Sono stati tre giorni impegnativi quelli che hanno coinvolto i giornalisti la settimana scorsa, sulle tracce dei Nebbioli dell’Alto Piemonte, che rappresentano porzioni di territorio spesso poco conosciuti con doc gloriose rimaste in sonno per tanti anni. Si va dunque da Ghemme all’Ossola; da Gattinara alle terre del Lessona e del Bramaterra per citare alcuni grandi rossi piemontesi, senza nulla togliere alla sorpresa che hanno destato Fara, Sizzano e Boca. Il comune denominatore di questi vini è il nebbiolo, con le sue declinazioni, ma anche la vespolina, uva che sta dando grandi soddisfazioni in questa terra.
Certo i vini non sono più quelli che aveva scoperto Mario Soldati nel primo Dopoguerra: i cambiamenti climatici intercorsi stanno mettendo in posizione interessante queste aree e l’investimento di Roberto Conterno, icona del Barolo, non è passato inosservato. Anzi è stato salutato con ammirazione sia dai colleghi del Gattinara (qui la nostra
recensione del suo ristorante Cucune Nervi, che completa l’offerta della cantina acquistata) sia da quelli del Biellese, se è vero che nell’autunno del 2019 Roberto accettò di presentare il suo progetto dialogando con Marco Gatti in una giornata organizzata dal Club di Papillon.
Ora questi fatti messi uno dietro l’altro dicono quanto i vini dell’Alto Piemonte facciano bene, grazie al
Consorzio di Tutela dei Nebbioli, a presentarsi all’unisono, esaltando le proprie specificità, che durante la
degustazioni svoltesi al Grand Hotel des Iles Borromées, sono emerse.
Erano 47 i campioni in assaggio e il primo vino che ha mostrato di avere stoffa è stato la Vespolina “Bona” 2019 de
I Dof Mati di Briona. Colore rubino trasparente, al naso note franche di marasca, freschezza incisiva con tracce speziate e tannini ben presenti. Davvero ottimo.
Il Prunent “Stella” 2019 di
Edoardo Patrone è poi stato una conferma, dandoci un millesimo ancora superiore rispetto a quanto già avevamo raccontato. Al naso senti note fresche, fruttate e poi speziate che ricordano i chiodi di garofano. Ha una trama fine dentro a un sorso sugoso coi tannini che lo rendono vibrante.
Curioso anche il Collina Novaresi Uva rara “Pueritia” 2018 prodotto da
Tenuta Il Corvo che ha scelto di vinificare in purezza quello che è considerato un vitigno migliorativo. Al naso si caratterizza per le note profonde di sottobosco; in bocca ha un equilibrio che porta a un sorso disteso pur non rinunciando al marchio tannico.
Il Colline Novaresi Nebbiolo bio di
Imazio, cantina di Ghemme, può essere quel vino che divide, ma ha una sua originalità. Al naso senti confettura di fragola, e poi in bocca quei tannini estesi, fini, che giocano dentro un sorso rotondo di piacevole freschezza.
Il Prunent 2018 di
Cà da L’Era di Pieve Vergonte è un Valli Ossolane superiore e già il riassaggio, dopo quello svolto insieme alla commissione dei Top Hundred, ci porta a confermare l’iconicità di un nebbiolo di montagna che ha la sua cifra nell’equilibrio.
Abbiamo ritrovato anche il Prünent superiore di
Casa E.C.A. di Villadossola, il Maria Rita che assaggiammo la prima volta due anni fa e il fatto di registrare la sua lenta evoluzione, come si addice a un bel nebbiolo, non ha fatto altro che darci la conferma che in Ossola si sta lavorando bene.
Idem per il Prünent Diecibrente 2016 di
Garrone, che è il produttore che ha sdoganato questo nebbiolo, quando nessuno ci credeva. Oggi lo declina anche in questa versione superiore, di eccellente profondità, elegante, equilibrato, placido, a dimostrare fin dove si può estendere.
Dopo un salto sulle montagne rieccoci in provincia di Novara, a Cureggio, dove
La Capuccina, di cui avevamo assaggiato di recente una Vespolina iconica, stupisce col suo Colline Novaresi Nebbiolo “Opera 32” 2016, affinata in botte grande. E qui chapeau per un vino diritto, floreale al naso, con note di piccoli frutti molto intense e poi una maestosa eleganza. Ora, sia La Capuccina sia Il Roccolo di Mezzomerico di cui abbiamo assaggiato il Colline Novaresi Nebbiolo “Valentina” 2016 sono stati nostri Top Hundred negli anni recenti, esattamente con questi vini. Per cui è stata una soddisfazione registrare la conferma, anche stavolta, trovando una coerenza fra le due aziende e i due vini, dove la differenza era solo nell’affinamento in barrique della seconda.
