La sala delle feste del castello di Camino era sold out domenica mattina per assistere alla masterclass dedicata ai vini ottenuti con queste uve originarie della Val Susa. Produttori di vino, enologi, appassionati e i sindaci di Almese e Camino, ma persino il sindaco di Casale Monferrato trionfante per il riconoscimento di Casale e Monferrato capitale del vino europeo 2024.
Il sottoscritto e il tecnico
Gianpiero Gerbi hanno condotto la
degustazione di 13 campioni. Gerbi ha sottolineato le origini incerte di questo vino che nasce da una grappolo vigoroso con grossi acini dorati che assume sfumature aromatiche diverse a seconda della zona di produzione. Tuttavia la sua caratteristica è l’acidità ficcante che permette a queste uve di creare un’ottima versatilità di produzione: dai vini fermi agli spumanti, fino ai passiti.
La sindaca di Almese, Ombretta Bertolo, ha voluto ricordare la storia recente di questo vitigno, salvato da una “topia” del concittadino Giorgio Falca, agronomo scomparso più di un lustro fa, che poi ha permesso la riproduzione delle barbatelle giunte fino in Monferrato, ma anche nelle Langhe. Un impulso lo ha dato anche il viticoltore Giuliano Bosio, già sindaco di Almese e oggi produttore di un eccellente metodo classico.
Nel Monferrato chi vi ha scommesso fin da subito è stato
Daniele DellaValle di Camino, che oggi produce diverse versioni di baratuciat (fermo, spumante e passito). Ed è stato lui, insieme a
Fabio Fracchia di Grazzano Badoglio, che ha voluto organizzare questa Reunion storica che poi è proseguita per l’intera giornata con l’arrivo di turisti e appassionati per incontrare direttamente i produttori.
A metà degli anni 2000 usciva sulla
Stampa un articolo del sottoscritto sul baratuciat, che fu lo spunto perché anche un farmacista di Murisengo, Enrico Druetto, si mettesse in contatto con Giorgio Falca per iniziare la produzione di baratuciat nell’areale di Alfiano Natta. Ci furono poi
due passaggi voluti dal
Golosario.
Il primo la
degustazione di Valenza nel 2018 con Walter Massa ed Enrico Druetto, e i rispettivi vini, quasi a sancire che il Timorasso sta al Tortonese come il Baratuciat starebbe al Casalese, secondo una traiettoria di racconto e di opportunità per favorire l’attrattiva degli enofili verso le novità che stanno accanto alle storiche produzioni di vini rossi.
Il secondo passaggio fu
Golosaria 2019, quando l’ultimo atto fu appunto la degustazione della bottiglia di Giorgio Falca (di ben 11 anni) e quella di Druetto il Preja 2017. Alla degustazione fu invitato come osservatore l’avvocato
Guido Carlo Alleva, che era presente anche domenica a Camino ed ha avuto parole di ammirazione per l’assaggio delle varie espressioni di questo vino.
Guido Carlo AllevaEd eccoci alla storia recente e agli assaggi.
Che sono iniziati con il campione
2022 “Il Podio” prodotto a
Chieri dall’
ISTITUTO BONAFOUS. Un vino di colore paglierino, con un naso fruttato e citrino per un campione iconico dove la freschezza si evince lungo tutto il sorso, che termina con una nota sapida e cenni di mineralità.
Da
AMETLIER di Susa il
Valsusa Baratuciat “Roc Maol” 2022. Il colore tende al ramato; al naso la mela renetta è intensa e note balsamiche, un vino che conserva ancora i sentori primari e la sua mineralità si esprime con una sensazione di acqua di sorgente ferrosa. Ha un’espressività acida piena, rotonda.
RHEA ha presentato il
Valsusa Vino Bianco “Desiderio” 2022. Colore brillante sempre con toni leggermente ramati. Al naso è fine con erbe aromatiche e pepe bianco, poi frutta esotica appena accennata. Rotondo, in bocca speziato, tannico, ma la coda è sempre data dall’acidità.
Andiamo quindi nelle Langhe con
PODERI RUGGERI CORSINI e il suo
Langhe Bianco “Berlu ‘D Ciat” 2022 da uve baratuciat. Il colore è sempre coerente e anche il naso con note fruttate moto franche: la mela fragrante, cenni floreali, una sua speziatura e poi il finale sapido, mentre la freschezza si innesta in un sorso rotondo. Un campione che ha colpito per la sua espressione varietale, che si distingue anche nella terra del Barolo. (Questa cantina ebbe da noi il riconoscimento per il Barolo Top dei Top della degustazione di tutti i campioni. Era il Barolo “Bricco San Pietro” 2017).
A Vesime, nell’Alta Langa astigiana ecco
CAVALLERO con uno straordinario
Monferrato bianco “Tentè” 2022. Qui i descrittori sono fruttati e ricordano la pesca; il naso è complesso, franco, pulito. Poi c’è il comune denominatore della mineralità. In bocca è come aver mangiato una mela. Molto pieno, filigranoso, finale citrino, dinamico. Un campione che ha colpito tutti e che apre nuove pagine anche in tema di scelte per i cambiamenti climatici.
