsabile del programma di investimenti nella città di Bogotà, Gabriele Perez, patron della manifestazione e anello di congiunzione con l’Expo di Milano. Tornando ai piatti, semplici e sempre ordinati, ma davvero complicati per chi non è abituato per esempio al “pomodoro sull’albero” (tomate de arbol) un frutto molto usato nella cucina colombiana che ha ben poco dei nostri pomodori, se non la forma perfetta e il colore, dopo le carimanolas de yuca, abbiamo scoperto le foglie di platano, come contenitore di cottura del pesce fresco servito con un pestato di erbe del luogo. Poi due piatti di carne: un controfiletto di manzo con un purè di “papa amarilla” – l’ennesimo tipo di patate del luogo – e una salsa creola a base di peperoncini verdi, cipolle, pomodori pelati, aglio e prezzemolo, nota nella cucina caraibica come “salsa criolla”. L’altro secondo di carne – stavolta del maiale in due cotture – più consistente, è stato glassato con del pomodoro, cipolla e panna. Per finire una torta fredda servita con meringhe, formaggio e panna.
Abbastanza per venir voglia di tornare in questa cucina colombiana, in grado di parlare il linguaggio europeo del mercato internazionale, senza tuttavia dimenticare il suo dialetto natio, in uno strano paradiso tra due Oceani, nel cuore della foresta amazzonica, tra platani, “pomodori sugli alberi” e strani tuberi rossi simili alle barbabietole. Non solo caffè, non solo natura… la Colombia punta decisamente al “Nuovo Mondo”.