Seconda domenica dedicata alla mia cantina, per scoprire, dopo la prima sessione del 15 marzo, se c’erano sorprese da bottiglie di annate antiche. Vediamo insieme, ancora una volta pronti a cogliere la verità delle cose, che nel vino emerge solo dopo il tempo, gli anni, sfatando tanti luoghi comuni.
I brut che non t'aspetti fra Valdobbiadene e Bomporto
Si inizia dal Prosecco Vecchie Viti 2016 di Ruggeri di Valdobbiadene che è perfetto, fragrante e floreale. Nessun cedimento, semmai ci fossero dubbi. Ma ancora più sorprendente è il brut di Christian Bellei 2012 delle Cantine della Volta di Bomporto (degorgiato nel 2016). È un grande 2012, da uve lambrusco di Sorbara vinificate con 36 mesi sui lieviti. E qui sfatiamo il luogo comune che dall’Emilia non ci sarebbe da aspettarsi longevità. Questo brut di colore giallo paglierino vivo, al naso è integro, con crosta di pane generosa, nota vaga salmastra che lascia il palato pulito, dopo un sorso fragrante e fresco. Mi ha fatto innamorare.
Vini bianchi: che sorprese fra Chardonnay, Viogner e Sauvignon di antica data
Fra i vini bianchi, anche in questa sessione, ci ha colpito un Bianchello del Metauro. La scorsa volta era quello di Claudio Morelli, questa volta è il superiore “Rochio” 2001 di Roberto Lucarelli di Cartoceto che aveva note secche e austere e lasciava presagire un gran bel corpo, anche se ormai era arrivato a fine corsa.
Bianchello del Metauro superiore “Rochio” 2001 di Roberto LucarelliNotevole il
Colli Orientali del Friuli Tocai Friulano 1999 di
Le Vigne di Zamò di Manzano (Ud). Ha un colore giallo oro brillante, al naso salvia e un curioso frutto della passione sottospirito. In bocca scoppiano note di macchia mediterranea in un sorso rotondo piacevole che finisce secco. Intrigante il
Piemonte Chardonnay Monteriolo 1996 di
Coppo di Canelli. Dal colore albicocca senti un frutto aromatico e speziato. Piacevolissima la freschezza, i gherigli di noce, le note balsamiche. Sempre dal Piemonte, un mix di chardonnay e cortese per il
Monferrato Bianco “Alteserre” 1999 di
Bava. Ha colore arancia e al naso ne senti la nota fresca e citrina in un equilibrio piacevole, grande corpo che finisce con la nocciola verde non ancora tostata (Bravi Paolo, Roberto e Giulio Bava, mi aveva colpito quando era uscito e questo assaggio è stato una conferma).
Monferrato Bianco “Alteserre” 1999 di BavaClamoroso è tuttavia il
Forlì Bianco “Ronco del Re” 1999 Ronchi di Castelluccio della cantina romagnola
Castelluccio di Modigliana. Una cantina mitica, dove Vittorio Fiore, uno dei più grandi enologi italiani, ha portato innovazione. E difatti questo sauvignon blanc ha un colore giallo oro intenso e concentrato. Al naso senti la nocciola, retaggio della piccola botte che ha affinato questo vino cult. In bocca si ha un ingresso rotondo che ha note ampie di erbe officinali. Poi chiude secco e sapido con quel frutto che diventa liquirizia. Ma nel bouquet senti ancora i fiori e i frutti esotici, fra salvia e rosmarino. È il vino Top fra i bianchi di questa sessione.
Forlì Bianco “Ronco del Re” 1999 Ronchi di Castelluccio della cantina Castelluccio
È invece “tanta roba”, come si usa dire, il Langhe Bianco Cinerino 2002 di Marziano Abbona di Dogliani ossia il viognier ambientato in Langa e affinato in botte d’acacia. Ed è forse questo giallo che vira all’arancio il colore che più lo rappresenta. Al naso senti la pesca melba, l’albicocca in confettura e sullo sfondo il tè verde, la crema pasticcera, i datteri, ma soprattutto l’arancia candita. In bocca è ancora avvolgente, piacevole, con le sue note di salvia. Siete dei grandi!
