L’Amarone cresce meno di altre denominazioni venete, ma in liena con i grandi rossi italiani. E soprattutto la sua crescita coincide con un importante aumento di fatturato. Lospiega il Consorzio Valpolicella che, alla vigilia dell’evento di presentazione alla stampa dell’ultima annata, snocciola alcuni dati interessanti da un’analisi di Wine Monitor Nel 2016, rispetto al 2015, l’export cresce del 3% , mentre sale del 5% il giro d’affari complessivo che supera i 300milioni di euro. L’export globale vale il 65% del fatturato, mentre l’Italia assorbe il restante 35%. Ma ancor più interessante è vedere dove vengono vendute queste bottiglie: pochissima la quota della GDO (solo il 3% anche se la tendenza è in forte crescita) mentre l’Horeca detiene il 25%. L’Amarone quindi viene privilegiato in un consumo al ristorante dove si conferma come uno dei vini più blasonati nella percezione comune (dietro solo al Barolo e alla pari del Brunello).
Altrettanto rilevante è il mutamento nel settore produttivo: negli ultimi dieci anni si sono fortemente contratte le aziende produttrici di uve a favore di chi chiude la filiera, anche grazie ad acquisizioni e accorpamenti. Un vino per grandi produttori? Non proprio: il 39% delle bottiglie è ancora prodotto da piccole aziende, che privilegiano canali di vendita come quella diretta.