I cambiamenti climatici e l'agricoltura, i costi del falso made in Italy e l'accordo sul latte

27.11.2015

Là dove c’era il frumento, ora ci sono le banane. Sono i primi segni del cambiamento del clima, analizzato sulle pagine de L’Espresso. Nel Sud Italia è stato possibile avviare le coltivazioni tropicali, la vite si sposta sempre più a nord così come l’ulivo arrivato in Valtellina. Cambiano anche le specie animali: in difficoltà ermellini e stanbecchi, aumentano pappagalli e meduse. @ Gli animalisti contro la sentenza delle aragoste: a Torino organizzato un presidio per contestare l’assoluzione del commerciante. “Anche le aragoste soffrono” obiettano gli animalisti. @ Il falso made in Italy costa all’Italia 300 mila posti di lavoro. Lo dice un’inchiesta di Panorama che sottolinea come la rete rappresenti la nuova frontiera dell’agropirateria. Ed è proprio qui, sulle grandi piattaforme, dov’è più facile contrastarla dando al marchio geografico lo stesso valore di quello privato, come spiega il ministro Martina. Intanto resta aperta la partita con gli Usa sul Ttip, senza dimenticare che anche l’Italia ha i suoi falsi “made in Usa”. @ L’occupazione nel settore alimentare cresce e a far la parte del leone è la ristorazione con il 60% delle offerte dell’intera filiera. La restante quota è rappresentata da commercio (21%), industria (16%) e agricoltura (3%). (Avvenire) @ C’è l’accordo sul latte: Lactalis pagherà 36 centesimi al litro il prodotto agli allevatori, a cui si aggiungerà un euro in più collegato ai fondi europei convogliati dal Ministero. @ Le aziende di dolci fanno chiarezza sull’olio di palma, che l’Italia nel 2014 ha importato in quantità importanti (1 milione e 660mila tonnellate). “Noi abbiamo firmato il patto della sostenibilità - dicono le imprese riunite nell’Aidepi - ma il 79% del prodotto non viene utilizzato nei prodotti alimentari (ma nella cosmesi, nel chimico farmaceutico e nelle bioenergie) @ Tortellini e ravioli gluten free per il mercato americano. E’ l’idea alla base della start up modenese Taste of Italy che produce piatti per celiaci (ma anche vegani) con l’obiettivo di realizzare metà del fatturato negli Usa dove questo mercato è in forte ascesa.

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