La selezione dei migliori vini italiani firmata da Paolo Massobrio e Marco Gatti compie 20 anni e si conferma una delle più longeve e interessanti nel panorama nazionale. Merito anzitutto di una formula che in questi anni ha permesso di andare a fondo nel territori, scoprendo chicche quasi introvabili. Il criterio scelto, infatti, è quello di individuare ogni anno 100 cantine che meritano il podio, senza mai premiare quelle degli anni precedenti.
Il tutto per offrire un quadro unico dell'Italia da bere che quest’anno vede affermarsi con convinzione - ed è la maggiore novità - una regione in particolare, il Piemonte che con 31 etichette premiate guida una straordinaria affermazione dei nebbioli del Nord (Ghemme, Gattinara, Valli Ossolane, ma anche Boca, Lessona, Sizzano e Bramaterra) che "sorpassano" le Langhe; quindi il successo del Gavi, bianco piemontese per eccellenza con tre referenze. Si conferma ad alti livelli il Veneto con la novità dei vitigni Piwi e in questo caso sono due i "resistenti" premiati su 11 etichette totali.
Come ogni anno, il riconoscimento dei Top Hundred comprende anche i Top dei Top, ossia l’eccellenza per ogni categoria. Per i vini bianchi è il Colli del Limbara “Zilvara” (vermentino di Gallura, galoppo) 2019 di Francesco Lepori di Trinità d’Agultu e Vignola (SS); per i vini rossi è il Candia Colli Apuani Vermentino Nero “Riflesso” 2019 di L’Aurora di Francesco di Massa (MS); per gli spumanti il Trentodoc Extra Brut Biologico Riserva “Paladino” di Revì di Aldeno (TN) e per i passiti il Passi di Ciò (malvasia moscata) 2017 di L’Autin di Barge (CN).
AOSTA - Les Petits Riens
Petit Bout de Lune (b - chardonnay, erbaluce)
Fabien è originario dello Jura, la zona più rurale della Francia, Stefania è milanese e insieme, dopo gli studi di enologia e importanti esperienze in cantine italiane ed estere, hanno deciso di trasferirsi in Valle d’Aosta per praticare una viticoltura rispettosa della natura, delle vigne e persino delle singole piante. Qui, in poco più di due ettari di vigna, danno vita a una produzione intelligente che gioca proprio sull’asse tra Italia e Francia. Straordinario il Petit Bout de Lune 2018 (80% chardonnay e 20% erbaluce), che rivela note agrumate molto solide e sentori di frutta esotica. In bocca è fantastico: ingresso morbido, acidità diffusa, mineralità, eleganza e corpo dentro a una finezza calda; davvero notevole anche la trama vellutata. Ma che dire almeno di tre grandi rossi assaggiati: Entre terre et ciel (da petit verdot e cabernet, pinot nero e gamay), Ici et maintenant (da syrah e mondeuse nera) e Au coin du feu (da petit rouge, vin de Nus, fumin, pinot nero, dolcetto e altri, che usualmente compongono il “Torrette”).
ARVIER (AO) - Thomain
Vallée d’Aoste Enfer d’Arvier
Due ettari di vigneto, sul versante destro della Dora Baltea, che sin dall’antichità era noto con il nome francese di inferno – enfer – a causa delle elevate temperature e dell’aridità del suolo: questo il contesto in cui nasce l’azienda che, da oltre un secolo (la fondazione risale al 1920), si occupa di produrre l’Enfer d’Arvier. Spettacolare questo campione che ha il profumo di vischio, con quelle note al naso di verde selvatico che poi ritrovi in bocca pari-pari. Poi il bicchiere, una volta ossigenato, si amplia ancora con note di marmellata di mirtilli. Ha un bel corpo che termina con una nota amarognola davvero avvincente.
ALBA (CN) - Piazzo Armando
Barbaresco
La storia di questa cantina ha inizio negli anni ‘60 a San Rocco Seno d’Elvio, una piccola frazione del comune di Alba, dove Armando Piazzo e Gemma Veglia, allora due giovani sposi che provengono da famiglie di viticoltori, decidono di acquistare i primi appezzamenti. Hanno l’intuizione e la lungimiranza di credere in un territorio e in un vitigno, il nebbiolo, che in quel momento era ben lontano dalle fortune odierne. Nel 1979 vendemmiano il loro primo Barbaresco, inizio di un cammino che oggi li porta a essere un’azienda di riferimento, con oltre 70 ettari coltivati a vigneto, posti vicino all’azienda e a Mango, Neviglie, Guarene e Novello. Top Hundred dunque per il loro Barbaresco 2018, uno dei trionfatori di Nebbiolo Prima, campione perfettamente coerente di questo vino con profumi di viola e ciliegia, netta speziatura e un tannino morbido, setoso, che ha tutta l’eleganza che connatura i migliori Barbaresco.
