Alla scoperta dell'Abruzzo tra natura, storia e arte

Dal paese di Pietracamela ad Azzinano di Tossicia, dalle grotte di Stiffe alle bellezze de L'Aquila: un tour in una regione che sta rinascendo

31.05.2024

Territori di Teramo e L’Aquila, Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia, Regione Abruzzo - Turismo: sono queste le coordinate istituzionali e geografiche che hanno generato l’educational tour “Abruzzo Food Experience”, #abruzzofoodexperience, organizzato dal 13 al 17 maggio 2024 da Abruzzotravelling www.abruzzotravelling.com, consorzio che dal 2005 valorizza e promuove il comparto turistico abruzzese in una prospettiva di rete e turismo integrato.

A partire dal paesaggio, inteso come paesaggio da vedere, ma anche come quello umano e antropologico, fatto di culture, storytelling e persone.

Pietracamela, nel Parco Nazionale dove vivono i camosci

C’è, per esempio, un’isoletta nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga che si chiama Pietracamela. Non è un paese isolato, sta a venti chilometri e mezz’ora di distanza da Teramo, ma qui si parla una lingua che altrove non esiste, in bilico fra dialetto e idioma, ed è questo a renderlo un’isola. “Gallina” si dice “Piccandorra” (picchia a terra, con il becco), “prete” si dice “farfui”, dalla consuetudine storica del parlare in latino e, quindi, di farfugliare parole non comprensibili alle persone comuni, “scandreglia” è il bicchiere di vino. Pietracamela ha circa trecento abitanti, ma supera i mille metri di quota, è riconosciuta fra i Borghi più Belli d’Italia ed è immersa nell’enorme biodiversità del Parco che ha come simbolo il camoscio d’Abruzzo.

I camosci d’Abruzzo nel Parco sono ripopolati dal 1992 e oggi vivono in 1.000 esemplari, ma nel Parco esistono anche 3.000 specie di piante censite, fra le quali 51 emergenze floristiche e 85 tipi di orchidee spontanee.
Il nome del paese è la sua sintesi: di pietra sono le sue case e le sue strade, mentre “camela” ricorda forse la forma di gobba di cammello del grande masso che incombe sull’abitato. La chiesa di San Giovanni è del XV secolo e ha campane suonate con contrappesi. Le campane segnavano nel passato anche gli eventi atmosferici e si sapeva dai rintocchi, ancora prima di uscire di casa, se durante la notte fosse nevicato. Nel suo interno, la chiesa rivela la sua struttura preconciliare, con l’altare addossato alla parete di fondo perché prima del Concilio di Trento il prete volgeva le spalle ai fedeli e dedicava il rito al Crocefisso.
C’è poi la chiesa di San Rocco, che sta oltre una delle quattro porte medievali dell’abitato, e che guarda al Corno Piccolo e al Corno Grande, cime che sono il riferimento di questa zona. Nella sala consiliare si trova, invece “Il pastore bianco” (1963) di Guido Montauti, affresco di grandi dimensioni omonimo del gruppo artistico che Montauti (Pietracamela, 1918 – Teramo, 1979) creò.
Un’isola linguistica, vicoli stretti, scale, scorci di porte e portici, Medioevo e avanguardie artistiche, pitture rupestri dello stesso Montauti, bocconotti come dolce tipico, la storia di un brigante, Matteo Manodoro, realmente esistito da raccontare e i segni ancora evidenti degli ultimi terremoti e dei lavori di ricostruzione: un paese emblematico di area interna, col suo tempo esclusivo e denso, fra passato e presente, e panorami di bellezza esclusiva.

Collemaggio a L’Aquila e l’abbazia di San Giovanni ad Insulam a Isola del Gran Sasso

Stanno lontane fra loro circa mezz’ora di strada, la prima è a due passi dal centro di L’Aquila, l’altra è in provincia di Teramo. La prima è famosissima: fu voluta nel 1288 da Pietro da Morrone, futuro Papa Celestino V, Il pontefice erroneamente identificato con il personaggio del “gran rifiuto” incontrato da Dante nell’ “Inferno”, ha una Porta Santa aperta una volta l’anno e architetture e opere d’arte ancora completamente da interpretare; la seconda è a Isola del Gran Sasso, paese che si chiama così perché lambito da due fiumi, il Mavone e il Ruzzo, appartiene all’itinerario della Valle delle Abbazie, la si trova citata per la prima volta in un documento del 1184 e presenta ruderi del convento, ma integra – sebbene sottoposta a ricostruzioni post terremoto – la chiesa con la sua ampia cripta, forse risalente all’VIII secolo.
Cos’hanno in comune questi edifici? San Giovanni è da ritenersi uno dei primi esempi, se non il primo in assoluto, della facciata abruzzese a terminazione piana, impronta architettonica che si ritrova a Santa Maria di Collemaggio.

