Fra Tintilia e Aglianico e i bianchi che uniscono il Sud Italia

Il mio viaggio in pieno agosto, quest’anno, mi ha portato in Molise e in Basilicata, due regioni interessanti dal punto di vista enologico, grazie alla loro unicità

24.08.2020

Ed è così che ho scoperto tanti nuovi produttori di Tintilia, in Molise, mentre in Basilicata mi hanno colpito i vini bianchi, oltre ai classici che vado a raccontarvi.

La prima tappa, che consiglio a chiunque, è stata a Montenero di Bisaccia, nel resort della cantina Terre Sacre di Alfredo Palladino (c.da Montebello - tel. 0875960190 - www.terresacre.net), che da tempo considero un riferimento per quanto concerne la Tintilia, capace di mostrare la sua essenza anche in anni di invecchiamento.

Alfredo Palladino apre la porta delle cantine di TerresacreIl primo assaggio, che avrebbe anticipato una cena davvero ottima nel loro agriturismo Il Quadrifoglio che guarda il mare, è stato con il Molise Trebbiano “Orovite” 2019. Un vino dal colore giallo oro che tende al grigio (come un pinot). Al naso ha una profondità di fiori e note balsamiche (menta). Lo senti fragrante in bocca, piacevolmente fresco e ti ricorda la scommessa che fanno in Abruzzo circa questo vitigno di grande stoffa.
Sorprendente la Falanghina 2019, che ricorda la freschezza del big babol e offre un’intensità olfattiva intrigante che accenna alla mineralità. In bocca è rotondo, con quella nuance aromatica che ad un tratto chiude con uno strascico sapido e fresco.
Con queste uve Alfredo produce anche la Falanghina “Oravera” 2018 che fermenta in barrique. Ha colore oro brillante, al naso senti lo zafferano, con note speziate che potenziano l’aromaticità iniziale. Si avvertono idrocarburi, ma anche arancia candita, malva, erbe officinali, in un bouquet complesso che chiude anche qui con quell’accento sapido del precedente.
Piacevolissimo il Terre degli Osci Rosato “Rosavite”.
Il Molise Rosso "Neravite” 2015 da uve montepulciano, ha colore rubino intenso, al naso note vinose piuttosto intense. L’avvolgenza in bocca è quasi dolce, ma il finale vira sull’amarognolo in un sorso molto fine.
Ancora più buono il Montepulciano “Rispetto” 2007 che ha una verticalità profonda al naso, dove emergono spezie e note balsamiche. In bocca è rotondo, con una tannicità ben levigata (per noi fu il Top Hundred dell’anno 2011 e la scelta fu quanto mai azzeccata).
Ed ora la Tintilia in verticale, ovvero le annate 2018, 2011 e 2008. Quella del 2018 spicca per la prugna matura, ma anche le note di grafite che ti fanno immaginare parentele con il Pinot noir. In bocca la sua acidità caratteristica è pregnante, e tutto il sorso è correlato da una persistenza che gli è propria. Il 2011 è un capolavoro e già lo si sapeva. Senti erba bagnata, prugna macerata, note balsamiche assai ampie e un equilibrio che sprigiona anche una leggera frutta sotto spirito. Giustamente tannico si caratterizza per l’equilibrio estremo. Grandissima anche la Tintilia 2008, dove ritroviamo tutti i descrittori del vino precedente, come se non fossero passati quei 3 anni di differenza. E anche qui colpisce l’equilibrio estremo delle speziature e la balsamicità, senza la minima punta di ossidazione e neppure la frutta sottospirito. Grandi vini!!!
Le strade del Molise sono una scommessa e quei 30 chilometri per raggiungere l’azienda di Vincenzo Cianfagna (c.da Bosco Pampini - tel. 0875970253 e 3332776776 - www.cianfagna.com) sono stati un’avventura, fra strade interrotte e qualche tratto un po’ sconnesso. Ma alla fine ce l’ho fatta, a raggiungere Acquaviva Collecroce e a visitare la cantina ancora molto artigianale di Vincenzo, che presto aprirà in paese uno show room di tutto rispetto.
Iniziamo con un Molise Malvasia 2019 (c’è anche un percentuale di trebbiano) che ha un bel colore giallo paglierino brillante. Nella sua nuance aromatica avverti l’albicocca, mentre in bocca ti invade una freschezza piacevolissima, per un vino di ottima spada, ficcante, sapido, dove ogni tanto tornano note animali. Eccellente la Tintilia del Molise rosato “Rosator” 2019 che ha colore buccia di cipolla. Vincenzo lo chiama il falso rosso, ma del rosso ha tutta la profondità e la speziatura. E poi quella mineralità che deriva dal gesso e che rende unico questo rosato ghiotto di piccoli frutti.
La Tintilia del Molise “Sator” 2015 è rustico, con note vinose classiche a una buona intensità. Ritrovi l’acidità tipica del vitigno e un finale allappante. Il 2011 rende giustizia a una grande annata, almeno per la Tintilia. C’è sempre la medesima intensità, ma qui il frutto è più compiuto e il finale vira sull’amaricante. 
La Tintilia “Pietrafitta” 2015 è più asciutta e sembra avere una maggiore concentrazione del fratello della medesima annata.
C’è poi il Molise Aglianico “Militum Christi” riserva 2008, altra annata benedetta, che alterna note vinose intense quasi dolci alla finezza dei frutti rossi. Di questo vino colpisce la balsamicità con erbe e note mentolate.
Si chiude con la Tintilia Gran Maestro 2011, prodotto solo nelle migliori annate, che è davvero un capolavoro. L’effluvio fruttato è ampio, senti il talco e un’emergenza vegetale. In bocca colpisce la pienezza e l’avvolgenza, in un sorso complesso.
Terzo assaggio, con la cantina Borgo di Colloredo di Campomarino (via Colloredo, 15 - tel. 087557453 - www.borgodicolloredo.com). Con me Enrico Di Giulio, il patron che sviluppa due marchi: il primo col nome dell’azienda e il secondo col nome di Tenuta Di Giulio.
Via dunque con il Molise Falanghina “Campo in Mare” 2019: paglierino classico, profumi floreali, acidità felice di una caramella. 
Notevole il Greco 2019, con un colore che tende all’oro e profumi più caldi e ampi. Qui senti il miele e anche le note minerali che portano a una chiusura sapida.
Il Biferno "Gironia" 2019 è taglio di trebbiano, garganica e malvasia. E subito colpisce la bella spada che attraversa un sorso rotondo piacevolissimo, dove il contributo del terzo vitigno offre spunti aromatici, ma anche amarognoli. La versione del Biferno 2014 ricorda la stoffa della Vernaccia di Oristano con un finale quasi dolce.
Sarà morbido e invitante il Campo in Mare 2016 da uve montepulciano, che rende giustizia di questo vitigno ambientato in Molise, dove si evidenzia l’eleganza.
Il Molise Tintilia 2015 è un effluvio intenso di rosmarino, erbe officinali e note balsamiche. Ha un’acidità persistente e una speziatura equilibrata. Bene anche l’Aglianico 2016 che ha note balsamiche ancora più profonde e il classico finale amaro avvincente.
Attenzione poi al Biferno Rosso “Gironia” Riserva assaggiato in una verticale che inizia con il 2011, annata attualmente in commercio. Grandissimo rosso, frutto di uve aglianico e montepulciano, dove avverti i descrittori dei grandi rossi (caffè, cioccolato) e poi un’evidenza di equilibrio e potenza davvero sorprendenti. L'annata 2008, che ha una leggera nota sotto spirito, è la perfezione, dentro a una complessità che ancora sorprende. Il 2006 è seta pura e anche in questo caso tende a un equilibrio spettacolare. Che bella sorpresa anche questi assaggi e che potenzialità ha il Molise: terra da conoscere assolutamente. Ci voglio tornare!
Dopo un viaggio di tre ore eccoci in Basilicata, questa volta a Bernalda, il paese di Francis Ford Coppola, che ispirò anche la canzone “paese mio che stai sulla collina”. Qui abbiamo rincontrato due cantine, mentre la terza è stato un vecchio amore, la Tenuta Le Querce di Barile, di Leonardo Pietrafesa.