BARGE (CN) - L'Autin
Passi di Giò (ps - malvasia moscata) top dei top passiti
Dall’agronomo e imprenditore nel settore delle cave Mauro Camusso, nasce l’idea di affinare il vino nelle miniere di talco dell’Ecomuseo della Valle Germanasca, che garantiscono una temperatura costante di 10 °C e l’umidità fissata sull’80-90%. Il progetto prende vita grazie al felice incontro con l’enologo Gianfranco Cordero, per un’idea di viticoltura di qualità che presenta come elemento distintivo l’aver puntato sui vini bianchi e sulle bollicine, impiantando così uve inedite per il territorio dell’areale pinerolese, quali riesling, sauvignon blanc, pinot nero, oltre alla mitica malvasia moscata e al raro autoctono bianc vert. L’Autin (che in piemontese significa “piccola vigna”) nasce nel 2010 e conta circa otto ettari vitati per una produzione di 35mila bottiglie in regime biologico e sostenibile. Il fiore all’occhiello della produzione è il Passi di Giò, un passito da vendemmia medio tardiva di uve malvasia moscata, poste a passire su graticci fino a fine febbraio. Quindi, la vinificazione e l’affinamento di almeno un anno in barrique di secondo passaggio. Dal colore giallo oro brillante al naso è netta la crema pasticciera e il miele. In bocca è grandiosa la sua rotondità, tanto da sentirlo grasso, ma assolutamente mai stucchevole, giacché l’acidità lo sorregge su altezze gusto-olfattive davvero esemplari. Grandissimo vino da meditazione. È Top dei Top dei passiti 2021. Notevole anche lo Spumante Brut Pas Dosé Metodo Classico.
BOSIO (AL) - Ghio Roberto - Vigneti Piemontemare
Gavi del Comune di Bosio “Pian Lazzarino”
Venite qui (almeno) per due motivi. Il primo sono i vini firmati da Roberto Ghio, classe 1977 e studi di filosofia alle spalle, che ha le vigne nella parte più montana della zona del Gavi, da dove sa tirar fuori un vino da manuale, il Pian Lazzarito, longevo, che per l’annata 2013 ci ha fatto appuntare sul taccuino “il Gavi come l’avete sempre desiderato”. Nell’ultima annata, poi, è ghiotta la nota di frutta esotica, molto persistente e con note metalliche. In bocca ti riempie il palato di freschezza. Il secondo motivo è la cucina dell’osteria Piemontemare, che Roberto ha aperto in centro paese e dove sa portare un perfetto mix di Piemonte e Liguria. E qui puoi trovare anche le sue altre chicche: un bianco da uve carica l’asino che porta il nome di Zané o il rosso da uve nebbiolo che è La Cascina.
CANELLI (AT) - Gancia
Gancia Cuvée 60 Mesi Riserva Alta Langa Metodo Classico Brut
La trasformazione di casa Gancia si è conclusa con un ritorno alle origini. L’azienda dov’è nato il metodo Martinotti, che ha cambiato la produzione degli spumanti e ha contribuito a portare l’Asti nel mondo, ha compiuto un percorso di rinnovamento. Con un ritorno alle origini, puntando (anche) su quei metodo classico che riposano nelle scenografiche cantine secolari, premiate dall’Unesco. Di casa Gancia ci hanno colpito due grandi Alta Langa: la Cuvée 36 mesi del brut 2013, che aveva note fruttate di mela e frutti esotici e poi un sorso scalare di una piacevole complessità, e la Cuvée 60 mesi del Brut Riserva 2011, che si è guadagnata i cinque asterischi. Un vino di colore oro antico, dove trovi fragranze di crosta di pane, note saline, come essere in riva al mare, tracce minerali e poi un grande equilibrio in bocca, giocato su note di pienezza ma anche di avvolgente freschezza. Persistenza molto lunga.
