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Cronache di un press tour pieno di novità

03.06.2019

Ne ho fatti pochissimi di press tour in 34 anni di attività, ma tuttavia mi rendo conto che sono essenziali per avere qualcosa di memorabile a cui agganciarsi nel dipanarsi del proprio racconto. A me i press tour hanno sempre dato fastidio per due motivi: sembra qualcosa di pre confezionato e poi chi ti trovi in viaggio? Giornalisti saccenti fino all’antipatia? Capita, ma a me, nei pochi casi dove ho accettato, è sempre andata benissimo. Ancora più questa volta dove i nove compagni di viaggio (Giambattista Marchetto, Enzo Radunanza, Patrizia Cantini, Simone Roveda, Francesca Romana Mezzadri, Paolo Alciati, Roberta Perna, Luciana Squadrilli, Laura Cesarotti) erano a dir poco fantastici e subito abbiamo fatto squadra, col patto mai scritto che ognuno conservasse in cuor proprio le preferenze. La scorza di diffidenza reciproca si è rotta dopo la prima tappa, a visitare il bel borgo di Città dell’Angelo dove un paio dei nostri sembravano voler subito azzannare una porchetta servita al mercato del paese (ehi ragazzi, ma come ci arriviamo a sera?).
L’altra aggravante del press tour è la visita alle cantine, dove i produttori si attardano sempre troppo (fra botti di legno, acciaio e linea di imbottigliamento). E qui, rischiando l’antipatia generale ho cercato subito di tagliare corto per metterci al tavolo di degustazione.

Prima cantina, due fratelli medici, con una volitiva nipote, che portano avanti l’azienda Barone di Valforte: una bella novità. Ricorderò il loro Cerasuolo d’Abruzzo che aveva un profumo intenso di lampone, anche se il vino top sarà il Montepulciano d’Abruzzo bio, che aveva note macerate di prugna e qualche accenno di caffè. Un vino giustamente tannico, elegante che poi è il leit motiv di tutta la gamma. Bravi! Pranzo nella loro villa di famiglia, solenne, con un piatto di chitarrine perfetto e l’agnello.

 
 


Tappa intermedia all’azienda Contesa di Collecorvino. E qui il patron Rocco Pasetti ci ha messi in una situazione imbarazzante: non volevamo più venir via. Un po’ perché ad un certo punto è scesa una bomba d’acqua con grandine, ma soprattutto per la stoffa dei vini (e dove avrà preso quel formaggio pecorino da andare giù di testa?). Il figlio di Rocco è un tipo tosto: ha le idee molto chiare e mi ha colpito quando ha detto che Gianni Masciarelli in fondo ha aperto una strada. Voti altissimi a tutti i vini, ma soprattutto al Pecorino 2015 che era un immenso tuffo nei frutti esotici, rotondo, equilibrato, intrigante. Ottimo e di medesimo equilibrio il Ceresuolo, eccezionali il Montepulciano “Chiedi alla polvere” 2015 e 2013, dove senti l’incenso dei grandi vini, i tannini ancora verdi che vanno ad equilibrarsi. Il 2015 ancora in divenire, il 2013 elegantissimo. Ma a dire il vero a me è piaciuto anche il Pecorino 2017, mentre quello denominato “Aspetta la Primavera” era ancora allappante. Che stoffa questi vini!



 


Ultima tappa da Filomusi Guelfi di Tocco di Casauria, dove i vini andranno riassaggiati fra qualche anno. Alla buona volontà del giovane patron vogliamo dare tempo, senza fretta: la materia prima non può tradire. Cena ghiotta con una porchetta esemplare e soprattutto con il Parrozzo d’Abruzzo a chiudere.

 

Alla sera ci siamo ritrovati in albergo, ma anziché andare a dormire, il nostro gruppetto s’è ritrovato a bersi un whisky: ormai siamo una sola cosa e l’inesauribile vena di spararla più grossa ha toccato la mezzanotte. Sono arrivati anche gli altri italiani, ma solo due o tre si sono aggregati a noi. Vabbè, siamo stati fortunati, mettiamola così.

