Vini e spirits post-pandemia; il caso del tartufo nero estivo

31.05.2021

Il comparto italiano dei vini e degli spiriti fa i conti con gli effetti del Covid-19. Stando a Federvini, a causa delle chiusure imposte agli esercizi Horeca e dell’andamento delle esportazioni, nel 2020 le vendite hanno avuto un tracollo. Un trend che è stato compensato in misura minima dalle vendite attraverso altri canali e per il 2021 le previsioni mostrano timidi segni di ripresa. Quello dei vini e degli spiriti è però “Un patrimonio inestimabile che richiede di essere tutelato e rilanciato”. Da una serie di richieste che Federvini ha già rivolto alle Istituzioni: dalla riapertura di tutti gli esercizi possibili alle semplificazioni; da una fiscalità adeguata all’emergenza al sostegno alle esportazioni. Andrea Zaghi su Avvenire di domenica. @ Più ottimistici sono invece i dati presentati da Ismea, che nel corso di Primanteprima ha presentato un’accurata analisi sul mercato enoico italiano che, al netto delle difficoltà congiunturali imposte dalla pandemia, rivela una certa solidità. Per l’Italia, la domanda interna del 2020 è stata trainata dai consumi entro le mura domestiche, mentre l’Horeca ha subito un vero e proprio tracollo. A livello di volumi consumati, si stima un incremento di circa il 7% che, però, si è tradotto in una riduzione della spesa complessiva: il lockdown prima e le limitazioni poi hanno tenuto i consumatori lontani dai ristoranti e questo ha cambiato il paniere degli acquisti; i vini più penalizzati sono stati quelli di fascia alta, mentre hanno tenuto molto bene gli altri che hanno beneficiato di una maggiore domanda presso la GDO, ma non solo. L’emergenza sanitaria, infatti, ha impresso anche una forte accelerazione nella digitalizzazione del settore vinicolo, tramite un più diffuso ricorso all’e-commerce e a nuove modalità di vendita e interazione con il cliente finale che hanno riguardato anche l’innovazione di forme di vendita che si possono definire tradizionali, come la vendita diretta. Su Vinonews24.it l’approfondimento di Carlo Spagnolo. @ Il Lessini Durello punta alla certificazione “Biodiversity Friend”. La Denominazione veneta ha intrapreso un percorso volto a certificare il rispetto che ogni suo viticoltore ha dell’ambiente circostante. Quella da esso tutelata sarà infatti la prima denominazione ad ottenere, concluso l’iter, la certificazione “Biodiversity friend” per tutti i 400 ettari di vigneto tutelati. I tre parametri che saranno studiati riguardano i tre cardini dell’ambiente, cioè suolo, acqua ed aria. La misurazione è quella dell’impatto dell’agricoltura sull’ecosistema, a prescindere dal tipo di agricoltura applicata dal viticoltore. Il concetto di ecosistema è infatti legato alla variabilità degli organismi che lo abitano, e la sua salute è determinata dall’equilibrio tra tutte le forme viventi. (Vinonews24.it) @ Sul Corriere della Sera è da leggere l’intervista ad Andrea Macchione, ceo delle attività extra caffè di Illy sintetizzate dal 2019 nel Polo del Gusto, che racconta le strategie del gruppo di qui al 2031. “Entro il 2021 - spiega - avremo un partner finanziario che ci starà accanto per almeno dieci anni. Cedermo il 20-40% delle quote del capitale”. Un’operazione che servirà a “rafforzare le cinque aziende (Domori, Damman Frères, Agrimontana, Prestat e Mastroianni ndr), finanziare la crescita e fare acquisizioni. Ma anche a realizzare il nuovo polo logistico di Domori per stoccare materia prima e prodotti finiti sempre in Piemonte (…) I primi due obiettivi sono un’azienda di biscotti e una cantina che produca Barolo. Devono avere la caratteristica che cerchiamo sempre: unicità, come Illy o Domori”. @ E’ stato anche il buon vino a “fare gli italiani”. Su La Verità Morello Pecchioli racconta di come De Amicis, nel 1880, lanciò con due amici un ciclo di conferenze sul tema del Vino che, nel Paese appena nato, era uno dei pochi argomenti in grado di unire Nord e Sud. Fra gli ospiti ci fu anche Lombroso, con un intervento sull’alcolismo. @ Multato per aver venduto i tartufi estivi in anticipo. E’ successo a un negoziante albese, cui i Carabinieri forestali di Alba hanno confiscato una partita di 27 tuber aestivum, meglio noto come “scorzone”, perché secondo il calendario regionale la raccolta, e dunque la commercializzazione, di tartufi freschi sono vietate nel mese di maggio. Il caso ha riaperto il dibattito su regole e divieti per commercializzare il “nero”, che cambiano da una regione all’altra. (La Stampa) 

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