CASALE MONFERRATO (AL) - Cascina Faletta
Grignolino del M.to Casalese “Baudolino”
Quest’azienda agricola è riuscita ad accendere una luce importante nel Monferrato casalese. I proprietari Elena Novarino e Giovanni Rosso hanno scelto di seguire le orme dei loro bisnonni, Giovanni Ariotto e Umberto Caprioglio, che nel 1881 erano viticoltori nei tempi in cui si stava facendo l’Italia. C’è dunque storia, territorio, passione in questo luogo – che è anche un ristorante radioso e un wine relais – e l’assaggio dei loro vini ci ha spinto a seguirli fin dai primi assaggi. Merita sottolineare la loro innovativa scelta di cantina che ha valorizzato da un lato i vini più tradizionali del territorio puntando, però, contemporaneamente sul pinot nero, anche materia prima di un ottimo metodo classico, il Marchesa Virginia, che abbiamo avuto modo di assaggiare anche recentemente, rimanendo sorpresi dall’eleganza. Pieni voti anche per il Primo Grigio, un vino bianco decisamente ben fatto, che al naso è caratterizzato dal profumo di pera tipico delle uve di pinot grigio da cui è ottenuto, quindi la Barbera del Monferrato “Braja” 2019, una Barbera da manuale che al naso ha profumi di viola e susina, calda, con un’acidità ficcante. L’asso però è sicuramente il Grignolino del Monferrato Casalese “Baudolino” 2019, che al naso si dimostra elegante, pulito, misurato come deve essere un Grignolino, per una sensazione di equilibrio che ritroviamo allo stesso modo in bocca, dove quella parte tannica, che si sente ma non urta, ti fa dire: “Ecco il Grignolino.
CASTAGNOLE MONFERRATO (AT) - Esse Erre
Ruché di Castagnole M.to
Edoardo Rossi, Giulia Montina e Serra Simone rilevano la Capuzzo, un’azienda nata negli anni Venti e dedita alla produzione dei classici vini del territorio, con quattro ettari vitati che comprendono barbera, grignolino, ruché e riesling. Edoardo Rossi, che lavora e nasce nel mondo del ruché (anche se la sua prima vendemmia come Esse Erre è proprio la 2020), decide di puntare proprio su questo vitigno con una produzione limitata di bottiglie, 3mila circa, frutto di una selezione di quattro esposizioni differenti. Il risultato è grandioso: il suo Ruché di colore rubino trasparente ha una nota di rosa piena, intensa, speziata e in bocca è rotondo e persistente, dove la freschezza accompagna il velluto.
CELLA MONTE (AL) - Cinque Quinti
Grignolino del M.to Casalese Bricco San Pietro “Solista”
Dopo quattro generazioni da coltivatori, la famiglia Arditi ha scelto di cominciare a produrre vino, il proprio vino. Un quintetto di fratelli in cui le competenze singole concorrono a elevare la forza del gruppo, ognuno con le sue caratteristiche e le competenze acquisite in Italia e all’estero. Oggi Cinque Quinti è un cantiere naturale di 68 ettari vitati (20 mila le bottiglie) nella terra degli infernot, il Monferrato. Fondamentale anche l’apporto dell’enologo Dario Aceto per la produzione di vini, tra cui segnaliamo il Top 2021: il Grignolino del Monferrato Casalese Bricco San Pietro “Solista” 2019, frutto del sodalizio autentico e genuino con il territorio, che esce in commercio dopo sei mesi di acciaio e quattro di bottiglia. Colore ciliegioso con un rubino scarico classico, al naso ti coglie l’amarena; in bocca scende equilibrato e poi diventa sontuoso quando esprime la sua tannicità, composta con un finale amaricante. Un Grignolino di rara coerenza, che lascia il palato pulito (è da bagna caoda!). Notevole anche il Monferrato Bianco “Dedalo”, da uve arneis in purezza vendemmiate ai primi di settembre e vinificate con breve pressatura soffice, al pari della Barbera del Monferrato Superiore “Roverò”, che fa 20 mesi in tonneaux. Infine, due spumanti. Il Piemonte Chardonnay “Mariulin” 2019, un metodo Martinotti dalle omonime uve in purezza, e lo Spumante Brut Metodo Classico Rosè “Austin” 2016, da uve pinot nero in purezza che rimangono sui lieviti per almeno 30 mesi.
DIANO D'ALBA (CN) - Camparo
Diano d’Alba “Sorì Bric Camparo” 2020
Camparo è una classica azienda nelle Langhe che si è sviluppata nel Dopoguerra da una situazione contadina, trovando nel dolcetto e nel nebbiolo il proprio punto d’onore. Dal Duemila, la terza generazione della famiglia, rappresentata da Mauro, ha compiuto il passaggio verso l’agricoltura biologica, tra le prime aziende in Langa. A seguito di una panoramica ampia sulla produzione abbiamo potuto apprezzarne le diverse sfaccettature a partire dalla loro “ammiraglia”, quel Barolo che nasce dalle uve coltivate nel cru di Boiolo di La Morra: un vino che al naso spicca per le note vegetali, di sottobosco, e in bocca punta sull’eleganza e su un tannino che scivola come seta. Passando al Nebbiolo d’Alba 2018, si resta sullo stesso livello con un vino espresso in tutte le sue potenzialità, pieno, tannico. Nostro Top Hundred sarà però il vino “del cuore”: il Diano d’Alba “Sorì Bric Camparo” 2020. Un grandissimo Dolcetto, che ha naso profondo con la viola che si accompagna a speziature intriganti di chiodi di garofano e cannella, che in bocca ritornano intonandosi alla perfezione con l’acidità e la freschezza che ne fanno un sorso vivo, croccante.
