Dersett, il paradigma del comfort food

Nel cuore di Milano, il locale voluto da Riccardo Danesi che esalta la cucina della memoria con una formula informale, creativa e conviviale

10.10.2017

Si chiama “comfort food” la formula di questo locale un po’ bistrot e po’ osteria moderna. Lo ha voluto Riccardo Danesi, imprenditore immobiliare che ha aperto in Francia due locali arrivando persino ad ottenere la stella Michelin. Un successo, ma il richiamo della sua Milano, degli amici, è stato troppo forte e da una decina di giorni ha aperto questo luogo in viale Gian Galeazzo al 17, Dersett (tel. 02 84084787 - www.dersettmilano.it) che in dialetto vuol dire appunto 17.

La sua è un’impostazione molto calorosa: lo è il locale con una cinquantina di coperti, una misurata eleganza, un’accoglienza amicale. E si sta bene, soprattutto per la scelta dei piatti che compongono il menu, realizzato in collaborazione con Luca Ferrara, che in zona Lotto apre le sue porte al Caffè del Lupo, altra chicca del GattiMassobrio, che quest’anno, a vedere i messaggi ricevuti dai lettori, ci ha dato non poche soddisfazioni. Per arrivare qui è semplice: Porta Ticinese, i Navigli, oppure arrivando dalla Rotonda della Besana, il locale è sulla destra, luminoso, nel viale. Di fianco c’è un parcheggio a pagamento a ore. Partite. C’è una carta dei vini decisamente soddisfacente e una scelta a bicchiere. E poi qualche piatto curioso, con inclinazioni di cucina giapponese, ma senza esagerare, perché Riccardo ha voluto esaltare la cucina della memoria, quella milanese o della pianura Padana. Anzi diciamola tutta: questo Dersett è una sintesi speciale di ciò che sta avvenendo a Milano: locali informali per stare bene in compagnia, design elegante ma essenziale (scuola francese) e poi una cucina che fotografa il momento, ossia la contaminazione con le migliori tecniche che si conoscono sulla piazza: reinterpretazione creativa, leggerezza, gusto. Riccardo poi ha un approccio da amico: è sempre sorridente e ai tavoli racconta volentieri la sua avventura, immortalata all’ingresso da un articolo apparso subito sul Giorno, alla vigilia dell’apertura.

E allora ecco le crocchette cacio e pepe, inserite nei “piatti da condividere”, insieme a salame di Varzi e culatello. Che dire, se mi dessero 20 crocchette (leggerissime, gustose come queste) e una bottiglia di Champagne avrei passato una serata memorabile. Ma come rinunciare all’uovo fritto con due uova di galline livornesi cotte a 63° e panatura giapponese su cremoso di patate ed emulsione alla norcina con tartufo nero e limone ? Il tonno di coniglio grigio di Carmagnola arriva in barattolo con canellini, peperoni dolci e focaccia croccante. La trippa alla milanese con verdure brusche e fagioli è da manuale. C’è poi la parmigiana interpretata in maniera creativa, la tartare di fassona con spuma di senape, la trota dell’Adamello. Piacevoli, ma ancora un po’ slegati gli spaghetti artigianali alla chitarra con broccoli ripassati alla siciliana, zafferano e uvetta. Fra i primi anche il risotto ai porcini con nocciola ed emulsione di prezzemolo e toma piemontese. Ben fatto il polpo alla Luciana con capperi di Salina e olive; fantastiche le costine di maiale iberico laccate con salsa Bbq, patate ratte al cren e insalata di verza. C’è anche il pollo alla romana, l’arrosto di vitello in casseruola, il baccalà alla veneta. Usano a crudo un olio calabrese che è nel nostro cuore: Olearia San Giorgio, mentre fra i dolci ecco ricco tiramisù al contrario e la casereccia, oltre alla buona torta di mele con spuma alla cannella. Da raccontare agli amici. Per poi tornare.

 

 

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