Fino a qualche anno fa si pensava che il ruchè fosse un clone del nebbiolo, come sostenuto da un test di enologia realizzato ad Alba circa 30 anni or sono. Poi, nel tempo, sono stati fatti altri studi, uno in particolare sostenuto da Franco Morando (proprietario dell’Azienda vinicola Moltalbera) nei laboratori di Parma nel 2011: è emerso che il Ruchè non è imparentato con nessun altro vitigno.
Tenuto conto di questo importante dato, la storia del Ruché prosegue e segna un'altra tappa importante grazie alla Famiglia Morando che a Milano ha presentato la prima Riserva nominata “LIMPRONTA”.
Ora, durante la presentazione il primo vino abbinato al benvenuto dello chef del ristorante Acanto è stato il
"120 mesi +1 Metodo Classico Pas dosè, SA"
Una bolla in forte decollo, ancora giovane, viva pur avendo dieci anni di affinamento con uno scarto di miglioramento ancora potenziale di 10/14 mesi di bottiglia. La bolla è fine e minuta, cremosa al palato con note di mandorla e nocciola, particolarmente interessante e piacevole in bocca, ma soprattutto racconta la storia della famiglia, essendo questo è il vino dedicato al "Nonno Enrico".
"Nel 2003, per uno degli ultimi progetti del nonno, piantammo cinque ettari di Pinot nero, in una delle posizioni più vocate in azienda, che chiesi poi di poter lavorare con un Metodo Classico. Da allora lasciammo l'idea in un cassetto, che riaprimmo quasi dieci anni più tardi, trovandoci poco prima della pandemia con un 110 mesi: iniziai a degustarlo per scoprirne una base croccante, elegante, con già una buona vita di acidità."
Dalla prima sboccatura di 3.000 bottiglie siamo ora alla quarta con 7.000 bottiglie.
Potremmo dire che il 120 mesi (pinot nero) + 1 (Alta Langa) sia un Millesimato "non dichiarato" afferma fiero proprio lo stesso Franco Morando, una bollicina metodo classico tra l'altro non ancora lanciata ufficialmente nel mercato a causa della pandemia e che è già preceduta da altre due bollicine metodo Martinotti a base Barbera e Grignolino, insolite ma lo stesso molto apprezzate (prezzo in enoteca 40 Euro).
Eccoci poi al
"Piemonte DOC Viognier, Calypsos 2020"
Nato come progetto con numeri piccolissimi, seppure sia vitigno già presente, oggi è arrivato ad essere la quinta referenza di Montalbera. Una scelta ispirata anche dalla storia simile al Ruché, in quanto probabilmente di origine francese, portato dalla Savoia nel sud del Piemonte due secoli fa, poi quasi sparito e infine recuperato negli anni '60. Il Viognier 2020, esprime grande eleganza, piacevolezza, acidità molto spiccata; coi suoi descrittori di frutta a polpa bianca, note tropicali e una parte minerale che ricorda un po' l'agrumato, al palato è sempre fresco con una bella sapidità. L'evoluzione della bottiglia regala grandi soddisfazioni. È interessante il fatto che sia stato "costruito" per essere bevuto giovane e fresco, ma ha dimostrato una potenzialità di invecchiamento straordinaria, seppur non progettata, derivata dalle caratteristiche intrinseche del raccolto - dato che in cantina nulla viene aggiunto rispetto a ciò che arriva dal vigneto. Cinque o sei anni di bottiglia rendono questo Viognier morbido, arrotondato, complesso, con un colore che diviene quasi dorato: è un'evoluzione incredibile, perché questo è uno dei vitigni a bacca bianca con più tannino di buccia, quasi come lo Chardonnay, il che consente un aumento naturale di struttura e intensità.