DOGLIANI (CN) - CHIONETTI QUINTO E FIGLIO
Dogliani “San Luigi” 2020
Chionetti Quinto & Figlio. Andava orgoglioso di questa dicitura Quinto Chionetti, che la sorte gli vide sottrargli il figlio Andrea in un incidente stradale. L’azienda porta la data del 1912, quando Giuseppe Chionetti acquista la vigna San Luigi, nella zona più vocata del comune di Dogliani e proprio Andrea sposerà la politica dei cru (Briccolero, La Costa e San Luigi) cara a Luigi Veronelli, che considerava Quinto uno dei padri del vino piemontese, amato dal conte Riccardi da Giacomo Bologna e da tutti noi. Quinto, che ci manca dal 2016 (aveva 91 anni), mantenne sempre il sorriso lieto dei contadini piemontesi e la sua compagnia offriva momenti di saggezza. Nipote di Giuseppe, per 50 anni sviluppò di fatto il valore del Dolcetto di Dogliani. Oggi l’azienda è in mano al nipote Nicola (figlio di Andrea), che sa il fatto suo a sentire la setosità dei suoi vini. Persino di un elegante Barolo (uno dei tre che produce) che è il Pianpolvere Soprano Bussia 2017 da eleggere a campione di finezza. Ma torniamo ai Dogliani. Il Briccolero 2020 è quello più speziato con note di prugna e viola; il Dogliani “La Costa” 2018 è ampio con una complessità minerale che emerge dalle sue note fruttate e dal suo equilibrio esemplare; il San Luigi 2020, che è il vino Top Hundred di quest’anno, aveva quella profondità al naso dove la frutta si mischia al rabarbaro. Bel sorso, elegante, disteso, con una speziatura sottile. Elegante e felice, come vogliamo ricordare Quinto.
FARA NOVARESE (NO) - I DOF MATI
Colline Novaresi Vespolina “Bona” 2019
Dof Mati, ovvero in dialetto “le due ragazze”, al secolo Sara Paladini e Valentina Cometto, che a partire dal 2016 hanno lasciato da parte le rispettive occupazioni per ripristinare vigneti abbandonati a Ghemme e Sizzano (circa sei ettari in tutto) e farli tornare produttivi. Due ragazze per due vini in purezza, un Merlot e una Vespolina. Sarà quest’ultima, la Vespolina “Bona” 2019, a conquistare il nostro Top Hundred 2021: di colore rubino trasparente, al naso ha note franche di marasca, freschezza incisiva con tracce speziate e tannini ben presenti. Davvero ottimo.
GATTINARA (VC) - CANTINA DELSIGNORE
Gattinara “Il Putto Vendemmiatore” 2017
Il cammino di questa cantina procede parallelamente a quella della denominazione e prende avvio negli anni del Dopoguerra, quando Elsa Nervi sposa Attilio Delsignore e l’unione delle due proprietà dà luogo a cinque ettari di vigne utilizzate inizialmente per produrre un vino da tavola. Attilio però è lungimirante e decide di puntare sul vino da invecchiamento, quel Gattinara che gli darà grandi soddisfazioni negli anni a seguire. Poi per problemi di salute è costretto ad abbandonare la vinificazione, che però resta nelle radici della famiglia. Così per questa cantina è sembrato quasi conseguente riprendere la vinificazione da lì, da quel Gattinara che già aveva reso orgoglioso il fondatore. Ottima decisione: lo confermiamo con l’assaggio de Il Putto Vendemmiatore 2017: avvolgenza fruttata al naso, dove avverti sia i piccoli frutti sia un ché di esotico che esprime la freschezza. “Grandissimo” l’aggettivo appuntato sul taccuino, per dire quanto è stata avvincente la sua complessità.
GAVI (AL) - BROGLIA SOC. AGR.
