La mostarda fa parte di quel grande filone di preparazioni nate dall’ingegno popolare per superare il tempo e conservare gli alimenti altrimenti deperibili. Il suo uso ha origine infatti dalla necessità di conservare il cibo, sfruttando questa volta gli zuccheri del mosto, cotto e quindi concentrato, invece che il sale. La sua diffusione, però, curiosamente segue il corso del fiume Po piuttosto che quello delle colline del vino. Il motivo è già implicito nella sua storia: l’uso della frutta candita nel mosto speziato si fa risalire alla cucina dei Gonzaga.
I primi documenti che testimoniano la presenza di questa preparazione risalgono al Trecento e sono proprio relativi alla mensa dei signori di Mantova. E’ quindi facile immaginare come questa preparazione si sia radicata prima nell’areale mantovano per poi spostarsi nel ferrarese e seguire il corso del Po, da Cremona fino a Voghera. A distinguere però la mostarda dalle altre preparazioni a base di frutta è un elemento in particolare: la senape. Già il nome mostarda racconta la lunga storia di una sovrapposizione di significati. Il nome per alcuni deriva dal latino mustum ardens quindi piccante, per altri, più probabilmente, dal francese mout ardent diventato poi moutarde. In Inghilterra e Francia il termine mostarda (moutard) viene indicato proprio per identificare la senape (basti pensare alla celebre moutard de Dijon). La via italiana alla mostarda e alla sua distinzione dalla senape si deve invece a un illustre romano, Columella, che descrisse la senape, traducendola dal greco, come spezia in accompagnamento ai cibi lessi. Sicuramente il gusto della mostarda, l’agrodolce dell’utilizzo di aceto con gli zuccheri del mosto e la piccantezza della senape, riportano a un gusto antico, medioevale.
La stessa ricchezza di questa preparazione che sfruttava mosto concentrato (e in epoca più antica probabilmente miele) ci deve riportare a tavole ricche, dato che lo zucchero rimase a lungo un privilegio. Allora quando ci sarà l’esplosione delle mostarde? Probabilmente in coincidenza della democratizzazione dello zucchero, quindi in epoca più recente. Allo stesso modo la suddivisione delle mostarde su base locale risale a un’epoca più vicina, coincidente con l’arrivo dello zucchero raffinato sulle tavole degli italiani, nell’Ottocento. La mostarda assume così varie declinazioni. In Lombardia, storica patria della mostarda, a far la differenza è l’utilizzo di differenti tipi di frutta. La mostarda di Cremona, ad esempio, nasce per conservare la frutta prodotta a fine estate e in autunno. È quindi segnata da una grande varietà: zucca, anguria bianca, fichi, mele, pere ma anche ciliegie e scorza d’arancia. L’eccellenza della mostarda cremonese deriva proprio da questo processo di lavorazione diversificato dei diversi frutti così da conservare la croccantezza di ogni pezzo.
Un procedimento simile interessa anche la mostarda di Voghera. La mostarda sulla sponda mantovana è invece più simile a quella scovata dal filosofo Montaigne nel Seicento proprio nella bassa Padana, fatta con “mele cotonie”. In origine infatti è prodotta esclusivamente con mele, svuotate dei semi, tagliate e poste a macerare per almeno una notte nello sciroppo. Anche il resto d’Italia ha però la sua “mostarda” tornando all’accezione latina del termine, che ci riporta al significato originario di mosto. Sono le preparazioni a base di sapa, diffuse dalla Romagna a tutto il centro Italia. Non bisogna poi dimenticare che una delle prime attestazioni della mostarda si deve all’inglese William Archibald Cadell che individuò questo speciale condimento a base di frutta tra le specialità fiorentine. Un colpo di mano mediceo sulla cucina gonzaghesca? Non proprio. Una delle leggende più antica sulla nascita di questa preparazione si rifà alla disattenzione di un garzone che lasciò cadere una fetta di melone in un otre di miele che lo conservò alla perfezione.
E il melone non può che ricondurci ancora una volta al territorio mantovano. Alla mostarda il territorio lombardo è così affezionato da dedicargli addirittura un festival, che partirà il prossimo fine settimana da Cremona (sabato) e Mantova (domenica). Proprio nella città dei Gonzaga dalle ore 15.00 presso la Loggia del Grano della Camera di Commercio, sarà aperta un'area degustazione in cui numerosi produttori offriranno diversi tipi di mostarda in abbinamento ai prodotti tipici del territorio. Nel cuore del festival, a partire dalle 17.00, prenderà avvio il talk show condotto da Paolo Massobrio, con focus su tradizione e sperimentazione in cucina che vedrà tra gli ospiti gli chef Romano Tamani e Giampietro Ferri, le produttrici Paola Calciolari e Enrica Orsini, la nutrizionista Sara Cordara e il giornalista e storico Fabio Molinari. La conclusione in musica sarà affidata al cantante Omar Pedrini, che si esibirà in una performance canora insieme al duo lirico Cristina Bovati e Massimiliano Belotti.
La mostarda sarà anche protagonista a Golosaria con la presenza di una importante rappresentanza di espositori: Leccornie Doc di Pandino (Cr), Gastronomia Contini 2.0 di Cremona, Loghino Vittoria di Gazoldo degli Ippoliti (Mn), Mostarda Luccini di Cicognolo (Cr), Stroppa Emilio di Pumenengo (Bg), Amarcord di Goito (Mn), Agriturismo le Caselle di San Giacomo delle Segnate (Mn). Queste mostarde saranno anche utilizzate da sole o in purezza in laboratori e showcooking dedicati.