Scoprire una carrellata di sapori d’Abruzzo in cinque giorni si può. Non a caso l’educational organizzato dal 13 al 17 maggio da AbruzzoTravelling (www.abruzzotravelling.com) con il sostegno di Regione Abruzzo - Turismo e di Camera di Commercio del Gran Sasso ha avuto come nome “Abruzzo Food Experience”: vini, ricette, tradizioni e artigiani del buono sono stati i suoi protagonisti. Di seguito, una selezione di momenti e realtà che sono un viaggio fra i sapori dei territori di Teramo e L’Aquila.
Il Teramano, la Valle Siciliana, i misteri della storia e le certezze della tavola
Dov’è la Valle Siciliana?
Si chiama Valle Siciliana, ma non è in Sicilia. Anzi: dalla Sicilia la Valle Siciliana è distante circa 500 chilometri in linea d’aria. La Valle Siciliana si trova in Abruzzo, in provincia di Teramo, sul versante del Gran Sasso lambito dal fiume Mavone e comprende i Comuni di Tossicia, Colledara, Castelli, Isola del Gran Sasso e Castel Castagna.
Quali le origini del nome? L’incertezza regna, le interpretazioni si sommano. Due su tutte: per alcuni studiosi la zona avrebbe accolto il primo insediamento di popolazioni provenienti dal Mar Nero e poi trasferitesi in Sicilia; per altri, il nome deriverebbe dalla via romana Caecilia, che collegava Roma a Giulianova. Al di là dell’origine del nome, quel che è certa è l’appartenenza del territorio al feudo dei Mendoza, spagnoli, premiati dall’Imperatore Carlo V d’Asburgo per l’aiuto attuato durante la battaglia di Pavia (1525) nella guerra contro la Francia. La questione del nome e della presenza spagnola, rintracciabile per esempio, in evidenze linguistiche già potrebbero essere di stimolo a visitare un territorio compreso nel Parco Nazionale del Gran Sasso, ma esiste anche un’altra particolarità storica e connotata di leggenda. A Castiglione della Valle, località ora esistente ma disabitata del Comune di Colledara, nel 1499 si rifugiò Lucrezia Borgia con il marito Alfonso d’Aragona per salvarsi dagli uomini del Duca Valentino (Cesare Borgia, fratello di Lucrezia) che li inseguivano. Fin qui, la storia. La leggenda parla invece di un luogo misterioso, Castelmaidetto, dove Lucrezia era solita soggiornare. Tanto non fu detto in passato dove si trovasse il castello quanto ancor oggi non si conosce neppure se sia davvero esistito: una bella sfida per chi volesse cercarlo, camminando fra faggete e orchidee.
Godere Agricolo, di nome e di fatto
Se la storia e la toponomastica forniscono più chiavi per porte ancora da aprire, ben diverso il panorama enogastronomico dell’area Teramana in generale alla quale non mancano certezze e storia consolidata.
Partendo da Campli, borgo famoso per la sua Scala Santa e i suoi monumenti, nel cui territorio sta il “Godere Agricolo” (www.agriturismogodereagricolo.it) agriturismo vero, guidato da Claudio Ventura, verace quanto il posto e le portate.
Claudio Ventura è il suo luogo: è il paesaggio, che conosce e illustra nel dettaglio, le erbe spontanee, il racconto delle biodiversità, le ricette che porta in tavola, la memoria delle generazioni passate, il prosciutto stagionato in alta quota, la pasta fatta a mano dalla moglie in cucina. A dargli man forte fra i tavoli sono il figlio Riccardo e la figlia Alessandra. La figlia Alessandra a un certo punto suona e canta, aspettatevelo se passate da loro.
Lo fa perché è lei una delle voci straordinarie dell’
Orchestra Popolare del Saltarello (
www.orchestrapopolaredelsaltarello.com), gruppo creato da
Danilo Di Paolonicola, teramano, fra i migliori fisarmonicisti contemporanei. Canti di tradizione, ma rivisitazione moderna, fluida, fra passione e alte capacità d’interpretazione tanto da attirare l’attenzione di Max Gazzè, che in questi anni ha voluto l’Orchestra Popolare del Saltarello nei suoi concerti. Piace anche ai giovani questa musica culturale, veicolata non come folklore o sacra reliquia, ma come è: viva
Vino, olio e Made in 2912
Nel Teramano, a Canzano, sta la
Tenuta Cerulli Spinozzi (
www.cerullispinozzi.it), con le sue due sedi di Canzano e di Mosciano e circa 50 ettari coltivati in prevalenza a Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo e Pecorino, ma l’Azienda ha anche una produzione di olii. Il Teramano, infatti, conferma coi suoi uliveti e i suoi frantoi la vocazione che rende l’Abruzzo fra le prime regioni italiane per qualità e quantità nel comparto.
Nella Valle Siciliana, per esempio, a
Isola del Gran Sasso si trova il
Frantoio Gran Sasso, fondato nel 1949 (
www.frantoiogransasso.it) , che lavora cultivar autoctone quali la Dritta. Nei dintorni, ad
Azzinano di Tossicia, il paese dei murales dedicati ai giochi di una volta, tappa consigliata a
“El Guirero” dove Marco Rispoli in cucina e la figlia Valentina ai tavoli propongono i sapori della tradizione e, soprattutto, gli arrosticini preparati con cottura al punto giusto, non unti, ma saporiti.
Letteralmente sotto il Gran Sasso è nato recentemente il progetto “Made in 2912” che fa riferimento all’altitudine della più elevata vetta del sistema montuoso, il Corno Grande.