Iniziamo dalla cantina Mastrangelo (c.da Gaudello, 1 - tel. 3398449645 - www.cantinamastrangelo.com), che continua a produrre un solo vino, da uve greco. Il patron, Giuseppe, ha ampliato la sua struttura ricettiva, mentre le bottiglie di questo bianco che scoprimmo fra i primi un lustro fa, sono sempre sulle 6 mila unità. All’assaggio una verticale di tre annate del suo Matera Greco "Margherì": 2018, 2017 e 2016. Ha colore giallo oro il 2018 con note acidule molto diffuse, vicine ai frutti esotici e all’albicocca. Il 2017 ha invece un colore paglierino che tende all’oro. Qui il frutto è più compiuto e maturo, ha profondità e un bell’equilibrio rotondo con un’acidità penetrante. Chiude sapido. Il 2016 è invece oro antico con evidenti note minerali e di frutta matura. In bocca è caldo, pieno e l’acidità si trasforma in un frutto esotico sotto spirito. Chiude con una nota amarognola sul finale.
E piace la Masseria Cardillo di Bernalda (c.da Cardillo - tel. 0835748992 - www.masseriacardillo.it) ha consolidato le sue posizioni. Siamo in un agriturismo fantastico, dove si mangia bene, ma anche nella cantina dei fratelli Rocco e Giovanni Graziadei.
Durante la nostra permanenza in paese, il vino cult è stato il loro Ovo di Elena, da uve fiano, che effettivamente ha una marcia in più. Piacevole, fresco, equilibrato, rotondo, insomma un bianco di sostanza, almeno il 2019. Ma se avete per caso l’occasione di assaggiare il 2018 sentirete proprio il miele del fiano che si esprime in una grassa acidità. Grandissimo bianco, peccato che finisca presto l’annata in corso.
Con l’uva primitivo producono un rosato dal colore cerasuolo brillante, il Bacche Rosa, che è di una piacevolezza infinita. È rotondo, vellutato e con un finale amarognolo avvincente.
Con uve aglianico e primitivo ecco il Basilicata Tittà, che alle note vinose aggiunge il talco e note di prugna. E se il 2016 è ancora in divenire, il 2015 significa eleganza e finezza compiute. E qui bisogna dare merito a questa cantina di estrarre l’anima di ogni vitigno, perché la complessità è notevole, fra acidità e tannicità ben compenetrate e quelle note animali, calde. 
Il Matera Moro Malandrino è un blend di primitivo, merlot e cabernet sauvignon dove avverti subito la pesca, ma poi note vegetali di buona intensità. È molto elegante e tannico, mentre il Primitivo "Baruch" 2016 è più generoso, potente, con note tostate intriganti. Un vino grandioso, fra i migliori rossi d’Italia, che presto avrà un fratello, mentre in anteprima assaggiamo il loro Sangiovese in purezza che uscirà fra un anno, molto interessante e in divenire anche una bollicina metodo classico, di cui vi racconteremo.
Fra gli altri assaggi durante la cena, il Bianco Basilicata Moscato “Burla”, l’Aglianico del Vulture “Rubra”, che stanno accanto all’Aglianico "Vigna del Borgo" e al Primitivo “Vigna Giadì”.

