Facciamo una scommessa: uno dei prossimi trend in fatto di spirits sarà il whisky italiano. I segnali di questo fenomeno sono molteplici, e anche da Bordiga arriva un'esaltante conferma: gli italiani sanno fare (e bene!) distillati di malto. Le prime impressioni positive le abbiamo avute quest'estate, durante un tour nella distilleria, alle porte di Cuneo. In quell'occasione, Andrea Del Gaudio, responsabile della produzione e master distiller, ci aveva fatto assaggiare una prova di botte. “È la nostra nuova avventura: un distillato di malto prodotto con cereali provenienti dalle valli montane del Cuneese”. Nel bicchiere, avevamo un liquido color ambra, nobile come il whisky, potente all'assaggio (50 i suoi gradi alcolici), con una freschezza al sorso davvero invidiabile.
La prova del nove l'abbiamo ottenuta a Golosaria, riassaggiando
Spiga – questo il nome del distillato di malto - nella sua bottiglia in edizione limitata (solo 1000 le bottiglie, curatissime anche nel packaging), guidati dal racconto di
Walter Gosso, direttore commerciale per l'Italia di Bordiga. Le impressioni estive sono state confermate appieno. Alla degustazione abbiamo un naso ricco con note che spaziano dal cacao, al tabacco, alla vaniglia, con un dolce sentore di sottofondo legato al malto. In bocca entra potente per poi addolcirsi verso metà bevuta, lasciando la bocca appagata, seppur pronta a un nuovo sorso.
Per conoscere meglio questo prodotto – valido anche come perfetta strenna natalizia (
qui il link allo store di Bordiga) abbiamo intervistato
Lorenzo Monge, Brand Manager di Bordiga 1888.
- Come nasce l’idea di Spiga?
«L'idea nasce con la volontà di valorizzare i cereali provenienti dalle valli montane che si estendono non lontano dalla distilleria. Il progetto parte dalla coltivazione della segale (che cresce nella nostra valle Maira) e che verrà trasformata nel pregiato distillato».
- Quali sono le sue caratteristiche?
«Le principali caratteristiche sono l’utilizzo di malto di cereali, in quanto la segale non era ancora disponibile al momento della partenza di questo nostro progetto, e l'utilizzo di botti di rovere da 225 litri, barrique con tostatura medio-alta di secondo passaggio di grappa, che è stata una scelta precisa nel voler puntare sul made in Italy, poiché la grappa è l’unico distillato italiano. L’invecchiamento è una delle variabili da tenere in considerazione, dato che il primo lotto è uscito con 3 diversi vintage (18, 36, 54 mesi). Esso avviene nelle cantine della distilleria, dove temperatura e umidità sono costanti».
- Quali sfide produttive avete dovuto affrontare e come le avete superate?
«Le classiche che si incontrano durante la produzione di questo prezioso distillato: fermentazione, distillazione e invecchiamento, fasi che la nostra distilleria non aveva mai affrontato e che ha cercato di analizzare e sviluppare al meglio».
- In che segmento di mercato si posiziona?
«Si posiziona nel mercato dei whisky invecchiati, anche se non può ancora avere quella denominazione, poiché per ottenerla bisogna seguire una regolamentazione molto rigida che prevede, tra le altre cose, almeno 3 anni di invecchiamento in botte sotto controllo doganale».
- Qual è la Angels’ share ("la parte degli angeli” ossia la quantità di whisky che evapora dai barili in legno durante la maturazione) che avete verificato?
«Si attesta intorno al 2% su legni di piccole dimensioni (225 litri). L’invecchiamento in distilleria ci permette di controllare l’Angel Share perché l’ambiente è umido e non eccessivamente caldo, durante tutte le stagioni».
- Quali sono le prospettive del progetto?
«La prossima produzione (2024) sarà fatta con la segale coltivata dalla nostra azienda agricola e dovrebbe diventare finalmente whiskey nel 2027, stiamo ancora facendo valutazioni sui legni da usare per l’invecchiamento e stiamo valutando l’ipotesi di un finish in botti del nostro vermouth».