Sartarelli e sostenibilità

Sartarelli.ZERO è il nuovo progetto dell'azienda di Poggio San Marcello

14.04.2020

Sostenibilità e Sartarelli come comun denominatore hanno una lettera, la “S”, che oramai è simbolo inconfondibile di questa realtà vitivinicola di Poggio San Marcello (An), le cui radici risalgono al 1972, anno in cui Ferruccio Sartarelli decide di puntare sulla produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi. 

Le Marche sono sicuramente l’espressione massima per questo vitigno, eppure come ogni grande vino, quest’ultimo non sarebbe tale senza l’uomo e la sua visione. E in questo caso è una visione che ha preso forma circa sette anni fa, quando la famiglia ha deciso di intraprendere un percorso di ricerca e sviluppo in vigna tale da ottenere prodotti sani ed ecofriendly. Ambiente e consumatore sullo stesso piano.

Ora questa azienda è nel cuore del Golosario, non solo per i riconoscimenti che hanno ottenuto i vini, a cominciare dal Verdicchio di Jesi Tralivio con la sublimazione del Balciana, ma anche per le ripetute visite di Paolo Massobrio che ha visto coi suoi occhi crescere l’azienda, che dà su un anfiteatro di vigne molto suggestivo, mentre nella sala superiore allo shop è allestito un museo della memoria contadina. Ma oggi siamo ancora oltre.

Sartarelli.ZERO è un progetto certificato con la vendemmia 2019 che prevede, come punto focale, la gestione dei vigneti tramite gli “induttori di resistenza”, ovvero quei prodotti naturali e quelle tecnologie che non portano nel vino alcun residuo di molecole chimiche di sintesi. Concretamente, nella prima fase vegetativa della pianta vengono utilizzati fitofarmaci e solo successivamente, durante l’allegagione, vengono applicati tali induttori: derivati da erbe e lieviti questi simulano “un attacco” alla pianta e la vite, ingannata, produce una reazione di autodifesa. 
Fondamentale è comprendere che le piante possiedono una “memoria difensiva” simile al sistema immunitario animale che gli permette di riconoscere un patogeno già affrontato e reagire quindi di conseguenza; per cui la vite non viene curata tramite gli induttori, ma viene stimolata a difendersi, contrariamente a quanto avviene con i prodotti fitosanitari convenzionali. Questo processo, indispensabile e molto delicato, è uno dei fattori che stanno a  ricordarci quanto “viva” sia la pianta e quanto importante sia che il vino rimanga “vegeto”, salutare.

Terroir, microclima e uva non potranno che beneficiare dei risultati ottenuti: grappoli sani e ricchi di antiossidanti naturali, fermentazioni regolari e residui chimici dello 0,001 mg/kg.  Sartarelli.ZERO - procedura certificata da RINA AGROQ - ha in primis lo scopo di evitare l’insorgere delle due malattie forse più note, la peronospora e l’oidio.  

Patrizio, Caterina e Tommaso Sartarelli credono fermamente in questo progetto. Con una storia solida alle spalle e con vini di qualità indiscussa hanno deciso di rischiare tenendo fede alla filosofia che da sempre li caratterizza, ovvero che nessun elemento in azienda è più importante di altri. E la natura è un membro a tutti gli effetti.
Parlarne oggi, in questo momento di difficoltà e insicurezze, è ancora più importante e non fa altro che aumentare il valore – filosofico, economico e umano – di questa iniziativa. 
Il dramma che stiamo vivendo è forse un campanello di allarme che risveglia il grande dialogo tra la natura e l’uomo, della dipendenza reciproca che vige in modo costante e, a volte, sopito. Noi possiamo “ferire” la terra e lei, a sua volta, può mettere in ginocchio noi.

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