Con l’arrivo dell’autunno, e poi dell’inverno, aumenta il desiderio di consumare cioccolato, non solo perché, facendo più freddo, abbiamo un bisogno maggiore di calorie, ma perché, con la riduzione delle ore di sole e le giornate che si fanno più corte e grigie, il nostro cervello produce meno neurotrasmettitori. Queste sostanze regolano il ritmo sonno-veglia, il tono dell’umore e il senso di sazietà e il cioccolato, che contiene il triptofano, favorisce proprio la produzione dei neurotrasmettitori e ci dona un prezioso aiuto in questo particolare periodo dell’anno.
Le due espressioni più tipiche del cioccolato sono nate in periodi ben distinti. Il cioccolato al latte nasce infatti con la moderna industria dolciaria e l’utilizzo del latte in polvere. Prima l’utilizzo del latte fresco impediva, per le tavolette solide, la possibilità di conservazione.
Il cioccolato fondente fu il primo ad essere prodotto, sia liquido che solido, e oggi sta riprendendo quota nel mercato grazie alla ricerca dei vari cru.
In base alla percentuale di cacao utilizzato si classifica come:
• fino al 30%: comune
• fino al 43%: superiore o finissimo
• oltre il 45%: extra. Il fondente di qualità di solito va oltre questa percentuale e l’eccellenza si attesta spesso al 65-70%.
Quando si parla di cioccolato il pensiero va alla tavoletta ricoperta di carta stagnola e per gli intenditori bisogna considerare solo quello fondente. Distinguere però il prodotto migliore leggendo la lista degli ingredienti sull’etichetta non è facile, perché tutte le marche si assomigliano.
In cima alla lista troviamo il cacao e il burro di cacao (maggiore è la loro quantità più la tavoletta è apprezzata dagli intenditori), seguiti da: zucchero, lecitina e aromi. Su molte confezioni compare la scritta “puro” per distinguere il cioccolato vero fatto solo con il pregiato burro di cacao, da quello che contiene miscele di grassi di mediocre qualità come il burro di palma o di karité. Sulle etichette si trovano spesso parole come “extra”, “fine”, “superiore”, “finissimo” utilizzate quando la quantità di cacao e burro di cacao arriva al 43%, ben al di sopra del 35% utilizzato nella tavoletta standard. Questa distinzione è ancora valida, anche se è normale trovare sugli scaffali tavolette che indicano anche l’origine della materia prima (Ecuador, Ghana, Brasile).
Il cioccolato può essere conservato a lungo, con l’eccezione di quello contenente dell’acqua che è meglio consumare entro 30 giorni dalla produzione, mentre per i gianduiotti è bene non superare i tre mesi.
La regola generale prescrive di tenerlo in un ambiente libero da odori, ben ventilato, con una temperatura tra i 18 e i 20°C e un’umidità relativa inferiore al 50%. L’ambiente troppo umido potrebbe infatti far affiorare i cristalli di zucchero che formeranno una patina grigiastra sulla superficie. Analogo effetto può essere dovuto agli sbalzi di temperatura che possono comportare l’affioramento del burro di cacao. Infine è consigliabile mantenerlo nella confezione originale oppure avvolgerlo in carta stagnola e nella pellicola trasparente, possibilmente lontano da fonti di luce e calore.