Gavi del Comune di Gavi “Bruno Broglia” 2018
La Meirana, che oggi rappresenta la proprietà accorpata più grande del territorio con 65 ettari di vigneto, è stata acquistata nel 1972 da Bruno Broglia, imprenditore del tessile, dal Conte Edilio Raggio, dopo che lo stesso aveva ristrutturato la splendida villa in Gavi il cui restauro fu affidato ai migliori architetti dell’epoca. L’intuizione di puntare sul Gavi fu sicuramente vincente e infatti in pochi anni i vigneti raddoppiarono. Oggi, che a occuparsi della cantina è la terza generazione della famiglia, Broglia è un nome di rilievo sui mercati internazionali. Nella nostra degustazione l’assaggio dei suoi Gavi è stato entusiasmante. Il suo Gavi del Comune di Gavi “Vecchia Annata” 2010 è un monumento a questa uva che può esprimersi così: placido, disteso, di acidità ficcante con note di lavanda e frutta esotica. Il 2009 esprime l’intensità del talco. Una finestra aperta sul futuro del campione che ha conquistato il nostro Top Hundred è il Gavi del Comune di Gavi “Bruno Broglia” 2018, ottenuto dalle vigne vecchie dell’azienda e affinato in acciaio, magnifica l’uva cortese: grande finezza floreale, mineralità e una persistenza sostenuta dalla giusta acidità. Un vino per cui l’appellativo di “Barolo bianco” è perfettamente azzeccato. P.s. Da assaggiare anche il Timorasso 2018 della maison.
GAVI (AL) - CASTELLARI BERGAGLIO
Gavi del Comune di Gavi “Rolona” 2020
Castellari Bergaglio è un nome storico per questa denominazione, che fin dall’Ottocento si è affermato nella produzione di questo vino. Noi però oggi possiamo apprezzarlo anche per la capacità di mostrarne le potenzialità nelle sue varie declinazioni, come bianco da invecchiamento, come vino d’annata e anche nella spumantistica. Il Pilin 2014 di Castellari Bergaglio ha note di idrocarburi tipici e offre anche una grande prospettiva così come il Fornaci, che ha note più citrine che poi trasportano la persistenza con sapidità al fondo, mentre il Metodo Classico “Ardè” ha una freschezza incredibile. Il Gavi del Comune di Gavi “Rolona”, selezionato per il Top Hundred nell’annata 2020, è ampio, grasso, fruttato, con speziature animali e un equilibrio spettacolare. Nella degustazione dei quasi 80 campioni di Gavi che abbiamo svolto quest’anno, tutti i vini di Marco Bergaglio sono arrivati al vertice delle varie tipologie. Un caso più unico che raro.
GOVONE (CN) - I PARCELLARI
Barbera d’Asti Superiore “Parcella 563” 2019
È un incontro felice, quello tra Mameli e Novaro, che hanno dato vita a questa intuizione che ha come obiettivo quello di valorizzare al meglio la produzione dei 300 ettari di terreno situati nei territori delle Langhe, del Roero e del Monferrato della società Produttori di Govone. Agostino Malvicino, direttore dell’azienda, e Davide Canina, sommelier professionista e responsabile della carta dei vini di diversi ristoranti in Piemonte, si sono uniti, in sinergia con l’enologo Claudio Dacasto, concentrandosi sulla produzione parcellare dei vini ovvero la selezione dei terreni più adatti a produrre determinate uve per determinati vini. Il risultato è da standing ovation. Per noi Top 2021 la Barbera d’Asti Superiore “Parcella 563” 2019, che nasce nel vigneto Bricco Pizzo di Cioccaro di Penango, ed esce con una macerazione sulle bucce di 15 giorni e dopo un affinamento di 12 mesi in tonneaux da 500 litri. Dal colore purpureo, ha profumi di rosa e di frutta rossa matura, sentori speziati, sorso setoso, di notevole finezza, con un finale lunghissimo e piacevolmente ammandorlato.
GRIGNASCO (NO) - TENUTE GUARDASOLE
Boca 2017
Tenuta Guardasole è uno di quei gioiellini che possiamo scoprire nel nord del Piemonte, in questo caso a Grignasco, all’imbocco della Valsesia. L’azienda si compone di tre appezzamenti, vigneto fin dalla fine dell’Ottocento, ma reimpiantati nel 2009 con le varietà tipiche di questa zona ovvero vespolina e nebbiolo. Due ettari di vigna coltivati dal giovane Marco Bui secondo il regime biologico, con inerbimento e meno trattamenti possibile: rame e zolfo integrati da estratti naturali di alghe. Il Vino Rosso “Pio Decimo” 2018 (da uve nebbiolo) ha un naso molto pulito, di viola e piccoli frutti, che in bocca appare corretto, con un giusto corpo. Il Boca 2017 è il loro cavallo di battaglia e si sente: è un grande vino, con la frutta sotto spirito non troppo esaltata, una speziatura lieve di chiodi di garofano, in bocca è asciutto con un tannino ficcante. Un vino che prende i suoi spazi tra i grandi rossi piemontesi. Marco fa appena 5.000 bottiglie e il vino in botte delle prossime annate promette davvero tanto.
