“Il nostro obiettivo è fare vini equilibrati ed eleganti, tutti: dai bianchi ai Dogliani, al Barolo. E per questo ogni anno studiamo nuove soluzioni, ci confrontiamo, puntiamo a nuovi traguardi”.
Così Matteo Sardagna Einaudi, quarta generazione alla guida di Poderi Einaudi, e oggi guida sicura di questa cantina che nel 2022 taglia il prestigioso traguardo dei 125 anni di storia. Ha le idee chiare. Da quando ha preso il timone, stella polare della sua azione, l’eleganza. E la degustazione dei vini che portano la sua firma, fanno dire, obiettivo raggiunto.
Oggi l’azienda conta su 150 ettari di proprietà, di cui 63 vitati, con vigne nei territori dove nascono le uve più nobili del Piemonte, dolcetto a Dogliani, nebbiolo nei cru Terlo, Cannubi, Bussia e Monvigliero, ancora nebbiolo in zona Barbaresco, a Neive. Per quanto riguarda i corpi vitati, tre quelli nel territorio di Dogliani.
Il primo, acquistato nel 1897 da Luigi Einaudi, è legato alla settecentesca villa San Giacomo, che è circondata da 10 ettari di vigna, ed è residenza privata della famiglia. Il secondo, acquisito nel 1923, comprende quei Vigneti San Luigi, che, da sempre, sono ritenuta zona ideale per il dolcetto. Ultimo, ma non ultimo per la sua particolare vocazione a una produzione di pregio, Vigneto Madonna delle Grazie, un appezzamento di 4 ettari su una collina che svetta sulle altre e che accoglie alcuni dei filari più longevi impiantati nel 1937. La collina del vigneto Madonna delle Grazie, peraltro, è il cuore operativo dei Poderi, visto che vi hanno sede la cantina e il Relais che ha preso il posto dell’antica casa di vacanza degli Einaudi.
Come dicevamo, quest’anno ricorre il
125° anniversario di questa storica azienda, fondata nel 1897 da Luigi Einaudi, primo Presidente della Repubblica eletto. Per onorare questa data importante, la
prima iniziativa è legata proprio a Dogliani e al dolcetto, territorio e uve cui la cantina è da sempre particolarmente legata. Si tratta di un’edizione speciale dei suoi vini Dogliani DOCG, per la cui valorizzazione è stato scelto il linguaggio della musica.
Ludovico Einaudi, famoso compositore e nipote del fondatore, ha composto e dedicato al Dogliani una sinfonia inedita,
“Ascolta Dogliani”, un viaggio emozionale nell’armonia dei Poderi. L’omaggio ai consumatori, consiste nel fatto che le note sono racchiuse in un QR-code impresso su tutte le retro – etichette delle bottiglie di Dogliani 2021 e di Dogliani Superiore Tecc 2020, così che, calice in mano, è sufficiente fare una scansione con lo smartphone per gustare anche la musica.
Per quanto riguarda il
Dogliani Docg 2021 ha colore rosso rubino luminoso, profumi floreali di violetta, note intense di frutta rossa, sentori di piccoli frutti, tra cui spiccano lampone e ribes, susina, mentre al palato ha sorso di grande piacevolezza, con finale di buona lunghezza e raffinato retrogusto di mandorla.
Fuori della zona di Dogliani Matteo Sardagna può contare su cinque appezzamenti, acquisiti per ampliare l’orizzonte produttivo della proprietà, affiancando ai migliori terroir di Dogliani, alcuni gioielli enologici del territorio del Barolo e del Barbaresco. Nella denominazione di Barolo ci sono Terlo, Cannubi, Bussia e Monvigliero. Nel Barbaresco la vigna Bric Micca.
Ora, tra i vini che abbiano degustato, di bella personalità il
Barolo Ludo 2018. Con nome che evoca il gioco, una dimensione giocosa, in verità, nascendo da uve di Terlo, Cannubi e Bussia, è Barolo classico, dal timbro aristocratico. Dopo vinificazione in cemento con una macerazione di oltre 25 giorni a temperatura controllata, maturazione in botti da 50 hl e lungo riposo in bottiglia, nel bicchiere ha colore granato caratteristico, naso dove frutta rossa e spezie si susseguono con eleganza, grande corpo e finale lungo.