Hanno in comune anche l’uso delle pietre e i portali – unico quello di San Giovanni – con criptiche figure modellate, a significare il Male che resta sul sagrato e in chiesa non entra, ma anche figure altre non ancora identificate, come il curioso ometto che a Collemaggio fa capolino fra le lesene del portale di sinistra agli occhi dell’osservatore attento.
Pietro da Morrone, eremita, fu proclamato Papa e scelse il nome di Celestino V il 29 agosto 1294. Volle essere incoronato Papa a L’Aquila, nella chiesa di Collemaggio. Il 29 settembre dello stesso anno emanò la “Bolla del perdono” che diede avvio al rito della Perdonanza Cristiana. La Bolla prevede indulgenza plenaria ai fedeli che, pentiti e confessati, entrino nella chiesa (oggi basilica minore) di Collemaggio dalla sera del 28 agosto alla sera del 29 agosto dalla Porta Santa realizzata sul fianco sinistro dell’edificio. La Bolla escludeva discriminazioni fra paganti per ottenere indulgenza e chi non avrebbe potuto permettersi di comperarla, nei fatti una sorta di rivoluzione rispetto alla prassi ecclesiastica. Dopo quattro mesi dalla nomina papale, Celestino rinunciò al suo incarico, venne imprigionato nella Rocca di Fumone e qui morì il 19 maggio 1296. Dal 1327 le sue reliquie si trovano in un mausoleo all’interno della basilica.
Esperto della biografia e della basilica è il giornalista aquilano Angelo De Nicola, che ai temi ha dedicato e dedica ricerche e pubblicazioni e che è stato eccezionale guida nella nostra visita all’edificio, monumento nazionale dal 1902 e riconosciuta Patrimonio Unesco dal 2019. La Basilica di Collemaggio, toponimo che sta a indicare un colle che sta in mezzo a due valli, niente a che vedere con il nome del mese, è ricca di simbologie, dal rosone e dalle sue luci, ai pavimenti e alle loro figure geometriche, ai dipinti e agli affreschi.
Collemaggio e San Giovanni ad Insulam, distanti e vicini, il grande e il piccolo, il noto e il luogo da scoprire per un viaggio fra storie e atmosfere che sono l’Abruzzo dei monti.

Stiffe, le grotte vive

Le Grotte di Stiffe, nel territorio comunale di San Demetrio ne’ Vestini in provincia dell’Aquila, sono l’unico esempio di risorgenza attiva in Italia. Significa che al loro interno, composto da terreni di natura carsica, scorre acqua che arriva dall’Altopiano delle Rocche e l’acqua ancora modifica e modella le rocce incontrate nel suo percorso. Il tratto aperto ai visitatori è di circa 700 metri. Sinora, il tragitto dell’acqua è stato esplorato per circa 5 chilometri da esperti speleologi subacquei che lo hanno risalito, andando controcorrente, ma si presume che si tratti soltanto della metà dell’intero sistema idrico sotterraneo convergente nelle grotte.
Inaugurate nel 1991, le grotte hanno come Direttore, dal 2023, Victor Casulli, che ha impostato varie strategie di comunicazione e marketing per valorizzarle e farle conoscere, raggiungendo in breve tempo un totale annuo di 66.000 visitatori. Accanto alla promozione, Casulli coordina anche la ricerca, avviata in collaborazione prioritaria con l’Università dell’Aquila.

La ricerca abbraccia tre ambiti: il monitoraggio di salamandre e Niphargus, il monitoraggio ambientale delle grotte rispetto al flusso turistico e il monitoraggio dei pipistrelli, dei quali sono quattro le specie presenti. Proprio il pipistrello è l’animale simbolo delle grotte. La temperatura interna è di circa 10 gradi, mentre alto è il tasso di umidità, che può anche superare in alcuni punti il 100%. Percorrere queste grotte è un’esperienza decisamente straordinaria: stalattiti e stalagmiti, massi e cascate, il rombo dell’acqua, il vapore, le differenti temperature degli ambienti trasmettono la sensazione di essere in un mondo altro, nascosto, ma vivo, in continua e inarrestabile formazione.
La visita ha la durata di circa un’ora e si suggerisce la prenotazione (Info: https://www.visitsandemetrio.it/regolamento-grotte-di-stiffe/ ).

