La Notizia

“Quando abbiamo deciso di affidare a ditte esterne la preparazione dei pasti in scuole, caserme e ospedali, il cibo è diventato più sicuro, standardizzato e meno caro. Però ha perso la sua funzione di accudimento, quell’emozione che la cuoca come la mamma trasferiva all’interno dei piatti”. Sulla Stampa di oggi il foodteller Federico Francesco Ferrero racconta la sua esperienza all’interno di una scuola di Torino dove i ragazzi si lamentavano, più che della qualità del cibo, della mancanza della socialità legata all’atto del mangiare. “Con la scomparsa dei cuochi interni, sono svaniti i menu legati al mercato stagionale, le variazioni concesse a chi sapeva conquistarsi la simpatia del personale di cucina, la flessibilità nelle porzioni. le piccole invenzioni a fine pasto. E’ scomparsa cioè la sorpresa”. E con quest’ultima, i bambini rischiano di perdere una parte fondamentale della loro formazione al gusto e in futuro della loro memoria. Ma il far arrivare il cibo già pronto sulle tavole, senza capire che sia offerto da chi l’ha preparato, influisce anche sulla socialità: “Non potranno essere rassicurati a ogni boccone dalla sensazione di essere amati a tal punto che qualcuno ha preparato un pasto proprio per loro. E soprattutto da adulti - conclude Ferrero - penseranno che il cibo non si cucina ma semplicemente si acquista”. (Ottima provocazione Federico, che oggi giustamente viene richiamata sulla prima pagina della Stampa. Ma chi ci spiega come funziona il meccanismo delle mense, chi fa le procedure di appalto, etc?)