Nostro autentico
coup de coeur – dalla celeberrima collina di Cannubi, dove Poderi Luigi Einaudi ha due ettari, a 220 m. sul livello del mare, esposti a Sud e Sud-Est, con terreni composti da marne grigio – biancastre di Sant’Agata e ricchi di sabbia — il
Barolo Cannubi. Nel
millesimo 2018 ha colore rosso granato con riflessi aranciati, naso emozionante dove alla viola e alla marasca, alla mora e alla fragolina di bosco, si alternano elegantissime note balsamiche e di spezie dolci, con sentori di menta e cannella. Mentre al palato il vino si distende con somma eleganza, grazie alla grande struttura bilanciata da piacevole nota minerale, per un finale lunghissimo.
Dal grande potenziale, e a cui gioverà l’invecchiamento, premiando chi resisterà dal berlo subito, il
Barolo Bussia 2018, dal comune di Monforte d’Alba, dove l’azienda ha quattro ettari sulla parte centrale e “soprana” della collina di Bussia, a circa 350 slm. Dal colore rubino intenso, ha profumi di rosa e viola, lampone, melograno, note balsamiche e speziate di pepe, mentre al palato svela la componente minerale del terreno con tannini netti, marcata sapidità, lunga persistenza.
Se, come dicevamo in apertura, al Dogliani, vino storico e “di famiglia” è stato affidato il compito di portare la gioia dei festeggiamenti per i 125 anni a quante più persone possibile con il linguaggio della musica. Per il mondo del Barolo invece è
Matteo Sardagna Einaudi che ha scelto di raccontare qualcosa di sé. Appassionato di arte contemporanea, sensibilità che si è intrecciata alla viticoltura. Da collezionista d’arte e appassionato di vino qual è, ha deciso di fare del
Barolo Monvigliero, il più giovane della famiglia, il punto di incontro tra storia e futuro, tra tradizione e contemporaneità, tra pensiero e azione. Ecco perché, Monvigliero, alla sua prima annata si presenta con un vestito diverso dalla “divisa” dei Poderi Luigi Einaudi, ovvero con un’etichetta d’arte.
“L’intento – ha detto Matteo Sardagna Einaudi presentando il nuovo cru –
è mettere l’accento sull’evoluzione dell’azienda e anche sulla nostra ricerca costante di singole identità di terroir. L’arte visiva, come la musica, è un codice universale che tocca le note più profonde dell’anima e trasporta altrove. Proprio come un grande vino è capace di attraversare tempo, spazio, emozioni. Ho scelto Monvigliero perché è al suo debutto. Questo giovane Barolo prende il testimone della storia ed è il simbolo di un percorso potenzialmente infinito”.
A interpretare l’identità di Monvigliero è stato chiamato
Stefano Arienti, artista mantovano di fama internazionale, dal cui tratto immaginifico è scaturito il profilo di un etereo cavallo. L’opera, che si intitola
“Cavalli su colonne, omaggio a Giulio Romano (2021)”, è stata creata in 10 diverse declinazioni e sarà riprodotta sull’intera tiratura di 8.500 bottiglie, mentre ad un’edizione limitata di sole 250 Magnum sarà riservata una riproduzione numerata e autografata.
Il vino?
Barolo Monvigliero 2018, che nasce da uve di un terreno di un ettaro e mezzo, situato all’estremo nord della denominazione, nel comune di Verduno, voluto da Matteo nel 2017 per i suoi suoli profondi, per l’altitudine (400 metri slm) e la sua esposizione, interamente rivolta a sud. Nel bicchiere sorprende per il suo essere profumato, intenso, verticale, presentandosi con veste rubina intensa, luminosa, naso con note floreali di viola, e fruttate di ciliegia, lampone e scorza d’arancia, sentori balsamici e speziati, con toni di polvere di cacao e cannella, mentre al palato è ampio, di spiccata mineralità, con sorso dinamico e dalla tessitura elegante.
Con la famiglia Einaudi, diciamo, “Benvenuto Monvigliero”!