Il
Monferrato Bianco “Balon” 2021 di
SULIN, azienda
di Grazzano Badoglio, esce per il secondo anno consecutivo e ci porta a conoscere i descrittori iconici del baratuciat, come il primo campione assaggiato. Innanzitutto la franchezza, poi la freschezza della pesca. C’è ampiezza al sorso e un’acidità gradevolissima che concorre alla verticalità del sorso, che termina sapido. La mineralità che avverti è segno di un profilo complesso, con quel graffio finale di freschezza e un retrogusto di mela.
L'enologo Mario RoncoGrande soddisfazione anche a sentire le parole dell’enologo
Mario Ronco, che sembra spettatore di un fenomeno di cui dovrà occuparsi sempre di più.
Al banco di assaggio abbiamo anche trovato il
Monferrato Bianco 2022 di DELLAVALLE di Camino. Qui il colore che tende all’oro. Al naso subito speziature, mineralità e poi frutta. In bocca è pieno, secco, con acidità ampia in una bella struttura. La mela fuji ti rimane in bocca con persistenza.
Da questo momento in poi eccoci a valutare i baratuciat più carichi di colore. A iniziare dal campione di
DRUETTO, il
Monferrato Bianco 2020 “Preja”. Il colore è oro, al naso avverti molto intensa una piacevolissima nota di mela e pesca melba accanto a cenni sulfuree e un che di nocciola. In bocca esplode la mineralità. E lui! Sapido, esprime idrocarburi e poi la frutta esotica che accompagna un lungo sorso in bocca. Un campione che richiama a vini bianchi borgognoni, di caratura internazionale, piacevolmente sapido e minerale.
A
Costigliole d’Asti ecco il
Bianco bio 2021 di ANDREA SCOVERO. Anche qui colore oro e naso minerale decisamente fine con una sua nota amaricante. In bocca mostra la sua ampiezza, con mineralità e acidità che si rincorrono in un sorso di ottima concentrazione.
ISABELLA, cantina di Bio di
Murisengo, ha presentato il
Monferrato bianco “Arianna” 2021. Colore oro; naso ampio di pesca bianca e qualche nota ematica. In bocca l’ingresso è morbido, pieno, sempre minerale, speziato, con cenni di tannini. In bocca è ruvido, con la sua mineralità spiccata che sembra un mood dei baratuciat allevati in Val Cerrina.
La conferma arriva anche da
IULI con il suo
“Barat” 2021. Il colore è paglierino che tende all’oro e al ramato. Naso di frutta fresca, lievi note ematiche, e cera d’api; in bocca si incontra la complessità minerale, accanto alla freschezza. Si avverte forse meno la franchezza varietale e più la sostanza di espressione del vitigno.
HIC ET NUNC di Vignale Monferrato è l’ultimo arrivato con il suo
“Felem” 2021 che ha un colore decisamente orange. Al naso si presenta elegante con note di sambuco; in bocca è secco, deciso. Ampio, ricco di quella mineralità che resta un mood di questo vino. Ha bisogno di affinamento in bottiglia, come tanti dei campioni assaggiati, perché l’evoluzione di questo vino nel tempo è spettacolare e si avverte persino nel bicchiere, man mano che passano i minuti.
Di
BOSIO di Almese è apparso clamoroso l’assaggio del
brut metodo classico “Cin Cin Nato” 2017. Colore paglierino verso oro. Bollicine finissime e persistenti. Naso altrettanto fine di crosta di pane, da cui emerge una nota citrina incisiva, nuance minerale e leggermente aromatica. La bolla è ricca avvolgente, cremosa con un’ acidità incisiva e poi chiusura sapida, asciutta. Un grandissimo campione.
Al banco ecco anche il
metodo classico di DELLAVALLE. Colore oro, che al naso esprime immediatamente note citrine e minerali e un qualcosa di leggermente speziato accanto al miele. Ha una chiusura sapida e molto persistente. Nella masterclass di Dellavalle ha poi colpito tutti la versione passita, dove dal bicchiere che riporta un colore oro, senti lime e frutti tropicali. In bocca è immediatamente un velluto e la dolcezza, sostenuta dall’acidità lo rende lineare, di persistenza molto lunga. In poche parole, un capolavoro.
Nei commenti finali,
Marco Gatti ha voluto manifestare il suo stupore per i passi da gigante che ha fatto questo vitigno, mostrando a tutti i traguardi a cui può ambire: il Baratuciat varietale, quello con maggiore contatto sulle bucce; la versione metodo classico e infine quella passita. Una versatilità che solo pochi vitigni possono permettersi (citiamo l’erbaluce in Piemonte) e che la dice lunga sulle prospettive che si aprono.