Il trattato sul libero scambio non piace agli americani. Lo rivelano i documenti “riservati” ottenuti dal braccio olandese dell’associazione ecologista Greenpeace, che ieri li ha pubblicati su un sito appositamente creato e dal nome inconfutabile, TTP-leaks.org. In 248 pagine suddivise in 13 capitoli, l’associazione ambientalista spiega che il negoziato sul libero mercato intrapreso da Europa e Stati Uniti procederebbe a rilento per via delle forti pressioni applicate dalle lobby americane, con richieste (e imposizioni) in molti casi indigeste agli europei. Tra queste: consultazioni preventive con le industrie USA nel caso di nuove norme Ue che potrebbero riguardarle; ritorno ai test cosmetici sugli animali (aboliti in Europa dopo una dura lotta nel 2013); possibilità di introdurre gli Ogm; standard meno rigidi nell’uso dei pesticidi e in materia di sicurezza alimentare, ma soprattutto addio ai marchi d’origine. Per la responsabile del negoziato, la liberale svedese Cecilia Malmstrom: “Le richieste pubblicate non sono la base di nessun accordo”, mentre il direttore di Greenpeace, Jorgo Riss: “Occorre evitare che arrivi a un compromesso che spiani la strada a una gara al ribasso degli standard ambientali, di salute e tutela dei consumatori”. (La Repubblica) @ Ma di questo si parla anche su Libero, dove Attilio Barbieri interviene tracciando un’analisi degli aspetti più controversi del negoziato come la “Legalizzazione implicita dei tarocchi made in Usa”, con ovvie ripercussioni sui prodotti simbolo del made in Italy; Federico Rampini sostiene invece che anche l’America, “Culla del neoliberismo” sia assalita dai dubbi, come dimostrato dal fatto che nell’ultima campagna presidenziale nessun candidato abbia osato difendere i trattati di libero scambio. E mentre il chief exectuve del Transatlantic business council Tim Bennet sostiene che: “Se il TTIP riuscisse a uniformare le norme, le esportazioni aumenterebbero, così come quelle dell’industria europea”, per l’imprenditrice torinese con delega all’internazionalizzazione di Confindustria Licia Mattioli: “Dal trattato transatlantico si possono avere grandi vantaggi, come imprese italiane. Ma sulle tutele e sugli standard comuni l’Europa non deve cedere”. (Libero)