Quella Fernanda che rende unico il Custoza

Festeggiati i 50 anni del Consorzio con una degustazione spettacolare

07.06.2021

Custoza oggi è una frazione di Sommacampagna, ma anche una terra che ricorda battaglie risorgimentali. Tuttavia noi la ricordiamo per aver dato origine a un vino, che inizialmente era il Bianco di Custoza e che negli anni è divenuto per tutti Custoza, rappresentando una sua originalità che ora vi spieghiamo qual è.

Storicamente si ha menzione del vino in questa area morenica collinare fra il lago di Garda e Verona con uno sguardo non lontano da Mantova (33 chilometri) nell’epoca romana. Ma dal IX secolo e per tutta l’epoca medievale il vino che proviene da Pastrengo e Sommacampagna si fa conoscere come un prodotto di qualità. E nel 1939 uno studio condotto dalla scuola sperimentale di Viticoltura ed Enologia di Conegliano inserisce questa fra le zone migliori della provincia di Verona. Il Consorzio di Tutela nasce nel 1972, ma la doc viene codificata l’anno prima e annovera 9 Comuni (Sommacampagna, Villafranca di Verona, Valeggio sul Mincio, Peschiera del Garda, Castelnuovo Veronese, Sona, Bussolengo, Pastrengo e Lazise).

Il vino deriva dal frutto di tre vitigni principali che sono garganega, trebbianello (biotipo locale del Tocai friulano) e bianca fernanda (clone locale del cortese). Si utilizza anche il trebbiano toscano talvolta e c’è la possibilità di utilizzare un 30% di altre uve a bacca bianca (malvasia, riesling, pinot bianco, chardonnay e incrocio Manzoni). Le tipologie marcano poi differenze sostanziali: Custoza per il vino d’annata; Custoza riserva; Custoza superiore, Custoza spumante e Custoza passito.
Presidente del Consorzio è Roberta Bricolo, titolare della cantina Gorgo, che ha condotto la giornata di sabato 5 giugno, con i giornalisti invitati all’Hotel Veronesi La Torre di Dossobuono di Villafranca per seguire una storica masterclass.
Ospite d’eccezione, il sottosegretario alle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio che si è detto pronto ad aprire un tavolo con i produttori vinicoli della denominazione Custoza, con l'obiettivo di inserire il territorio nel registro italiano dei paesaggi rurali storici e in quello Fao di riferimento internazionale. 
È quindi seguita la masterclass suddivisa in tre momenti: il Custoza 2020 con la corrispondente di Decanter Alessandra Piubello che ha voluto aprire con un brano musicale: “Nuvole bianche” di Ludovico Einaudi. All’assaggio tre vini.
Il Custoza 2020 di Albino Piona di Villafranca di Verona aveva note floreali e di erbe officinali. Al naso senti la mela con una certa finezza e intensità. In bocca è di spiccata eleganza, che s’apre con un’acidità vibrante e poi chiude con una sapidità pronunciata.
Il Custoza dell’azienda Le Tende di Lazise ha un colore paglierino brillante e note più calde, fruttate. È un vino bio prodotto a Lazise, che ha sempre freschezza e sapidità.
Il campione di Corte Gardoni di Valeggio sul Mincio ha una nota fruttata fine e verticale, senti il sambuco che rimarca una certa originalità di un campione che conosciamo da sempre. Gianni Piccoli, il fondatore della cantina, ci ha purtroppo lasciati alla vigilia di Natale: il Covid lo ha portato via. Oggi l’azienda è nelle salde mani dei figli, e Mattia è l’enologo che prosegue con successo il lavoro iniziato nel 1971 a Valeggio sul Mincio.
Di questa prima tornata la mia riflessione è stata immediata: nonostante la possibilità di giocare con diverse soluzioni di uvaggio trovi una coerenza di fondo in tutti i campioni: mineralità, note balsamiche e aromaticità fruttata, freschezza e sapidità.

