Acqua, cereali, verdure, lattoderivati e (poche) carni. La prevenzione a tavola ha diversi livelli. Con una “sezione aurea” di quantità e frequenza, misurata costantemente dalla scienza, che rende sostenibile questa ideale piramide alimentare. Elena Dogliotti è una ricercatrice nutrizionista che lavora con la Fondazione Veronesi. Nell’incontro organizzato mercoledì in collaborazione con Lauretana a Biella (“Ma ce ne saranno altri, in altre zone d’Italia” ha rivelato il presidente dell’azienda biellese Vietti) ha illustrato la misura della prevenzione a tavola. Ecco le direttive principali:
• acqua: l’idratazione è fondamentale. In media 2 litri al giorno ben distribuiti nell’arco della giornata. L’idratazione ottimale va modulata sulla base di ciascuno, considerando ad esempio che per alcune patologie, come quelle legate alla diuresi, spesso c’è bisogno di un’idratazione suppletiva;
• frutta e verdura: sono la base della prevenzione a tavola. Da consumare in cinque porzioni al giorno;
• cereali: sono altrettanto fondamentali. Si possono consumare 1 o 2 porzioni quotidiane;
• latte e lattoderivati (in particolare yogurt e formaggi freschi): 2 o 3 porzioni la giorno equivalenti a circa 125 ml di latte o 200 grammi di formaggio fresco. Per il formaggio stagionato la quantità si riduce a 50 grammi la settimana
• frutta secca: 1 o 2 porzioni al giorno, grazie all’apporto di acidi grassi essenziali;
• olio extravergine di oliva: da preferire a grassi di origine animale
• meno sale e più spezie
Per quanto riguarda la porzione proteica non dovrebbe costituire più del 15 / 20% dell’apporto complessivo settimanale, equamente distribuita tra proteine di origine animale e vegetale. Da declinare in carni bianche (1 o 2 la settimana), 2 o più di pesce, non oltre 4 uova (considerate anche quelle utilizzate nelle altre preparazioni) e 2 o più porzioni di legumi. Per la carne rossa si suggerisce un consumo sporadico, non più di una volta la settimana, riducendo il più possibile le carni lavorate (come gli insaccati) e affumicate. E’ quanto detto dall’Oms, che recentemente ha scatenato feroci polemiche? Si, con una importante precisazione. Non si parla di un livello di cancerogenità ma dell’attendibilità degli studi statistici che correlano consumo e aumento del rischio. Anche in questo caso, la regola d’oro è il buon senso (nel comunicare e nel leggere le notizie)