Langhe Bianco Cinerino 2002 di Marziano Abbona
Viaggio indietro fra i Sangiovese di Romagna e di Toscana
E veniamo ai rossi. Ha stoffa il Toscana “Vigneto Montesodi” 2001 di Frescobaldi del Castello di Nipozzano. È il primo cru del Chianti Rufina, uscito nel 1974. Nella maturità di mezzo senti frutta sotto spirito, mallo di noce, tannini ancora vivi. Piacevolissimo è poi il Chianti Classico Nozzole 1999 della Tenuta di Ambrogio e Giovanni Folonari. Al naso la frutta non dà cenni di ossidazione, poi senti la frutta sotto spirito che diventa pungente con una tannicità ben presente.
Chianti Classico Nozzole 1999 della Tenuta di NozzoleSenti invece la liquirizia vera e pura al primo impatto del
Cuvée Il Rosso di Vallania 1998 del
Vigneto delle Terre Rosse. Dedicato al fondatore Enrico Vallania che portò il taglio bordolese sulle colline bolognesi di Zola Predosa, il vino svela intense le note erbacee del cabernet; piacevolissimo al naso con una sensazione di caldo che esalta le note di frutto (senti il caco) e di catalogna. Un gran bel sorso con tannini ancora vivi e un’aromaticità intorno che è spettacolare.
Cuvée Il Rosso di Vallania 1998 del Vigneto delle Terre RosseNon poteva deludere il
Montefalco Rosso 1998 di
Paolo Bea. “I
o qui ho sentito la terra umbra” mi sono appuntato. È ampio il sorso, lo bevi e provi la liquirizia, ma intanto pensi che questo vino, che Giampiero continua a nobilitare, non si piega all’ossidazione. Notevole è anche il
Sangiovese di Romagna superiore “Thea” 1999 di
Tre Monti di Imola. Un altro vino sulla cui bottiglia non avevo dubbi e che mi fa pensare ai bei momenti che ho passato con
Sergio Navacchia che ha costruito questa cantina sull’affetto e la suggestione della grande moglie alla quale il vino di punta dell’azienda è dedicato. I suoi due figli Vittorio (enologo raffinato) e David (il timoniere) hanno portato questa azienda a fare un salto importante nella contemporaneità. Ma torniamo al nostro Sangiovese su cui io ho scommesso il pollice all’insù. Lo ritrovi subito al naso caldo, addirittura placido di frutta e macedonia con una sottile liquirizia. In bocca è spettacolare la sua ciliegiona sotto spirito con una tannicità ancora galoppante.
Sangiovese di Romagna superiore “Thea” 1999 di Tre MontiConcludiamo questo viaggio fra Toscana e Romagna con quella che fu una nostra scoperta e con l’altro Sangiovese della nostra predilezione: il
Sangiovese di Romagna superiore “Calisto” 2003 di
Stefano Berti di Ravaldino in Monte (FC). Al naso la ciliegia diventa quella sotto spirito, mentre la speziatura somiglia al bastoncino di liquirizia. È molto equilibrato, placido, ancora vivo nei suoi tannini, con una certa freschezza e una nota finale che rimarca il frutto. Bravo Stefano! Ci avevamo visto giusto!
Sangiovese di Romagna superiore “Calisto” 2003 di Stefano Berti
Ed ora il Piemonte: superba la Barbera!
