Ora che ci si avvicina speditamente alla fine del 2015, si dirà che finalmente i consumi son tornati. Con qualche distinguo evidentemente, che sarà talmente martellante che ad un certo punto farà pensare che non è vero niente. I professionisti della sfiga mica esistono per nulla: si autoalimentano gettando letame sull’asfalto, anziché nella terra nuda, dove magari si sviluppa un processo virtuoso. Ma tant’è, i dati di una certa fiducia sono diventati “sentiment” e persino in Usa dicono che sono tornati i libri di carta, mentre gli ebook hanno un segno meno.
Se posso dire, dal mio piccolo osservatorio di autore-editore, non era mai successo di vedere, due settimane prima di Natale, un proprio libro esaurito (Adesso, 366 giorni da vivere con gusto. ndr), così come assistere al successo insperato di una nuova guida nazionale ai ristoranti (il GattiMassobrio) che ha scalato le classifiche di Amazon posizionandosi assai bene a fianco di quelle storiche. Mai quanto il libro “Diventare Grill Master, la via italiana al barbecue”, che per sette mesi, da maggio ad oggi, è sempre rimasto fra i primi 20 libri venduti su Amazon. Cosa vuol dire tutto questo? Che c’è voglia di vivere, perché una guida alla casa (Adesso), ai ristoranti (GattiMassobrio), ai prodotti e ai negozi (IlGolosario) e al barbecue (Diventare Grill Master) non sono come un romanzo: mettono in atto un processo di azioni e di consumi, di coinvolgimento di altre persone che dicono che un certo meccanismo dell’economia ha ricominciato a muoversi.
Detto questo, fare il critico enogastronomico è il più bel mestiere del mondo. Ma non c’è bisogno di dirlo. Peccato che talvolta capiti di accettare un invito di cortesia, non in un ristorante (che sarebbe poco credibile), ma alla presentazione di una guida di un gruppo di professionisti. Succede quando esce la guida dei ristoranti della catena Charme e Relax, poi quelli de Le Soste, e una domenica sera prima di Natale, quelli dell’Euro Toques, l'Unione Europea dei Cuochi fondata da Gualtiero Marchesi (e qui notiamo che i ristoratori in alcuni casi si sovrappongono). Alle 18,30 arriviamo in tempo per una chiacchierata a prova di sbadiglio (a parte Gualtiero Marchesi che è sempre frizzante e interessante) su un palco con un tavolo dove chi parlava dava le spalle al pubblico. Un concentrato non di pomodoro, ma di luoghi comuni. Ci mancava solo che uno dicesse che il vino non è più alimento ma piacere e avremmo avuto l’armementario completo delle banalità enogastronomiche. Ma poi eccoci al momento più terribile: l’aperitivo. Beh avete presente l’apertivo degli sponsor, dove bisogna stare un po’ di tempo così si dà soddisfazione a tutti, anche se le ostriche sono finite e la quarta flute di Champagne è un po’ troppo... Vado ad assaggiare un Parmigiano che servono con l’aceto balsamico e dietro al tavolo ti dicono: “Bisognerebbe assaggiare prima l’aceto e poi abbinarlo”. Eccheccavolo! Dopo 30 anni di duro lavoro, fra poco 55 anni sulle spalle, cadi come su una buccia di passion fruit?
E così, una domenica sera alle 21, uno deve farsi redarguire perché non fa “la degustazione”. E se un essere umano che ha la sfortuna di fare questo cavolo di mestiere avesse anche fame? Si proprio una banilissima fame da pizzette? Già ma sono le 21 e si è ancora lì a cincischiare, col produttore di vino che ancora crede alla grande occasione, perché verrà servita una sua etichetta alla cena di gala...Vabbè. Facendo due calcoli, vedendo che il menu prevede cinque portate di chef bravissimi, che è come se fossero su un palco, alla fine, a malincuore, io e Marco Gatti ce ne andiamo: domani è lunedi e non possiamo compromettere una notte passata a digerire. Mangiare dopo le 10 di sera è un delitto, lo dovrebbero sapere i cuochi. Ma perché predicano bene (al convegno) e razzolano poi male, mettendo in scena le solite stanche forme della cena di gala?
Cari chef: dovete guardare a nuovi modelli, e possibilmente, in ambiti associativi (dove ci sono i giornalisti, magari inchiodati a un tavolo con colleghi che non sopportano), fare qualcosa che favorisca la relazione. Dai sforzatevi, magari senza pierre e strateghi della comunicazione e vedrete che con l’ingrediente cibo un qualcosa che favorisca la socializzazione c’è (e non sto parlando dell’estenuante aperitivo). Sennò, davvero, anche la più bella delle intenzioni naufraga nel già troppo.
E il resto è noia.