Con la degustazione plenaria del 23 aprile, presente Marco Gatti e Roberto Formica, storica formazione che presiede alle finali dei Top Hundred si può dire che siamo giunti al giro di boa, con il 50% di nuove cantine già considerate per la prossima edizione che si celebrerà a Golosaria dal 4 al 6 novembre e il 20% di cantine storiche che riceveranno una conferma, in molti casi con un vino diverso rispetto al riconoscimento del passato. Ma tutto è rimandato al 15 settembre, quando per tradizione viene annunciato il quadro completo dei Top Hundred. Nel frattempo, leggendo fra le righe dei nostri assaggi migliori, qualche indizio si potrà certamente avere.
Cecilia Monte, terminato il percorso universitario nel Duemila, decide di gestire direttamente la tenuta di famiglia, ubicata in un angolo meraviglioso e poco conosciuto del comune di Neive e inizia a vinificare le proprie uve utilizzate fino ad allora per il conferimento. Con lei il padre Paolo, ancora oggi presente attivamente in azienda, a cui peraltro è stato dedicato un Barbaresco tratto dai filari a lui più cari. Simbolo della sua proprietà (e del suo stile) il cru Serracapelli, ubicato al limite settentrionale della denominazione del Barbaresco, a circa 300 metri slm., area ancora poco esplorata e quindi ricca di biodiversità naturali: i vini tratti da qui si distinguono infatti per una serie di peculiarità, tra cui una balsamicità rinfrescante. Per i nostri assaggi, però, prendiamo le mosse da un progetto che ha preso piede in un territorio distante dalla sede aziendale cioè il Tortonese: da qui arrivano le uve per il Colli Tortonesi Timorasso Campogatto 2021: dal bel colore oro, ha naso diretto, con gli idrocarburi che anticipano la frutta esotica e i fiori di sambuco, per poi aprire al caratteristico miele. In bocca è elegante, setoso, molto fine. Uno stile nei bianchi che ritroviamo anche nel Piemonte Viognier Lume 2021: dal bel colore dorato, al naso marca la potenza della frutta esotica, banana e pastiglie leone accompagnati da una curiosa parte salmastra che ritroveremo ben espressa nel sorso.
Come nel suo DNA, però, Cecilia si esprime meglio nei rossi, dal Dolcetto d’Alba Montubert 2022 che ci è piaciuto molto per la sua freschezza di lampone ed erbe aromatiche fino al Langhe Nebbiolo Cà di Monte 2020 con il suo naso già complesso di liquirizia e tabacco e un tannino ancora verde. Passando ai Barbaresco d’annata, ecco il San Giuliano 2019 che ha colore rubino trasparente, naso ampio e subito speziato con nuance di viola e frutta rossa; colpisce in bocca la finezza e la setosità dei tannini. Nel Barbaresco “Serracapelli” 2018 abbiamo trovato una padronanza enoica davvero ammirevole. Qui le note al naso sono di arancio candito e la freschezza felice la ritrovi dentro a un sorso pieno, elegante, iconico, anche per via della sue speziature animali tipiche. E come l’altro Barbaresco ci è piaciuto molto. Ma il campione dove c'è il cuore - e non potrebbe essere altrimenti - è il Barbaresco “Serracapelli” 2016, davvero un grande Barbaresco: il naso è profondo come si confà a questo vino, con la ciliegia sotto spirito e la radice di liquirizia, densa, potente. Dopo però arriva quella pelliccia, quell'anima selvatica che fa grande il Barbaresco. In bocca è coerente, si dimostra potente ed elegante al tempo stesso, con quel tannino verde trovato nel Nebbiolo che adesso si allarga, si spande in bocca, prolungando all'infinito i profumi per via retrolfattiva.
Alemat è un termine difficile da comprendere per i non piemontesi, dato che si tratta di una locuzione dialettale che significa semplicemente "E' matto". Un termine non dispregiativo, ma affettuoso, che richiama in parte quella "quieta follia dei piemontesi" che ci è tanto cara. Una follia creativa, come spinta gentile ad andare sempre oltre. L'oltre questa volta è rappresentato da un prodotto che nasce dalla storia di questo territorio, la Barbera d'Asti Superiore Augusta 2017 che nel bicchiere si sa imporre. Al naso è profonda, speziata, piccante. C'è il peperoncino verde ingentilito dalla mandorla della Barbera. Peperoncino verde che torna a farsi sentire in bocca trascinato da un'acidità viva, tagliente, che rende grande il bicchiere. Altro bicchiere capace di conquistare, il Monferrato Rosso Brunaldo 2017 da uve 100% croatina, scelta questa sì fuori dalle righe in questa area di Monferrato. Il naso è ingannevole al punto da richiamare a tratti il nebbiolo: ci sono le erbe aromatiche e la liquirizia nera. In bocca è tannico, quasi allappante, caldo ma con una bella spada acida. Quasi gemello, altrettanto interessante, il Vino Rosso Barbacrò 2020 che nel nome richiama barbera e croatina, al naso si mostra intenso e fruttato e in bocca, di nuovo, decisamente tannico. Tra i bianchi, invece, applausi a scena aperta per il Piemonte Riesling Savium 2021, con naso decisamente aromatico, c'è origano accanto alla pietra. In bocca è fresco, di buona piacevolezza.