Azzinano di Tossicia, il paese dei murales e dei giochi di una volta

Dal 2001 ad Azzinano, località del territorio comunale di Tossicia, in provincia di Teramo, s’è iniziato a dipingere i giochi di una volta sui muri delle case. Lo fanno da allora artisti che arrivano da ogni parte d’Italia e nel 2013 la Regione Abruzzo ha riconosciuto Azzinano come paese d’importanza artistica e culturale.

Il tutto è nato dalla presenza di Annunziata Scipione (1928 - 2018), artista naif accostata spesso ad Antonio Ligabue per lo stile artistico e che proprio ad Azzinano nacque e visse. Ormai sono diverse decine i giochi dipinti in murales, in un itinerario che fa sognare, sorridere e tornare tutti bambini fra le vie del borgo antico e le sue case. Azzinano fa parte del Club Nazionale dei Paesi dipinti.
Info: www.imuriraccontano.it

Castelli, paesaggi di maiolica nel paesaggio del Gran Sasso

Castelli, paese anch’esso riconosciuto fra i Borghi più Belli d’Italia della provincia di Teramo, è noto in tutto il mondo per le sue maioliche. La tradizione delle maioliche di Castelli si affermò nel Rinascimento, ma ha probabili origini più antiche. La sua specialità consiste nella raffinatezza dell’esecuzione artigianale e nell’eleganza dei manufatti, che spaziano dai temi mitologici a quelli religiosi, dai paesaggi accuratamente riprodotti alle forme degli oggetti.

Il laboratorio Simonetti, per esempio, è una storia di generazioni che si tramandano l’arte della maiolica e l’esposizione delle creazioni racconta i molteplici impieghi che la maiolica di Castelli possiede.

L’Aquila che rinasce

Alle ore 3.32 del 6 aprile 2009 si verificò la forte scossa di terremoto che devastò L’Aquila, vari luoghi della sua provincia e dell’Italia centrale. Più di 300 le vittime, più di mille i feriti, oltre a miliardi di danni a case e monumenti. L’Aquila sarà Capitale Italiana della Cultura nel 2026. Fra le due date stanno una città e il suo circondario in ricostruzione.
La ricostruzione dell’Aquila è ancora in corso e i cantieri sono numerosi, cantieri di ricostruzione ma anche finalizzati a introdurre servizi innovativi. Fra le due date stanno patrimoni culturali che si sono adeguati a essere visti e fruiti per quanto possibile.
“Work in progress”, avvisa per esempio il pannello all’ingresso del castello spagnolo fatto costruire fra il 1534 e il 1567 dall’Imperatore Carlo V d’Asburgo. Il castello ospitava il Munda, Museo Nazionale d’Abruzzo, sino al terremoto; ora ospita soltanto il mammut ritrovato nel 1954 in una cava di argilla di Scoppito, presso L’Aquila, composto da 149 ossa, alto 4 metri e lungo 7 metri.

La sala del bastione dove si trova il mammut è visitabile regolarmente, mentre la struttura è ancora oggetto di cantieri. Tutto il resto del patrimonio del Museo è stato immagazzinato e in parte si trova esposto nell’ex Mattatoio.
L’esposizione all’ex Mattatoio è altamente significativa: all’Antichità, al Medioevo e al secolo scorso appartengono le opere in mostra, selezionate per consentire una conoscenza cronologica ed espressiva della raccolta museale. L’ex Mattatoio si trova nel quartiere Borgo Rivera, ricco di acque e un tempo luogo di artigiani e mercati. Nel quartiere si trova anche la Fontana delle 99 Cannelle, risalente nella sua prima struttura al XIII secolo, uno dei monumenti più noti e variamente interpretati della città e posto in connessione con la sua fondazione, voluta, come si narra, dai 99 castellani del territorio.
Nel centro storico, la splendida basilica intitolata a San Bernardino da Siena, le cui spoglie sono qui conservate, è il più mirabile esempio di architettura rinascimentale abruzzese nella sua facciata, mentre all’interno presenta un soffitto in legno e oro di eccezionale raffinatezza, oltre a opere d’arte quali la pregevole pala d’altare in terracotta invetriata di Andrea della Robbia.

 

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