Per i cinefili, e ancor più per gli amanti di Fantozzi, il nome Ballor fa rima con Prunella. Ricordate la scena del Secondo tragico Fantozzi, quando Fantozzi, il ragionier Filini e il geometra Calboni si ritrovano al night e Filini estrae una bottiglia di Prunella Ballor portata da casa? “Ma che dite, ci portiamo i cibi cotti da casa? Ci porti tre scotches, grazie!” è la pronta reazione di Calboni, incipit di una serata che ovviamente finì tragicamente.
Ma Ballor non ha nulla di fantozziano, come marchio. Anzi, fu una di quelle case che contribuì al mito del vermouth. Fondata a Torino nel 1856 da Paul Ballor, Henry Freund ed Emilie Roussette, era un'azienda all'avanguardia, che spostò ben presto la sede a Cambiano, lungo la tratta ferroviaria che collegava Torino a Genova, per essere più veloci nel trasporto delle merci e accrescere lo sviluppo commerciale. La produzione allora non annoverava solo il vermouth, ma anche amaro, gin, cognac e vino chinato. Con ottimi risultati, amata da Casa Savoia e pluripremiata nelle esposizioni universali in Italia e all'estero.
Dopo qualche anno di oblio, il marchio è tornato quest'anno sul mercato, rilevato dalla famiglia Bonollo di Padova, e il rilancio è iniziato con il debutto di due nuovi prodotti premium: il Vermouth di Paul e il Gin di Emilie.
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Ci siamo innamorati della storia di questo marchio, ci riconosciamo nell'entusiasmo dei suoi fondatori, che ritroviamo nella storia della nostra famiglia, che non ha mai perso la passione per il prodotto – racconta
Elvio Bonollo (nella foto sopra), Responsabile marketing e relazioni esterne Distillerie Bonollo Umberto Spa -.
Siamo ripartiti da quelli che erano i prodotti per loro centrali, il vermouth in primis e quindi il gin. Un lavoro sfidante nel quale abbiamo voluto far convivere i tratti fondanti del marchio con elementi di contemporaneità”.
Il
Vermouth Ballor ha parecchi elementi di distinzione. Dalla raccolta delle erbe nel loro miglior tempo balsamico, ovvero quando le erbe raggiungono il picco aromatico, alla macerazione statica a freddo prolungata per un mese, affinché le 30 piante trovino la giusta estrazione aromatica, fino all'infusione a due fasi - più alcolica per estrarre le componenti aromatiche, meno alcolica per estrarre il gusto amaro dalle erbe – e la torchiatura soffice. Nasce così un prodotto intenso, dalle spalle larghe, ma con un sottofondo amaro evidente, che non lascia spazio all'anonimato. Vivaci anche le note speziate - chiodi di garofano e cannella soprattutto - e i sentori fruttati di dattero. Un vermouth antico e moderno al tempo stesso, piuttosto peculiare.
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Non abbiamo stravolto il prodotto, ma lo abbiamo adattato ai tempi. La nostra esperienza liquoristica ci ha permesso di lavorare la ricetta, volevamo dare un'impronta particolare e distintiva. Siamo soddisfatti del quadro raggiunto, complesso ma molto equilibrato, di grande piacevolezza e persistenza”.
Il
gin, invece, percorre una strada molto solare, C'è tutta la freschezza del Mediterraneo nell'uso di botaniche come le scorze di arancio, il bergamotto (evidentissimo), il mandarino e il pompelmo rosa, oltre a timo, basilico e menta. “
Attraverso Gin Ballor ripercorriamo i viaggi di Emilie Roussette attraverso la penisola italiana quando dal Piemonte, durante i mesi invernali, soggiornava da cari amici in Sicilia o Calabria per svernare. Era lì che si immergeva tra i profumi della macchia spontanea mediterranea e dei vivaci e dolci profumi agrumati".
Un gin intrigante, perfetto per un
gin tonic sbarazzino e piacione, ma che non disdegna l'utilizzo in purezza. “
La dicotomia tra consumo in purezza e mixology secondo noi è qualcosa di anacronistico – conclude Elvio Bonollo -.
O perlomeno una semplificazione. Se il prodotto è di qualità può prestarsi ad entrambe le modalità di consumo, e sempre più ci accorgiamo dell'interazione tra la mixology e il consumo in purezza, in un boost che rafforza entrambi”.