Chi è Rosavica Benotti? Difficile da inquadrare questa cantina tra vini entusiasmanti e scelte che ci lasciano un po' perplessi. Una cosa però la possiamo dire con certezza: il loro vino è il nebbiolo. Ce l'hanno nelle corde e sanno tirare fuori il meglio da questo vitigno fin dal nebbiolo di base cioè il Langhe Nebbiolo 2021 che gioca sulla finezza della violetta al naso e in bocca è caldo, tannico, lungo. Il Roero 2019 ripercorre le stesse strade del campione precedente e al naso senti la viola e le erbe aromatiche e al naso è pieno, tannico. Il Roero 2019 invece ha l'anima dei nebbioli di Barbaresco, con la frutta che lascia spazio alle note selvatiche, animali, di pelliccia. In bocca è pieno, tannico, lungo: un grande Roero.
Nuova cantina per il nostro Golosario, perché i campioni di questa piccola azienda agricola che da vent’anni opera nel cuore dei castelli di Jesi ci hanno colpito molto. Di proprietà della famiglia Petrini, deve ad Andrea la spinta verso una produzione di qualità raggiunta con fatica a selezione attenta. E colpisce subito il Verdicchio dei Castelli di Jesi Pas Dosè metodo Martinotti “Maltempo” ha colore paglierino; al naso pesca, fiori di tiglio e di acacia che emanano freschezza; in bocca è ricco, di media pienezza, con una lama verticale che trasporta il sorso dal fresco al sapido accentuato. Bellissimo e inaspettato il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore “Vigneto del Balluccio” 2021 ha colore paglierino brillante; naso molto fine, ficcante, intenso. In bocca è pieno, rotondo, molto fine, lungo e anch’esso verticale. Commenti a margine “Finezza a mille, elegantissime note minerali, l’acidità è potente e non demorde”. E ancora da Marco Gatti “Naso minerale con canna di fucile giocata sulla finezza e poi lo spettacolo della polpa della frutta in bocca”.
Siamo alle falde del Vesuvio, nel comune di Boscotrecase, con la Tenuta Sorrentino, nata 300 anni fa con una dimora-cantina d’accoglienza dove, per cinque generazioni, si sono susseguite le orme della tradizione di agricoltura e viticoltura vesuviana nel produrre il Lacryma Christi. Oggi, gli ettari di vigneti sono 35 e siamo nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio. I vini che ci hanno colpito: il Vesuvio Caprettone Benita 31 del 2022 ha colore paglierino carico. Al naso frutta esotica agra, non dolcissima, ma che ricorda il mango ma anche salvia e rosmarino. Molto particolare in bocca: diretto, delicato ma pieno fino ad essere vellutato col suo aroma di fiori di ginestra. Caratteristico elegante, molto buono. Il Vesuvio Lacrima Christi Rosato “5 Viti” 2022 ha colore cipolla e un naso fine e citrino. Anche in bocca è fresco, ma ancora in divenire. Notevole il Vesuvio Piedirosso “7 Moggi” 2021 dove al naso avverti subito i piccoli frutti e il rabarbaro. Ti freghi le mani perché lo trovi tipico e contadino accezione che per noi significa autenticità, capace di mostrare una sua eleganza e anche una caratteristica freschezza.