“Made in 2912” (
www.madein2912.it) è un’idea dell’Associazione Turistica Semper e punta a selezionare e mettere in rete, soprattutto in occasione di fiere ed eventi di promozione territoriale, gli artigiani del buono attivi nell’area. Il progetto si è concretizzato anche con la realizzazione del
“Frollino del Gran Sasso”, ovviamente a forma di skyline del Gran Sasso, e del
Vino Cotto “Cocta”.
I prodotti che rientrano nel marchio “Made in 2912” offrono anche coupon di sconto e convenzioni con realtà di accoglienza e ospitalità.
Si segnalano in zona le produzioni di mieli (
Azienda Agricola “Le virtù d’Abruzzo” di Colledara) e formaggi (
Azienda Agricola “CaGiò” di Castelli).
Tra monti e mare
La provincia di Teramo, però, è anche mare e le distanze lo confermano. Fra Isola del Grasso e Alba Adriatica, per esempio, i chilometri di distanza sono una sessantina, poco più di un’ora di viaggio, cosa che consente un interscambio di vacanze ed esperienze esclusivo.
La storia della famiglia di
Valerio Di Mattia, proprietario e chef del
ristorante “Il Palmizio” di
Alba Adriatica ne è la prova: il padre apparteneva a una famiglia di commercianti e tintori di lana di pecore, l’allevamento delle quali era legato alla transumanza e alla permanenza per vari mesi sui monti; la madre, invece, apparteneva a una famiglia di pescatori. Il ristorante è celebre per le sue portate di pesce, che coniugano però in alcuni casi le due anime dell’Abruzzo, come nella portata di Alici e Pecorino. Un must il Brodetto, cucinato prendendo spunto dalle ricette di San Benedetto del Tronto e di Giulianova, da Alba poco distanti, fra loro armonizzate.
L’Aquila, lo zafferano, le Kota e la Panarda
Uno Zafferano da Oscar
La citazione recente più popolare dello Zafferano dell’Aquila è una sequenza del film “Ratatouille” (2007) nella quale il topolino Remy esclama: “Zafferano dell’Aquila! Italiano! Gusteau (lo chef idolo di Remy, n.d.r.) dice che è eccellente!”.
La fama dello zafferano abruzzese è nota da quando venne introdotto come coltivazione nel XIII secolo nell’area aquilana e iniziò ad affermarsi soprattutto nella zona dell’Altopiano di Navelli. La coltivazione dello zafferano è, però, diffusa in larga parte della provincia dove esistono terreni di natura carsica, quindi privi di ristagni d’acqua nocivi al suo sviluppo.
Lo Zafferano de L’Aquila ha ottenuto il riconoscimento Dop nel 2005. Usato originariamente come colorante prima che se ne scoprissero le qualità alimentari, è uno degli ingredienti più duttili in cucina e lo ha dimostrato la degustazione presso l’Osteria “Zio Tobia” (www.osteriaziotobia.it/laquila) su tutto l’ordine delle portate.
La Finlandia, perché no?
Attingono invece alla tradizione nientemeno che della Lapponia le Kota fatte costruire dai fratelli Rovo della Rovo Carni di San Demetrio ne’ Vestini, non lontano dalle grotte di Stiffe. Le
Kota sono
casette di legno utilizzate
in Finlandia per la cottura al grill anche in inverno. Il grill è posizionato al centro del locale unico, sormontato da una cappa. Intorno stanno panche di legno e punti d’appoggio e la costruzione è dotata anche di finestre.
Le Kota della
Rovo Carni sono cinque e si tratta di una soluzione unica, perlomeno in zona, per non rinunciare alla grigliata in famiglia o con amici anche in inverno. Il complesso della Rovo Carni, società composta da quattro fratelli e creata circa quarant’anni fa, comprende anche una veranda di circa 300 metri quadrati e postazioni per grigliare all’aperto, oltre a un negozio di vendita diretta di
carni e salumi Made in Rovo e di formaggi di produttori della zona. I Rovo seguono tutta la filiera di lavorazione delle carni.
Il visitatore – cliente può quindi decidere se acquistare prodotti per la proprio spesa oppure se fermarsi per una grigliata, cucinata dal personale o con le proprie mani, dopo aver scelto i tagli di carne preferiti.
La cena infinita
Il gran finale a tavola in Abruzzo non può che essere la
Panarda, cena di
almeno venti portate, organizzata solitamente in occasione di feste della tradizione sin da XVI secolo. Il rituale originario della cena, il cui nome sembra derivare dal Greco “pan” (tutto”) e da un suffisso indicante cibi caldi, prevedeva che gli ospiti non potessero alzarsi da tavola per tutta la durata del pasto né potessero esimersi dal mangiare tutte le portate. In versione di “sole” venti portate – numero circoscritto su richiesta dei presenti, non per volontà del ristorante! - la cena ispirata alla Panarda gustata al ristorante
“Lo scalco dell’Aquila” a L’Aquila (
www.loscalcodellaquila.com)
e comprendente Pane Montepulciano e noci con burro all’aringa affumicata, Pecorino di Pizzoli, Mortadella di Campotosto “Coglioni di Mulo”, Coppa di testa d’agnello, Conchiglione di amatriciana fredda, Focaccia con paté di fegato, Coratella alla Delfina, Vellutata di ceci con gel di cipolla rossa, Vitello con cipolla rossa caramellata ai lamponi, Maialino arrosto con granita di frutta secca, Tortino di patate allo zafferano con caciotta del parco e mandorle tostate, Zuppa di porcini con pallotta cacio e ova, Mezze maniche con baccalà all’aquilana, Panzanella dello Scalco, Agnello dell’Aquila alle bacche di ginepro, Sfizio di melanzane e verdura del pastore, Torta aquilana, Nocci attorrati, Lingue di gatto allo zafferano, dolce di latte alla cannella.