La cantina di Leonardo Pietrafesa è scavata nella roccia, si potrebbe dire, e le pareti nere tradiscono l'origine vulcanica di queste terre. Siamo a Barile, nella Tenuta Le Querce (c.da Le Querce - tel. 09711563392 - www.tenutalequerce.it) che praticamente è un anfiteatro enorme (53 ettari), dentro cui stanno le vigne (33 ettari), in un accorpamento ideale, con zone più umide e altre esposte in maniera esemplare. Il luogo è fantastico e offre anche ospitalità. Ma il bello di questa cantina è l’anima artistica, come si evince dalla scultura in situ di Giacinto Cerone di Melfi che campeggia sullo sfondo a indicare il simbolo della fertilità. Colpisce, leggendo alcuni brani del poeta latino Orazio, originario della vicina Venosa, che lui già parlasse di un buon vino rosso invecchiato 4 anni: l’Aglianico già 2040 anni or sono.
Iniziamo i nostri assaggi con una bollicina metodo charmat che porta il nome di Priyanka (aglianico al 70% e chardonnay). Ha colore paglierino classico, note floreali e un po’ speziate. In bocca è cremoso, fresco ed equilibrato. La versione rosè ha sempre un equilibrio esemplare, ma colpisce la freschezza e la nota minerale che si nasconde dietro alle fragoline di bosco.
Il Basilicata Angelina è un bianco da uve aglianico dal colore paglierino scarico. Al naso senti il cedro e il bergamotto, in bocca è secco, con un’invasione di acidità incisiva. Avverti pure la pesca e una leggera nota affumicata.
Il Basilicata Rosato 2019 ricorda proprio il fiore, la rosa, e poi emergono le note citrine e verdi (il gambo della rosa). È un mazzo di fiori, dove la violetta comanda; in bocca senti la croccantezza dei tannini, la nota vulcanica e la chiusura sapida. Il Costanza Bianco è un blend di aglianico e viogner dove la nota dominante sono i fiori di arancio. In bocca è fine, ma sempre con un'acidità ampia e secca.

Ed eccoci ai rossi.
L'Aglianico del Vulture “Angelina” 2017 che ha note di oliva e un po’ ferrose. Il finale è amarognolo e piacevole.
L’Aglianico del Vulture "Viola" 2015 è il loro cavallo di battaglia. E la viola la evinci sia dal colore sia dal profumo. Ha note mentolate e citrine (come la citrosodina). In bocca senti la carezza del velluto dell'Aglianco e la sua piacevole tannicità.
L'Aglianico del Vulture "Costanza" 2015 fa parte della collezione di vigne vecchie con oltre 60 anni. E qui si esalta la nota balsamica e quella di erba limonina e di muschio bagnato. È profondo con le sue note animali e i tannini vivi che mantengono evidente l’eleganza.
L'Aglianico del Vulture “Vigna della Corona” 2010 è un capolavoro dove senti ancora quell’oliva, poi note balsamiche animali. In bocca è una carezza vellutata. Se poi assaggi il 2003, senti la speziatura del caffè e la filigrana che si presenta già al naso.
L'Aglianico è uno dei più grandi vini rossi italiani. Qui ne abbiamo avuto conferma. Pensate che Leonardo, che ha dalla sua la consulenza dell'enologo Leonardo Valente (uno dei grandi dell’enologia italiana) ha una vigna sperimentale dove ha selezionato 125 cloni di aglianico. Ma ha anche un vezzo, quello di far tornare in auge un vitigno antico, il Tamurro Nero, che vinifica in purezza. Era un vitigno da taglio. E la versione 2015 ricorda certi Gamay. Al naso ti offre una sensazione dolce che poi ritrovi anche in bocca in un sorso caratteristico con speziature proprie.
Che bell’esperienza è stata la visita in questa cantina, che figurerà fra le “memorabili” di Golosaria 2020.

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