Viaggio in Piemonte, ora con un fuori programma, ovvero il Rosso di Norberto 1999 prodotto da Braida in onore del marito di Raffaella, con uve merlot. Qui senti la menta, poi note vegetali integre, erbe officinali che si evolvono anche in bocca. Complimenti Norbert. Bella sorpresa per Gonella di San Martino Alfieri con il Monferrato Rosso “Granatum” 2003 (croatina e barbera). È notevole quella nuance di pesca gialla, senza ossidazione. Poi senti la speziatura del sottobosco, in un sorso ancora vivo, fresco, tannico. Ce la ricordavamo come una gran bella cantina e questo rosso longevo lo conferma.
Monferrato Rosso “Granatum” 2003 di GonellaMa un altro
Monferrato Rosso del 1998,
“Le Grive” di
Forteto della Luja di Loazzolo ci stupisce. Un pinot nero d’alta Langa che ha note calde di terra da cui escono la rosa e piccoli frutti. Ha tannicità e acidità e una linea minerale lunga. Sorpresa poi per la
Barbera d’Asti 1998 “Pian Bosco” di
Remo Hoeller di Cassinasco (At) che fu una nostra scoperta. Un sorso austero, asciutto, fresco dove senti tutta la caparbia volontà di Remo.
Monferrato Rosso “Le Grive” 1998 di Forteto della Luja
E qui si apre un capitolo su questo vino, la Barbera, che ha un evidente e naturale longevità. Come farebbe altrimenti a restare integra la Barbera d’Asti 1996 di Scrimaglio? Una chicca è poi la bottiglia rara di Felice Coppo di Mombello Monferrato 2001 dove ti vien da dire “benedetto sia il tappo di silicone”. Si stappa senza i problemi di sfarinamento del sughero degli altri e senti che ha protetto l’integrità della Barbera. Senti note di erbe officinali profonde e mature, ma anche l’aromaticità del talco e della grafite. “Che piacere compiuto ha questo vino da bere e da ribere”.
In località San Giorgio Monferrato abbiamo fatto una verticale di 6 annate del rosso Mistero del produttore Giorgio Arditi. Si sono salvate l’annata 2003 (barberosa), con note di pesca di vigna al naso e la 1998 dove senti la riduzione classica del vino che poi si apre a un sorso piacevole. Altra verticale, quella della Tenuta La Tenaglia di Serralunga di Crea, con 3 annate di Barbera d’Asti “Giorgio Tenaglia” dal 1997 al 1999. E la migliore, anche qui, si è rivelata l’annata di mezzo, 1998. Dove c’è la confettura di frutta, in bocca è rotondo, gradevole, tannico e fresco. Nel 1999 senti la viola che esce dalla terra: è ancora fine e con un corpo indomito. E infine il 1997 dove le punte di volatile disturbano un sorso concentrato con una bella speziatura al naso. Il corpo non si discute: era una bella annata.
Ramiè 2003 di Coutandin Il Piemonte si chiude con una chicca: il
Ramiè di Coutandin 2003 di Perosa Argentina (To) in Val Chisone. Questo è un vino tipico del pinerolese che si impone con una rosa damascata di montagna che ti insegue. Ha note profonde e intense di spezie e poi vira verso la liquirizia nera morbidosa. Ma chi se l’aspettava questa performance dal Ramiè? Un abbraccio a Daniele!
Due chicche lombarde per finire
Nel vicino Oltrepò Pavese, il Buttafuoco “Clilele” 2012 di Giorgi è molto buono. Ha un profumo fruttato e caldo che ricorda intensamente la mora di rovo. Al naso e in bocca è davvero fragrante, graffiante. Bravo Giorgi!
Buttafuoco “Clilele” 2012 di GiorgiUna chicca invece sul lago di Como, esattamente a Domaso, dove è spuntato questo rosso del professor
Gianfranco Miglio, il
Garovetto 1999. Al naso ha note di grafite, ma poi svela la sua indole verde che ricorda quasi un vino austriaco. In bocca ti lascia l’austerità delle erbe amare ma anche la freschezza che non ti saresti aspettato da tutti questi anni. Grazie Leo per questo assaggio! Per stasera è tutto!
Garovetto 1999 dell'azienda agricola Miglio