INCISA SCAPACCINO (AT) - CASCINA GIUSPIN
Barbera d’Asti “Chino” 2018
È facendo un percorso alla scoperta delle proprie radici (che poi sono anche quelle di Paolo Massobrio) che Francesco Ferraris ha riattivato la produzione di vino con l’antica etichetta Giuspin, di Incisa Scapaccino, paese originario del nonno di cui porta lo stesso nome. Ha riattivato gli impianti vitati e tutto il resto coltivando i 7 ettari di terreno a disposizione, per una produzione che si attesta intorno alle 5mila bottiglie e si concentra su due tipi di Barbera. Top è il Barbera d’Asti “Chino” un vino dalla nuance vinosa che trascina già al naso la freschezza della sua acidità. Poi arriva la mandorla e in bocca quella trama setosa ed elegante che ne fa un campione di tipicità. Esattamente come sono i vini di Abazia di Masio, i cui terreni ospitano i vigneti. L’altra produzione riguarda la Barbera d’Asti Superiore “Gius”, un vino più profondo e concentrato, con note finali amaricanti e l’affinamento in legno che ne doma parzialmente l’acidità.
LERMA (AL) - LA CASANELLA
Spumante Metodo Classico Blanc de Noirs Pas Dosé Millesimato “Giulia Contea” 2016
Nell’Alto Monferrato, al confine tra Liguria e Piemonte, nel borgo collinare di Lerma opera da decenni la famiglia Odicini, oggi guidata da Roberto che 8 anni fa, partendo dalla sua predilezione per le uve dolcetto, ha iniziato a sperimentare la spumantizzazione in cantina, adottando prima il metodo charmat seguito poi da quello classico o della lunga fermentazione in bottiglia. Da questa lavorazione nasce lo Spumante Pas Dosé Metodo Classico Millesimato “Giulia Contea”, che riposa 24 mesi sui lieviti e rimane almeno 6 mesi in bottiglia dopo la sboccatura. Ha colore paglierino classico, note di frutta, anche banana, ma questa dolcezza olfattiva (di un dolcetto, nomen omen) poi rivela un sorso secco, fresco, di ottima struttura. Notevole, con una speziatura presente e un’acidità piena, ficcante, che accompagna una lunga persistenza. Un brut unico e clamoroso. Meritano anche il Dolcetto di Ovada Riserva “Torre Vallescura”, il Bric Raja 2015, un varietale da uve cabernet sauvignon in purezza, affinato 3 anni in piccole botti di rovere e il Solè, un passito da uve sauvignon in purezza ottenuto da una vendemmia tardiva con successivo affinamento per tre anni in barrique.
LESSONA (BI) - CASSINA PIETRO
Lessona “Pidrin” 2015
Lessona si affaccia sul Monte Rosa e dista pochi chilometri dal capoluogo piemontese. All’interno della denominazione, l’azienda Pietro Cassina possiede 6 ettari di vigneti oltre ad alcune zone boschive. Qui il nebbiolo trae la sua eleganza e potenza da un terreno ricco di fossili di un antico vulcano (parliamo di milioni di anni fa) che ha arricchito il sottosuolo. Se state cercando il segreto della bontà del vino Lessona, si nasconde proprio sotto i vostri piedi. In affinamento vengono usati legni svizzeri e austriaci, molto duri e quindi meno invasivi negli aromi, per dare modo al vino di esprimersi ed evolvere in maniera lenta e controllata. Il Vespolina Coste della Sesia “Tera Rusa” ha un naso terroso e di piccoli frutti, poi spezie (sembra peperoncino?), un mix di sentori quasi di sottobosco che si ritrovano nel Nebbiolo “Ciuèt”. Il Lessona “Pidrin” 2015 dal colore trasparente, come si deve a un nebbiolo 100%, apre un’altra pagina sul valore del Nebbioli del Nord. Ha un naso dritto e fine con una ricchezza aromatica floreale (la viola del nebbiolo) e poi di polpa. In bocca è pregnante la sua acidità con quel frutto (è una prugna) che ti insegue. Top Hundred 2021.
LOAZZOLO (AT) - PIANBELLO
Alta Langa Brut Metodo Classico “Pianbé” 2015
Sessanta ettari di terreno di cui trentuno di vigna: questa la proprietà della famiglia Cirio, da tempo immemore impegnata in agricoltura sul territorio. Il luogo scelto racconta parte della storia di queste terre, un tempo popolate dai lupi: il toponimo “Loazzolo”, come si legge sulla controetichetta di ogni bottiglia, deriva dal latino Lupatiolum (posto dove scorrazzano i lupi) e un Rio dei lupi scorre proprio vicino al corpo storico della cascina. Oggi hanno preso il posto di boschi e foreste le vigne ideali per produrre un ottimo Alta Langa. Ci è piaciuto l’Orme Pas Dosé 2016, di colore che tende all’oro da cui si intravvede la catena di bollicine finissime. Al naso è etereo e fruttato, equilibrato nonostante il timbro di freschezza che prolunga la persistenza. Top Hundred però per il Pianbé 2015, un brut finissimo da uve pinot nero e chardonnay, con un finale sapido e un amaricante molto elegante.