Non conoscevo la
Cantina di Tappia di Villadossola, dove c’è la Pizzeria Tu che offre, accanto alle sue pizze contemporanee, proprio i migliori Prünent. Però è stata una bella sorpresa, perché il naso offriva note concentrate di prugna e frutta fresca e una speziatura classica. In bocca ne apprezzi la rotondità e il finale tannico.
Notevole poi il Coste della Sesia Nebbiolo “Castellengo” 2015 della cantina
Centovigne di Cossato (Biella), anche questa cantina della nostra predilezione, avendola premiata con questo vino nel 2018. Sta 36 mesi in botte grande. Al naso senti cenni di incenso e altre speziature, ma la sorpresa sarà in bocca perché si esprime con ampiezza e con un equilibrio caldo. Ha una trama fine dettata dai tannini e frutto dell’affinamento prolungato. Devo dire uno dei migliori Nebbiolo della giornata, che ha raggiunto la soglia dei 5 asterischi, vertice dei miei assaggi.
Bravissimo anche
Boniperti, con un Fara 2017, il “Bartön” prodotto con nebbiolo e vespolina. Qui al naso emerge la viola macerata del nebbiolo e qualche nota metallica, sulfurea, minerale, simile alla polvere da sparo. Spettacolo la sua acidità che ne prolunga la freschezza.
Il Fara 2016 di
Francesca Castaldi sta 24 mesi in legno e per noi non è una novità la sua goduria, avendola premiata con grande convinzione nel 2018. Al naso si apre subito al frutto concentrato, alla confettura di ciliegie. È un vino davvero buono, placido, complesso, con trama fine dei tannini e grande equilibrio. Brava, brava!
Ma se il Fara ci ha colpito (non male anche la
Cantinoteca di Prolo) e ne avevamo contezza, il vino sorpresa è stato il Sizzano 2016 della
Cantina Comero: nebbiolo al 70% e vespolina al 30% e poi 24 mesi in botte e 6 di acciaio. Anche qui colpisce la nota di confettura di ciliegie e poi tutto quello che vorresti: ampiezza del sorso, freschezza prolungata, tannini bel levigati. Ottimo.
Altro Sizzano complesso con belle note di liquirizia era quello del 2015 dei
Chiovini & Randetti che all’uvaggio classico aggiunge un 5% di uva rara. Ma spettacolare risulterà il Sizzano riserva 2015 di
Valle Roncati di Briona, azienda che già avevamo notato in passato, un suo vino il Sizzano “San Bartolomeo” 2011 (non più in produzione) è stato Top Hundred nel 2014. Qui la profondità speziata è notevole al naso, anche in questo caso avverto note di liquirizia e poi in bocca una complessità esemplare con i suoi tannini vivi che stanno a indicare un viatico di lunga maturazione.
Passiamo dunque ai Bramaterra, col primo della serie che è quello di
Antoniotti Odilio di Sostegno, il suo 2017 (nebbiolo, croatina, vespolina, uva rara). L’affinamento di 30 mesi in botte smorza la durezza anche dei tannini facendo esaltare la freschezza che già al naso si evinceva da un frutto vivo. Si avvertono anche note minerali caratteristiche.
Sorpresa per il Bramaterra 2016 "Balmi Bioti" de
La Palazzina di Roasio. Ha un naso pulitissimo dove la ciliegia si sente in tutta la sua freschezza e dà la spalla a una nota balsamica generale. Un vino dritto che mi ha ricordato l’austerità dell’Opera della Capuccina; poi un equilibrio che si vuole conquistare con il tempo, fra questa acidità espressiva e la tannicità presente. Bravi.
Buono anche il Bramaterra 2016 di
Roccia Rossa di Brusnengo che sembra mostrare note dolci al naso, tanto è piacevole il suo frutto che dietro nasconde espressioni minerali.
Ed ora eccoci a Lessona, altra località che dà il nome a una doc in grande spolvero. E sono diversi anni che assaggiamo i vini di
Pietro Cassina e oggi il suo Lessona “Pidrin” 2015 dal colore trasparente, come si deve a un nebbiolo 100%, apre un’altra pagina sul valore del Nebbioli del Nord. Ha un naso dritto e fine con una ricchezza aromatica floreale (la viola del nebbiolo) e poi di polpa. In bocca è pregnante la sua acidità con quel frutto (è una prugna) che ti insegue.
