Nel 2024, questa realtà agricola e olivicola adagiata in un contesto paesaggistico da togliere il fiato, compirà il suo primo secolo di vita. Siamo tra le dolci colline pescaresi che cingono il borgo di Città Sant’Angelo, definito dalla prestigiosa rivista Forbes “Uno dei 10 luoghi al mondo dove vivere”.
Percorso in auto un breve tratto di strada sterrata che taglia a metà l’anfiteatro di uliveti, si raggiunge il frantoio FORCELLA dei fratelli Iannetti: Giovanni, medico a Pescara, e Paolo, ingegnere. I terreni di famiglia, secondo alcuni documenti, risultano attivi sin dalla metà del ‘600, ma è dal 1924 che ci si dedica all’olivicoltura.
Procedendo ancora per un breve tratto a piedi in salita, si raggiunge la parte estrema e più suggestiva dell’uliveto, dedicata alla cultivar autoctona Intosso, da dove lo sguardo volge al mare Adriatico. Ma non bisogna distrarsi perché, a ridosso degli ulivi, fanno capolino anche dorati campi di grano – di loro proprietà – dove sono a dimora due tra le varietà più eccellenti del nostro Paese,
Senatore Cappelli e
San Carlo. Poi, capirete il perché.
Ma torniamo agli uliveti; oltre ai
cinque ettari di Città Sant’Angelo, dei quali tre condotti in regime biologico, ne troviamo altri sei a
Loreto Aprutino, sui primi rilievi a ridosso del Gran Sasso, e tre a
Picciano, altro borgo del pescarese adagiato su un'altura alla destra del fiume Fino. Il totale delle piante supera le 4 mila unità, e accanto alla
cultivar Intosso, sono coltivate anche
dritta, leccino, leccio del corno e frantoio. A curare terreni e piante, dalle potature alla raccolta cadenzata ad inizio ottobre, due giovani del luogo, Antonello e Michela, studentessa in agraria ed enologia, che ci hanno accompagnato durante la visita.
La molitura delle olive avviene a ciclo continuo e nelle vasche inox si utilizza l’azoto per preservare il prodotto nel tempo ed eliminare le impurità. Top di gamma, l’
Evo monocultivar Intosso, il cui nome deriva dal fatto che, per poter essere mangiate, le olive dovevano essere addolcite, ovvero “ndosse, curate nel ranno e poi nell’acqua pura”, come spiegava il glottologo Gennaro Finamore nel Vocabolario Abruzzese del 1880. È uno straordinario extravergine, assai deciso e armonico, con forti note amare e piccanti. Complesso e intenso il bouquet di aromi, con evidenti note vegetali. Sul podio, anche gli altri due monocultivar: il
Leccio del Corno, un fruttato medio con belle note vegetali e mandorlate, e il
Dritta, dove emergono i piacevoli sentori di pomodoro e di mandorla dolce sul finale, con bell’equilibrio amaro-piccante.
Di qualità eccelsa, il
Dop Aprutino Pescarese, blend di Dritta, Leccino e Intosso, che rivela sentori di cardo selvatico e piacevoli e fresche note erbacee.
Le prime due varietà di quest’ultimo, sono alla base, invece, dell’
olio Evo “Biologico” di casa Iannetti.
Eravamo rimasti fermi ai
campi di grano Senatore Cappelli e San Carlo. Già, perché da qualche tempo, qui, forti della solida tradizione abruzzese in fatto di pasta artigianale, e con la semola ottenuta dalle due varietà citate, si è dato vita anche ad una
produzione di pasta di alta gamma e a filiera controllata, ottenuta con essicazione lenta e a bassa temperatura. Due i formati proposti,
caserecci e linguine, confezionate in eleganti pacchetti di color bronzo. L’intera gamma, con i vari formati di bottiglie di olio Evo – ma anche in latta e in bag in box, potrete acquistarla sul loro
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