MONFORTE D’ALBA (CN) - CONTERNO FANTINO
Barolo “Ginestra Vigna Sorì Ginestra” 2017
Fondata nel 1982 da Claudio Conterno e Guido Fantino, a cui nel tempo si sono aggiunte le nuove generazioni, l’azienda oggi si estende su 27 ettari vitati, suddivisi tra quattro vitigni: nebbiolo, barbera, dolcetto, chardonnay. Oggi la filosofia dell’azienda è sempre più tesa a sostenibilità ambientale, salvaguardia della biodiversità, rispetto della terra e della sua memoria, il che ha significato prima l’adozione dei metodi biologici, quindi l’utilizzo in cantina di tecniche mirate sia al risparmio energetico sia all’utilizzo di fonti rinnovabili. I Barolo sono quattro e per noi, al vertice, c’è il Ginestra che, al profilo tipico del Barolo, ha aggiunto al naso una nota balsamica capace di renderlo immediatamente riconoscibile e in bocca un tannino avvolgente, setoso. Un Barolo da ricordare.
MONFORTE D’ALBA (CN) - RUGGERI CORSINI
Barolo “Bricco San Pietro” 2017
Al vertice dei nostri migliori assaggi tra i Barolo di Monforte d’Alba effettuati a Nebbiolo Prima, quest’anno è risultato primo il vino di questa azienda, nata dalla passione della famiglia Ruggeri che, nel 1994, decide di cambiare vita acquistando un podere in uno dei paesi del Barolo. Oggi, a venticinque anni di distanza dalla prima vendemmia (anno 1996), chapeau di fronte al loro Barolo “Bricco San Pietro”, che mostra subito intense note di viole e frutta e in bocca è rotondo, speziato con tannini ben integrati con l’acidità. Un Barolo iconico, davvero elegante. Che è il leit motiv di questa azienda a sentire anche gli altri vini, la Barbera d’Alba 2017 “Armujan”, il Langhe Nebbiolo e l’Albarossa “Autenzio”.
NIZZA MONFERRATO (AT) - SETTE
Barbera d’Asti 2019
Gregorio, Gino e Gianluca (già su questo libro con la cantina Colombo dedita al Pinot Nero) sono i tre soci fondatori di questa cantina che si basa essenzialmente su un vitigno, la barbera, coltivato (accanto a un po’ di moscato) su circa 6 ettari di vigneto, con piante che spaziano dai 20 ai 75 anni di età. La loro Barbera d’Asti 2019 ci ha conquistato immediatamente, perché semplicemente è lei, la Barbera come dev’essere. Ha naso di rosa e di prugna fresca, quindi mandorla, in bocca è tesa, con la giusta acidità e freschezza che ne fanno immediatamente un vino elegante. Il Nizza 2018 punta sulla profondità, che alla frutta affianca la liquirizia, in bocca si distende, diventa più ampio ma ritira gli artigli (l’acidità) che abbiamo trovato nella Barbera d’Asti. Di cui ci siamo innamorati perdutamente.
PIEVE VERGONTE (VB) - CA’ DA L’ERA
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore “Prünent” 2018
Mara Toscani è una giovane produttrice ossolana che, alla soglia dei quarant’anni, decide di recuperare i terrazzamenti abbandonati e inerbiti, di proprietà dei nonni e bisnonni in Val d’Ossola e, dopo un duro lavoro, di piantare barbatelle di prünent. Era il 2012. Oggi possiamo dire missione compiuta, assaggiando il Valli Ossolane nebbiolo “Springhitt” 2019, dal coerente colore rubino trasparente. Al naso ha la viola ma anche cenni di liquirizia. È avvolgente in bocca, piacevole, fresco, con una persistente aromaticità. Di un gradino superiore è tuttavia il nostro Top Hundred, il Prünent 2018, al naso lo senti vinoso e profondo, quasi a cogliere ancora l’uva o meglio i sentori primari. In bocca la sua eleganza si esprime con dei tannini fini e una freschezza davvero ghiotta. Uno dei migliori Prünent che, insieme a quello di Edoardo Patrone, la dice lunga sulle possibilità di questo biotipo di nebbiolo.