Laccento, Ruchè di Castagnole Monferrato, 2020 Docg
(è stato abbinato con Riso con cacio, pepe del Madagascar e ricci di mare)
Questo è il vino più importante dell'azienda, una scommessa personale di Franco Morando e una sfida anche in famiglia. Sulla versione tradizionale del Ruchè, l'azienda ha scelto di dare maggiore importanza a livello tecnico enologico, diventando il primo produttore di Ruchè a studiare le curve di sovramaturazione, prendendo esempio dai vini della Valpolicella. Per rispettare il disciplinare di vinificazione che limita il residuo zuccherino a un massimo di 2 punti rispetto all'acidità totale, e tenendo conto della naturale bassa acidità del vitigno stesso, Montalbera ha studiato delle tecniche innovative di sovramaturazione direttamente in vigna: non sui graticci, ma con una vinificazione a secco, ottenendo un vino con un residuo zuccherino pari a zero (80% vendemmia in maturazione ottimale e 20% vendemmia leggera e sovramaturazione).
A partire dalla prima annata del 2006, questa etichetta ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti nonostante la difficoltà di essere compresa, specialmente all'estero, in quanto non essendo inclusa nella fascia del 45° parallelo non viene identificata nella sua qualità di vino semi-aromatico, ma superficialmente classificata come blend di minor valore, cosa sorprendente per un vino identitario di questo calibro, caldo piacevole ed estremamente delicato.
Limpronta Riserva, Ruchè di Castagnole Monferrato 2019 (Prima riserva assoluta)
(è stata abbinata a Filetto di vitello in crosta d’erbe con crema di rapa rossa, patata fondente e jus al ginepro)
Limpronta Riserva è la visione di un vino che possa confrontarsi coi mercati importanti, tanto che l'azienda è stata una delle più promotrici della modifica del disciplinare del Ruché, avvenuto nel 2013 al fine di preservarne il valore in assenza di corrette categorizzazioni che, specialmente all'estero, portavano ad abbassamenti totalmente fuorvianti dei voti sulla tipicità. L'intento, dal 2008, è dunque quello di sposare una visione commerciale internazionale, senza "snaturare" la peculiarità del Ruché "vino-frutto", ma anzi portandola all'estremo dell'eccellenza, senza alcun cambio di tecnica agronoma né di affinamento enologico. Dal punto di vista del naso, si perde un poco la nota floreale del Ruchè Accento, con le spezie e aromi che, anziché essere pungenti, divengono più caldi ed esotici, regalando una più ampia esperienza al palato arricchita di frutti rossi e ribes che evolvono in spezie orientali e pepe nero mantenendo al contempo morbidezza e rotondità straordinarie capace di dare soddisfazioni anche dopo una giacenza in cantina per anni.
Infine, la sorpresa de
Laccento IGA, Birra Chiara Artigianale, SA
(abbinata a strudel di mele con salsa alla vaniglia)
L'idea un po' inaspettata della birra arriva dal direttore commerciale Marco Griglio, che aveva preso l'abitudine di portare in cantina delle birre IPA da degustare alla fine delle giornate di lavoro, abitudine che accompagnava il personale anche durante i viaggi. Un giorno, andando in quel di Pinerolo, hanno conosciuto un produttore di birre basate sul mosto da vino: all'assaggio l'emozione è stata fortissima, seguita da una grande intuizione che in epoca post-pandemica è diventata realtà. Dopo diverse sperimentazioni di iniezione di mosto Ruché al massimo punto di fermentazione, è emersa una birra pannosa, sostanziosa ed elegante; non limpida, non pastorizzata, non filtrata, non sterilizzata (quindi contenente i lieviti originali), 9.5 gradi che però non si sentono e si affina dopo 15 giorni in bottiglia. Promossa in prima battuta come birra da pizza gourmet, è già molto apprezzata in Svizzera tedesca, ed è pronta per abbinamenti più complessi come la carne in agrodolce, alimenti speziati, crostacei, insalate amare o addirittura i dessert leggeri (come abbiamo avuto modo di sperimentare al nostro banchetto), con cui garantisce un'esperienza strepitosa e imperdibile!