"Una grande quercia con radici diffuse, profonde e forti come lo sono stati i suoi principi e le sue azioni".
Poche parole che fanno parte dell'orazione funebre pronunciata da Don Gigi Gavazza il 22 gennaio 1991 durante le esequie di Paolo Desana, l'architetto delle Doc e del sistema di tutela e valorizzazione del vino che ancora oggi non soltanto utilizziamo, ma risulta per molti versi all'avanguardia.
Questa immagine della quercia che si allarga con le sue radici è ancor più bella se confrontata con il lavoro del senatore piemontese che non solo promosse la legge sulle denominazioni d'origine ma ne curò l'attuazione per oltre due decenni. Questo significa che i numeri mirabolanti che ancora oggi possiamo sostenere a tutela della biodiversità della vigna italiana sono anche frutto di quel lungo lavoro che ha permesso il passaggio da una viticoltura di sussistenza - se si eccettuano alcune realtà virtuose - orientata quasi tutta allo sfuso e all'au
toconsumo a una cultura del vino che diventa anche un motore economico fondamentale nel Paese.
Fin qui però solo un aspetto della vita di Desana, il più conosciuto. L'altro meno conosciuto - e questa la novità del bel libro edito da edizioni Remedios - emerge chiaramente fin dal sottotitolo: "Storia di due vite tra lager e vini Doc". Andrea Desana infatti mette in luce l'avventura del venticinquenne ufficiale italiano all'alba dell'8 settembre del 1943 quando coraggiosamente insieme ad altri 650mila giovani soldati italiani decide di dire "No!" al nazifascismo e subire le torture e le umiliazioni del lager pur di non aderire agli eserciti repubblichini.