Siamo a due passi da Montefalcione, cittadina potente già sotto gli Etruschi e con una falce (simbolo del lavoro contadino) nello stemma comunale. Qui opera l’azienda vinicola Donnachiara “vocata” per tradizione, territorio e precisa scelta della famiglia Petitto (che ne è proprietaria) alla produzione delle tre Docg irpine: Fiano di Avellino, Taurasi e Greco di Tufo, oltre che dei tradizionali Aglianico e Falanghina. La cantina è moderna ed è del 2005, ma i vigneti hanno storia decennale. Dei questa cantina ecco il Fiano di Avellino Biologico “Esoterico” 2022 che si presenta con un paglierino di ottima consistenza. Al naso senti caramello, zolfo, nota salmastra di oliva e pera molto intensa. In bocca è in cerca di un suo equilibrio e finisce sapido il giusto. Decisamente convincente è tuttavia il Greco di Tufo Riserva “Aletheia” 2021 che ha un naso diretto, intenso molto elegante, dove la frutta bianca vola su suggestioni balsamiche. In bocca è la trama interessante per un sorso disteso, fresco e proprio croccante. Si sale ancora in soddisfazione con il Montefalcione Taurasi 2019 che ha colore rubino di una certa intensità; al naso finezza di frutta e leggera speziatura. In bocca provi la fragranza pura, trasportata dai tannini fini e già ben amalgamati e da quella spalla fruttata e fresca, di un ottimo campione di Taurasi.
Una storia, quella di questa cantina, legata alla famiglia Fabris, iniziata con Nonno Gervasio che all’ attività imprenditoriale, decise di affiancare l’impegno nel mondo del vino, con l’acquisto di piccoli appezzamenti vitati sulle colline di Gattinara (Vc), Casa del Bosco e Sostegno (Bi) con l’obiettivo di produrre grandi vini rossi a denominazione, come Gattinara, Bramaterra, e Coste della Sesia. Alla guida oggi c’è il nipote di nonno Gervasio, Marco Fabris, che condivide la cura dei tre ettari di vigneti, con il suo amico fraterno Pietro Mascazzini. L’affinamento dei vini avviene nel locale interrato utilizzando tonneaux di rovere francese di secondo passaggio e botti da 26 hl di rovere austriaco, una scelta che mira a esaltare la tracciabilità, il terroir e il carattere tipico dell’Alto Piemonte. I nostri ultimi assaggi? Iniziamo dal Rosato “Coste” 2022 che ha un colore classico e poi al naso un’avvolgenza che accenna al bosco profondo; in bocca è pieno, speziato, gradevole. Il Coste della Sesia Nebbiolo “Sandrin” 2020 ha un naso finissimo, che evoca i piccoli frutti e poi una bella trama, fresca con inclinazione acidula tipica di questi territori. Ma eccoci al Bramaterra “Gervasio” 2018 che si presenta con un colore rubino da unghia aranciata e poi naso profondo di sottobosco, arancia candita, ciliegia sottospirito, marasca. È buono, setoso, e ricorda campioni d’antan di questo vino. Il Gattinara “Timoteo” 2018 ci è parso più convincente: sontuoso al colore e al naso, dove emergono le stelle alpine a marcare note balsamiche su sfondo fruttato è ancora in divenire, l’acidità scomposta ma la promessa è davvero grande e per noi vale tanto.
Solo due generazioni, quella dei “Fondatori”, Sergio e Thea, e quella dei loro figli David Vittorio. Una storia breve, i risultati dicono di un’avventura che ha fatto e fa la storia dei vini di eccellenza della Romagna. Un’avventura iniziata nei primi anni ‘70 quando fare qualità in Romagna era da pazzi visionari. Noi conosciamo dagli esordi questa azienda e subito ci siamo precipitati ad assaggiare i due nuovi vini, che arrivano dopo la scomparsa del grande Sergio Navacchia, il padre di Vittorio e David, che gli hanno voluto dedicare un Bianco e un Rosso con l’anno di nascita 1933. Ed ecco il Rubicone Chardonnay “Classe 33” del 2021, è un giallo oro pieno di bella consistenza, senti curiosamente la grafite, quindi cenni minerale e di cemento, poi frutta esotica sotto spirito. In bocca è graffiante, l’acidità ancora da comporsi, il finale amaricante. Molto pieno, una bomba. Il Romagna Sangiovese Serra “Classe 33” 2021 Diciamo subito che ha meritato i 5 ***** Ha colore rubino che fa emergere una certa lucentezza. Al naso avverti subito l’incenso e poi una prugna pregnante. In bocca hai la sensazione di trovarti di fronte a un Grande rosso italiano: fresco, ricco, tannico ma fine. Elegante all’ennesima potenza, sintesi fra le note fruttate intense di tutti i vini della loro storia e di quella ricercata eleganza che noi trovammo nelle prime annate del Thea, il sangiovese dedicato alla mamma.
Di Castello di Tricerchi di cui a novembre abbiamo apprezzato il Brunello di Montalcino 2018 ecco il Rosso di Montalcino 2021: ha colore tubino trasparente; note di pelliccia e selvaggina e poi frutta polputa e una speziatura di cannella. In bocca è vellutato, elegante, croccante. Da *****