Per capire il genere, era proprio da assaggiare allora il Lessona 2012 di
Tenute Sella, il “San Sebastiano allo Zoppo”. È qui che si capisce meglio la complessità del vino, la sua concentrazione che ti trasporta verso la finezza anziché l’opulenza.
E ora eccoci agli assaggi del Boca, la piccola doc che forse ha avuto maggiori performance in questi ultimi anni fra i nebbioli dell’alto Piemonte.
Tenute Guardasole di Grignasco è stata una sorpresa: il Boca 2017 aveva note molto intense e un equilibrio in bocca trasportato da una tenue acidità.
Il Boca di
Barbaglia 2016 è un nostro cavallo di battaglia e infatti questo campione è iconico, di una finezza che già si mostra al naso, fino alla sua acidità profonda. Entrambi questi Boca erano con nebbiolo all’80% e vespolina al 20.
Con un 10% di anche di uva rara è invece l’uvaggio di una cantina simbolo come il
Podere ai Valloni dove il suo Vigna Cristiana è il 2012 (ma io ricordo ancora adesso il 2000 assaggiato di recente). Qui senti note di incenso e poi una freschezza che stupisce, visti i quasi 10 anni. Ma è l’esempio del valore che trasportano questi vini di straordinaria longevità. Peccato mancassero altri produttori.
Sul Ghemme
Tiziano Mazzoni, già Top Hundred nel 2007, si presenta con un eccellente 2017 che è subito ghiotto con note minerali che ritornano e tannini ancora vivi. Chiude con una nota amaricante.
Anche
Platinetti Guido si è presentato con un Ghemme 2017 molto elegante al naso. È il suo “Vigna Ronco Maso” che si affina in botte grande per 36 mesi. E qui bisogna riconoscere che la botte ha elevato le note fruttate, invitanti, per un sorso scattante, dove i tannini sono ancora vivi e promettono anni entusiasmanti. Molto buono.
Il Ghemme 2015 di
Ioppa “Santa Fé” mostra eleganza estrema. È un Ghemme perfetto, fruttato, complesso, che non rinuncia alla sua freschezza.
Anche
Mirù ha un Ghemme riserva 2015 che mostra i descrittori dei grandi vini, dove la profondità minerale evoca inchiostro e in bocca una gran bella stoffa, carezzata da note balsamiche. Anche Mirù è fra le nostre cantine Top Hundred che racconteremo nel volume
L’Emozione del Vino.
Senti il cuoio invece nel Ghemme riserva 2015 di
Rovellotti, per poi assaggiare un sorso pieno, con un’acidità espressiva molto accattivante.
Si prende i 5 asterischi pieni, invece, il Ghemme riserva 2007 di
Torraccia del Piantavigna. E qui è divertente sentire l’evoluzione a cui arriva questo vino, con un effluvio balsamico avvolgente; in bocca è intrigante l’equilibrio dove spicca la freschezza, foriera di altri anni di invecchiamento.
E ora tocca al Gattinara dove il campione della
Cantina Delsignore, “Il Putto vendemmiatore” 2017 arriva ai 5 asterischi della perfezione. Avvolgenza fruttata al naso, dove avverti sia i piccoli frutti sia un ché di esotico che esprime la freschezza. “Grandissimo” ho appuntato sul mio taccuino, per dire quanto è stata avvincente la sua complessità.
Ma dello stesso tono, anche se l’annata è la 2015, il mitico Riserva San Francesco di
Antoniolo, che ha un’intensità pazzesca, segno della sapiente elevazione che il vino ha subito prima in tonneau e poi in botte grande. Alla fine hai il Gattinara che si è sempre conosciuto di questa maison e del territorio: l’eleganza del nebbiolo che si fa materia.
Col Gattinara riserva 2015 di
Travaglini torni al principio, perché qui senti viva la viola del nebbiolo, la spada minerale, la roccia e poi, come Antoniolo, quell’equilibrio pacioso del Gattinara, vino di lunghissimo cammino, capace di sorprese nel corso degli anni.
Di alcuni vini che assaggiavo per la prima volta o che non avevo più bevuto da tanto tempo ho poi fatto un riassaggio. Trovando conferma il quel Sizzano 2016 della
Cantina Comero e nel Boca, delle
Tenute Guardasole. Il Gattinara “il Putto vendemmiatore” 2017 delle
Cantine Delsignore sarà poi un altro vino che a inizio luglio vorrei riassaggiare nella finale dei Top Hundred 2021, perché i Nebbioli dell’Alto Piemonte, già rappresentati negli anni a Golosaria, abbiano il giusto spazio in questo riconoscimento che raggiungerà i 20 anni.