Veronica Crecelius corrispondente di Weinwirtschaft ha commentato invece i Custoza superiore 2019 e 2018. Con la sorpresa del campione di Custodia, la cantina cooperativa di Custoza che ha portato un 2019 disteso, con un naso che viene solleticato da un fiore, ma anche da note fruttate. È profondo con un finale acidulo ficcante e poi note minerali.
Il Custoza superiore 2018 di Villa Medici di Sommacampagna esprimeva finezza infinita già al naso con note fruttate. Il suo colore giallo limone prometteva freschezza ampia, scattante, e poi la chiusura sapida. Mi è piaciuto molto.
Il Summa 2018 di Gorgo di Custoza aveva un colore giallo oro con note di frutti esotici. In bocca ti avvolge un grande equilibrio e poi un’acidità ben presente così come la sapidità. E questo è il campione dove più si avvertono quelle leggere note aromatiche fruttate (frutto della passione, mango) che accompagnano sempre i Custoza. Questa terna di assaggi mi ha fatto riflettere sulla necessità che esista il Superiore, perché permette a un vino bianco di esprimersi con maturità, dopo l’affinamento di uno o due anni. E ne vale davvero la pena.
Il “Custoza in verticale” è stata infine la sessione di Marco Sabellico, curatore della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso, che ha iniziato con San Pietro, Custoza superiore 2016 de le Vigne di San Pietro di Sommacampagna, azienda che ha dato molto alla notorietà del vino. E qui torna la mela matura in maniera intensa accanto a note animali. L’equilibrio è spettacolare e senti la medesima acidità ficcante del campione di Gorgo; poi seguono note sulfuree, minerali e una chiusura anche qui sapida.
Si prosegue col Custoza superiore 2015 di Monte del Fra di Sommacampagna che ha un giallo oro da cui spiccano note di frutta esotica. Anche questo è grandissimo (ma a noi è nota la stoffa di questi vini che solitamente assaggiamo in magnum da annate lontane, essendo una cantina Top Hundred, come lo sono Gorgo, Corte Gardoni, Le Vigne di San Pietro, Le Tende). Di questo vino colpisce la grassezza accanto all’eleganza e poi a quelle caratteristiche iconiche del Custoza che sono acidità, aromaticità e sapidità. Sul Custoza superiore 2014 di Elianto Menegotti di Villafranca di Verona è da premiare il risultato, per un vino che ha note sulfuree e animali, dove senti anche la finezza della prugna bianca. In bocca ha una punta di nota ossidativa e ti lascia con la freschezza delle erbe aromatiche.
Maestoso il Custoza superiore Amedeo 2013 de La Cavalchina di Sommacampagna, che alle sue bottiglie mette il tappo a vite. Ma l’integrità è decisamente spettacolare. Ha colore giallo oro brillante e luminoso; senti i frutti esotici fini, ananas maturo, e poi una fragranza in bocca che galoppa, nonostante gli anni, lasciando freschezza ampia. Il medesimo vino l’ho poi assaggiato domenica pomeriggio, in Magnum, quasi un omaggio a Luciano Piona, presidente del Consorzio Custoza e del Garda Doc che è mancato all’età di 66 anni nell’estate del 2020.
Con il fratello firmava i vini della Cavalchina e anche dell’azienda La Prendina di Monzambano (e il Garda doc lo avevamo a Golosaria Fiera On line). Ora questo vino ha lasciato stupiti tutti alla festa di compleanno di Mario Gatti al Pinocchio di Borgomanero. Anche questa è un’azienda che è stata fra i Top Hundred e in qualche modo ha svolto il ruolo di leader, vista la diffusione delle sue etichette in tanti locali. Questa tornata ha manifestato quello che ci si aspettava: la longevità del vino, aprendo una discussione sul ruolo dell’uva cortese che in questo terroir offre quel contributo importante che completa l’espressione già conosciuta della garganega o del tocai. Ma il Custoza non è un Soave e neppure un San Martino della Battaglia: è un Custoza e per molti la sua originalità sta proprio nel contributo della Bianca Fernanda. Un caso da studiare, che conferma quanto il presidente del Consorzio della Barbera D’Asti e dei Vini del Monferrato ci ha detto la settimana scorsa su queste pagine: tutto il Monferrato dovrebbe puntare sul Cortese (link).

Durante la cena, officiata da Giancarlo Perbellini, i miei Custoza migliori li ho trovati perfetti nell’abbinamento con il risotto aciso con emulsione al Custoza, limone, olio all'erba cipollina e crema inglese al pomodoro (ha usato il riso di Zaccaria, icona del Golosario).
E qui ho ritrovato un altro Top Hundred della nostra predilezione che è l’azienda agricola Tamburino Sardo di Sommacampagna con il suo Custoza superiore La Guglia 2018.
Questa degustazione mi ha fatto felice per due motivi: primo per l’assaggio decisamente interessante (non ho lasciato una goccia nel bicchiere e non accade quasi mai), poi per la prospettiva che offre il Custoza, con a capo una donna determinata, entusiasta, capace di portare verso la notorietà che merita un vino destinato a darci grandi cose, sia immediate sia con la pazienza dell’affinamento.

P.s. Però non chiamatelo vino gastronomico. Non so chi abbia inventato questo brutto legame con un nome che già non è bello (a me fa pensare alla gastrite); in questi casi torniamo a Luigi Veronelli, che fra l’altro amava il Custoza tanto da citarlo già nel suo catalogo Bolaffi. Lui non ha mai parlato né di vino gastronomico né di vino croccante, anche se il secondo ci sta come immagine e suggestione, mentre il primo è da penna blu. Torniamo a Gino, penso dopo l’assaggio di quel risotto con un bicchiere di Custoza d’antan: lui lo avrebbe chiamato matrimonio d’amore. Meglio no?

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