Gambero (killer) della Luisiana, Pizza Riso e l'orto nato sotto il mare

22.07.2016

Segni particolari: rosso, corazza robusta e chele appuntite. E’ l’identikit del gambero della Louisiana, che sta minando l’ecosistema delle campagne vercellesi. L’animale, importato anni fa per scopi alimentari, si è scoperto che è in grado di assorbire sostanze tossiche e uccidere i suoi simili autoctoni. La Regione ha già diramato l’appello a non consumarlo, mentre gli esperti cercano soluzioni per contrastarlo; dalle gabbie contenitive alla reintroduzione di specie nemiche come i lucci e le anguille. (La Stampa) @ Ma a Vercelli nasce anche Pizza Riso; il piatto, realizzato con il riso Carnaroli firmato da Risodinori, sta facendo proseliti tra i tavoli del ristorante Cin Cin di c.so Liberta. @ Coltivare basilico sui fondali marini. Non l’ambientazione di un romanzo di Jules Verne, ma l’esperimento in corso al largo di Noli (Savona) dove l’ingegnere Fabio Gamberini e i suoi collaboratori coltivano piante sotto campane di plexiglass a 6 metri di profondità. Il progetto, denominato Orto di Nemo, promette bene: una delle cinque cupole è già utilizzata da un’azienda francese per testare la produzione di piante medicinali anticancro, mentre in un’altra l’Università di Pisa studia le differenze tra verdure coltivate a terra e sotto il mare. Ma quali sono vantaggi dell’agricoltura sottomarina? “Non richiede irrigazione né pesticidi” assicura Gamberini. (Venerdì di Repubblica) @ Vanno pazzi per la birra, la loro fase di accoppiamento dura un minuto, ma la gravidanza è lunga 22 mesi. Sono alcune delle curiosità che riguardano gli elefanti di cui parla su Sette Giorgio Dell’Arti. Molti anche gli altri aneddoti: a causa dei bracconieri, in Africa restano solo 350mila elefanti e della specie bianca, in Kenya, ne sopravvivono soltanto 3; la loro proboscide è formata da più di 100mila muscoli e ha una tale forza che può sollevare pesi di oltre 250 kg; la carta da lettere usata da George W Bush era fatta con sterco di elefante, mentre in India, nell’Ottocento, gli assassini venivano legati con una fune alla zampa posteriore di un elefante, che li trascinava fino al luogo dell’esecuzione.

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