Venti chilometri da Palermo per una viticoltura di montagna. La storia di Baglio del Pianetto è lì a ricordarci come solo la Sicilia sia capace di portarci dalle vigne a livello del mare alla montagna, in un pugno di chilometri. E che questo non è solo il caso dell’Etna. Non solo: perché Baglio del Pianetto è ancor più un intreccio di storie e suggestioni, che inizia in Veneto arriva in Sicilia per tornare in Provenza.
Un romanzo che ha il nome e il volto del conte Paolo Marzotto, scomparso ieri all'età di 89 anni e che - come ricorda oggi Gaetano Marzotto dalle pagine del Corriere - ha guidato il gruppo Santa Margherita "dove ha compiuto importanti investimenti, a partire dall'acquisizione del 60% di Ca' del Bosco nel 1993".
Paolo MarzottoLa passione smisurata per le corse automobilistiche e il vino, per la Sicilia e per la Francia, lo ha portato fino a un passo da Palermo, e si è tradotta in un’azienda moderna, con una linea di vini originali che oggi, al giro di boa dei vent’anni dai primi vini immessi sul mercato ha cambiato pelle, scommettendo su uno staff enologico rinnovato.
Tutto inizia nel 1997 quando Paolo Marzotto acquisisce questa proprietà a 20 km da Palermo, un’azienda di quasi 90 ettari a corpo unico a un’altitudine tra i 600 e i 650 metri. In queste vigne contraddistinte da grandi escursioni termiche c’è principalmente insolia e catarratto cui affiancano viognier, merlot, cabernet sauvignon e petit verdot. Nel 1998 compra una seconda tenuta tra Noto e Pachino, vicino a Marzamemi, con 70 ettari di terreno a destinazione prevalente per varietà autoctone a bacca nera come il frappato, insieme a moscato di Noto e, di sua introduzione, il syrah. I vitigni classici della viticoltura francese sono un suo pallino e una passione per lui che Oltralpe aveva casa e parte della famiglia. Agli inizi degli anni Duemila termina la costruzione della nuova, futuristica, cantina, che sfrutta la gravità per limitare l’uso delle pompe e punta su sostenibilità con geotermia e fotovoltaico, al punto che oggi tutto l’impianto è alimentato da fonti rinnovabili. Un
mood green che si è confermato nella
conversione dell’intera produzione al biologico.
Da due anni l’ultima rivoluzione che guarda alla vigna, puntando su vendemmie anticipate, sulla freschezza delle uve anche attraverso l’uso della neve carbonica e quindi su vini che puntano sulla pulizia del profilo olfattivo, sull’espressione varietale e meno sul corpo e sulla muscolatura da cantina. Una scelta azzeccata, che confermiamo con l’ultima teoria di assaggi.
Il
Murriali Monreale 2019 è a base di inzolia e catarratto in perfetto equilibrio percentuale. Sfrutta le parcelle più alte ed esposte a sud ovest con una escursione termica notevole che si traduce in un’acidità spiccata e in una freschezza delle note olfattive che lo rende estremamente piacevole. Al naso esce la parte floreale con le note agrumate di zagara che al naso si arricchiscono della croccantezza di un frutto ancora acerbo.
Il
Sicilia Timeo 2019 da uve grillo vira su profumi più balsamici e aromatici, di finocchietto e anice. Vino che si allarga maggiormente, mostra una maggiore stabilità con una parte acida ben definita e una bella persistenza.
Il
Sicilia Ficiligno 2019 è il grande classico della cantina, che quest’anno festeggia le venti vendemmie. Partiamo dal nome, Ficiligno, e non è un puro vezzo filologico. Si tratta infatti della pietra maggiormente presente in questo suolo generalmente argilloso che conferisce al vino quella nota sapida e minerale al tempo stesso che gli dona la giusta freschezza gustativa. Questo campione ne conferma la fama di bianco leader della cantina: al naso è una bella espressione di frutta tropicale condita con una spruzzata di pompelmo, con il pepe bianco che pizzica il naso e l’eleganza della pietra focaia che percorre sottotraccia tutta la produzione.
Il
Sicilia Bianco Viafrancia Riserva 2018 cerca l’equilibrio tra frutto e legno. In bocca è avvolgente, quasi setoso, al naso la nota citrica (citronella) che spezza la trama gli fa sicuramente bene.
A convincerci, su tutti, però è il
Terre Siciliane Baiasyra 2019. In questo caso andiamo dall’altra parte delle tenute, vista Marzamemi. Ed è qui che la mano della nouvelle vague enologica si nota di più. La parcella individuata è quella di un vigneto di syrah vicino al torrente con una vegetazione più fitta ed esuberante. Qui le uve hanno sempre avuto problemi di maturazione a cui si cercava di porre rimedio in cantina con macerazioni più lunghe.
L’idea del Baiasyra nasce invece da un’ottica diversa che è quella di dare spazio alla pianta con le sue esigenze, favorendo la raccolta anticipata e non a completa maturazione. Scelta azzeccata per questo rosè dai colori tenui (tecnicamente una buccia di cipolla). Scorrevole, godibile, al naso è decisamente pulito con profumi dolci che ricordano le violette di zucchero che creano un piacevole contrasto con le note più sapide, quasi salmastre. Uno splendido syrah primaverile con vesti provenzali e animo siciliano, che fila via come una Rossa. Il conte può esserne orgoglioso.