Il giorno dopo eccoci a visitare la bella Abbazia di Santa Maria d’Arabona, con tanto di salita sulla torre campanaria, dopo aver convinto il parroco. Siamo nel comune di Manoppello, famoso per il volto santo di Cristo (il velo della Veronica pare) custodito nella cattedrale.



E subito dopo, Wow!: visita alla cantina Marramiero, uno dei grandi dell’enologia abruzzese a mio avviso, che ci ha dato conferma. Il patron Enrico Marraniero è stato esemplare nella sua disponibilità.

 
L’azienda ha avuto un restyling felice, segno che l’enoturismo è una carta vincente. Bellissimo il giardino di fronte, di moderna tecnologia la cantina, curioso il via vai dal loro wineshop di gente che si approvvigionava di bag in box (lo voglio anch’io!). Al momento della degustazione, prima del pranzo, Enrico ci ha chiesto quanti vini volevamo assaggiare: “Illimitati” è stata la mia risposta che mi è valsa la carica ufficiale di Portavoce del gruppo autogestito.
Be', qui la degustazione è stata uno spettacolo, che ha confermato tante cose. La crescita del fenomeno Pecorino, ormai riconosciuto a livello internazionale (una tempesta perfetta, nel senso del marketing, che sta funzionando bene), ma anche la grandezza del Trebbiano d’Abruzzo e la grande attesa per l’exploit del Cerasuolo. Fantastici i brut, da chardonnay e pinot nero, compresa la versione rosé. Fragranze di crosta di pane ed eleganza lunghissima, anche grazie ai 50 mesi sui lieviti. In questa cantina credono molto nell’uso della barrique e a dire il vero ci sanno fare. Il Trebbiano d’Abruzzo Anima 2018 è subito accattivante, meglio il Pecorino 2018 dal colore giallo oro carico. Ma poi arriva il Trebbiano “Altare” 2015 e le preferenze si ribaltano: note ficcanti di acidità. Fanno anche uno Chardonnay 2016 che non è niente male, decisamente carico e galoppante. Il lampone del Cerasuolo lo ritroviamo nella Dama 2018 piacevolmente equilibrato, meglio del Montepulciano Dama 2017. Ma poi arriva il Montepulciano d’Abruzzo Incanto 2016 e la preferenza si ribalta riportandoci a quella che io chiamo la qualità oggettiva del Montepulciano. Si sale con il Montepulciano d’Abruzzo Inferi 2015 (Terre dei Vestini) dove si esalta la marasca, ma arrivano anche le note di caffè, tabacco e cioccolato, descrittori dei grandi vini. Voli altissimi per la riserva Dante 2008, dedicata al padre, che ha un’ampiezza esaltante.
A pranzo escono due magnum, una di Montepulciano Inferi 1998 e una di Trebbiano Anima 2001. E qui sì, siamo alla perfezione. Che bella esperienza!
A tavola naturalmente, le pallotte cacio e ove e una serie di sfiziosità degne della migliore accoglienza abruzzese.

 

Il tour è poi proseguito in una villa dove erano radunati una cinquantina di produttori. E prima di immergerci negli arrosticini e nella cucina della Grotta di Raselli di Guardiagrele (grandissimi),


nei salumi della Genuina e nei formaggi di Gianpiero De Vitis, un assaggio libero dove mi sono imbattuto in alcune cantine che presto faranno parlare di sé: Stefania Pepe, figlia di tanto padre; Tilli, azienda biologica di Casoli, Fattoria Nicodemi; Ferzo; Fontefico (molto bravo) e poi la sorpresa di Nic Tartaglia (sarà famoso).
Fra i classici della mia predilezione, Zaccagnini, Torre dei Beati, I Fauri, Citra e infine Ciavolich i cui vini (compreso un Cerasuolo in anfora) abbiamo assaggiato a pranzo all’Ottimo Mastro di Pescara. Ho anche conosciuto gli autori di un vino che premieremo a Golosaria: Fattoria Buccicatino. Ci avevamo visto bene!

 
 
 
 

Il press tour è terminato venerdì con un convegno moderato dal sottoscritto sui nuovi linguaggi della comunicazione. Ma questa è già un’altra storia.

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