Castello La Leccia, una cantina di cui si sentirà parlare

Mille anni di storia, una nuova proprietà che ha un grande progetto, il Sangiovese che splende nei vini con tutta la sua grandezza 

09.06.2020

Quasi mille anni di storia. Ma un presente che guarda già al futuro. Fonti storiche scritte citano il Castello La Leccia sin dal 1077, documentandone l’acquisto da parte di tal Rodolfo di Guinzo. Verso la metà del 1400, risulta, come gran parte del territorio, sotto il dominio della famiglia Ricasoli. E nel 1529, notizie della sua antica vocazione vitivinicola si hanno da Andrea Ricasoli, che riferendo delle sanguinose guerre tra Siena e Firenze riferisce che «...forse cinquanta sienesi vennero a un mio luogo in Chianti Classico chiamato la Leccia dove... arsono ciò che era in casa...et da dugento barili di vino era nella cantina et nelle botti tutto versarono...»
È del XVIII secolo, invece, la trasformazione del Castello (nel cui borgo all’epoca vivevano circa 70 persone) che gli conferisce un aspetto simile ad una villa. Arrivando al secolo scorso, è del 1920 l’acquisto dell’intera proprietà da Giuliano Daddi. E sono del luglio del 1944, la distruzione di parte della torre, ultima testimonianza medievale, e la devastazione di un’ala della villa settecentesca, a causa dei pesanti bombardamenti che il borgo, allora occupato dalle truppe tedesche, subì.
L’oggi è rappresentato da Rolf Sonderegger, imprenditore svizzero che ha raccolto il testimone dall’ultimo erede della famiglia Daddi, Francesco, che ha deciso di cedere l’azienda, dopo averne realizzato un’importante ristrutturazione.

La Leccia è nel comune di Castellina in Chianti, nel cuore del Chianti Classico, in una posizione che domina la Val d’Elsa, con una proprietà che si estende per centosettanta ettari, dei quali quindici sono vitati e dieci ospitano olivete biologiche (dove si coltivano, secondo la tradizione toscana, piante di Leccino, Moraiolo e Correggiolo), tra boschi di lecci secolari.

Se tra le attività attuali, ruolo di spicco ha l’accoglienza, con l’ospitalità, nelle camere, e la possibilità di fare esperienza di gusto, al ristorante. Cuore del progetto, con cui la nuova proprietà vuole scrivere il futuro, è la volontà, in qualche anno, di far crescere ulteriormente la produzione vitivinicola. Obiettivo di cui dice la scelta sapiente di aver affidato la conduzione della azienda a Guido Orzalesi, manager competente e di esperienza, non a caso, capace di ottenere già i primi, importanti, risultati, sin dai suoi esordi alla direzione, come abbiamo potuto verificare, nella degustazione a cui abbiamo partecipato, nella originale, e interessante, formula ideata dalla cantina con Riccardo Gabriele e Lisa Tommasini, che pur condotta via Zoom, ci ha consentito di degustare i vini, senza rinunciare alla prova dell’abbinamento, visto che con delivery, all’ora prestabilita, ci sono stati consegnati i piatti firmati dall’ottimo Andrea Provenzani del Liberty di Milano (cui peraltro va un plauso particolare, per la qualità di questo suo servizio, per noi, in assoluto, tra i migliori provati).
I vigneti, adagiati in cinque diverse zone intorno al nucleo centrale del Castello ad altitudini che variano dai 300 ai 500 metri s.l.m., con esposizioni a sud e a sud ovest, su terreni argillosi e ricchi di calcare e galestro, e coltivati in biologico, hanno un“principe”. Il sangiovese. È lui l’anima dei vini di questa cantina.
Tre i nostri assaggi. Il Toscana IGT “Vivaio del Cavaliere” 2018, vino dallo spirito gioviale, che attira subito con il suo colore rosso rubino brillante e i suoi profumi netti e intensi di giaggiolo e mammola, le sue note fruttate, il sorso dalla agile beva.
Il Chianti Classico 2017 ha colore rubino, profumi di ciliegia, lampone, ribes, note di alloro e bacca di ginepro, ingresso in bocca vibrante, con un sorso che svela la sua giovinezza e risulta scalpitante, ma con una bevibilità, sorprendente.
Il fiore all’occhiello, il vino che negli anni siamo certi farà parlare, il “Cru”, il Chianti Classico Gran Selezione Bruciagna 2015, dal colore rubino profondo, dal naso elegante con profumi di prugna, more di gelso, mirtillo, note di erbe officinali e fine speziatura, dal gusto pieno, con un sorso che si distende con nobili tannini, sapidità che sostiene e rende invitante la beva, finale lunghissimo.
Segnatevi il nome di questa cantina. Sarà famosa!

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