PRIOCCA D'ALBA (CN) - CASCINA VAL DEL PRETE
Roero “Bricco Medica” 2018
Pare che il prete, a cui fa riferimento il nome con cui è conosciuta questa vallata, sia l’abate Felice de Gresy, costretto all’esilio proprio tra queste mura. Apparteneva infatti alla sua famiglia questa cascina, che negli anni Settanta venne acquistata dal mezzadro Bartolomeo Roagna, in controtendenza rispetto alla fuga dalle campagne. A lui il merito di credere nella frutticoltura e nella viticoltura, ulteriormente sviluppata dal figlio Mario che, dal 2013, conduce agricoltura biologica certificata sui 10 ettari di proprietà. Il suo Roero “Bricco Medica”, nell’annata 2018, si è aggiudicato il podio assoluto nelle nostre degustazioni per questa denominazione: rosso dalle note vinose, ampio, complesso, con una trama filigranosa intrigante. Un grande vino da uve nebbiolo. Ma altrettanto meritano il Roero Riserva e il Roero “Vigna di Lino”.
ROASIO (VC) - LA PALAZZINA
Bramaterra "Balmi Bioti" 2016
La Palazzina deve il suo nome all’edificio seicentesco, che fu di proprietà del Conte Angiono e venne ceduto nel 1929 alla famiglia Montà, che iniziò una proficua produzione di vino almeno fino agli anni Sessanta. Dopo un lungo stop, saranno i nipoti, tra cui Leonardo Montà, a decidere di tornare in quella casa e reimpiantare le viti, impegnandosi nella produzione del Bramaterra e del Coste della Sesia Rosso. A colpirci sarà proprio il loro Bramaterra 2016 “Balmi Bioti”: ha un naso pulitissimo dove la ciliegia si sente in tutta la sua freschezza e dà la spalla a una nota balsamica generale. Un vino dritto, quasi austero, con un equilibrio che si vuole conquistare con il tempo, fra questa acidità espressiva e la tannicità presente. Bravi.
ROMAGNANO SESIA (NO) - IOPPA
Ghemme “Santa Fè” 2015
Un atto risalente al 1852 attesta l’acquisto da parte di Michelangelo Ioppa di colline nelle migliori zone del comune (tra cui la Balsina) e il suo impegno a vinificare le uve raccolte. È l’atto costitutivo di questa cantina, ormai giunta alla settima generazione costituita da Andrea, Marco e Luca Ioppa, che affiancano Gianpiero e Giorgio, a cui va il merito di aver ottenuto la Docg per il Ghemme, triplicato gli ettari vitati della proprietà superando i 20, e costruito la nuova cantina. Noi ne abbiamo apprezzato il Ghemme 2015 “Santa Fé”, che mostra eleganza estrema. È un Ghemme perfetto, fruttato, complesso, che non rinuncia alla sua freschezza, ma anzi la potenzia, trascinando il sorso verso una persistenza che svela anche note minerali.
SERRALUNGA D'ALBA (CN) - LUIGI VICO
Barolo "Prapò" 2017
È una gran bella storia ambientata fra le Langhe e il Roero, quella di Luigi Vico, commercialista in Torino che dal 2016 ha realizzato il suo desiderio di tornare a seguire i terreni di famiglia, nel comprensorio comunale di Serralunga. Vennero acquistati dai suoi avi agli inizi del 1900 e presto trasformati in vigneti. In particolare il Meriame, dove sono a dimora viti di nebbiolo e il Prapò. Da quest’ultimo nasce un cru di Barolo eccellente da cui si ricava un vino di notevole caratura, il Barolo “Prapò”, che ci ha conquistato con il suo colore granata, le sue note di viola e marasca, humus e funghi, caffè e poi viola e liquirizia nera molto spiccata; il suo sorso è caldo, tannico e di carattere. Miglior vino fra i campioni di Serralunga degustati all’Anteprima 2021. Fa il paio con il Barolo del Comune di Serralunga d’Alba, ma che buono anche il Langhe Nebbiolo “Ne Bis in idem” o il superbo Roero Arneis “Nebula Alba” 2018, che ha note caratteristiche di albicocca e mela e risulta di buona struttura e sapido. Ci ha colpito moltissimo anche il Moscato d’Asti “Echinopsis Mirabilis” da uve di Serralunga.
SERRAVALLE LANGHE (CN) - FENOGLIO MATTEO
Spumante Brut Metodo Classico Riserva Zero “Parej”
Viene dall’alta Langa più selvaggia Matteo Fenoglio, la cui missione è quella di produrre un vino biologico a 800 metri s.l.m. per ottenere una qualità senza compromessi, che costi sacrificio ma porti risultati straordinari. Una sfida ambiziosa ma tutt’altro che impossibile per un sognatore come Matteo, classe 1986, diplomato perito chimico, che ha deciso di piantare due ettari di pinot nero nella stessa terra dove suo nonno coltivava la vite. Ristruttura anche la vecchia cantina e inizia la vinificazione di uno spumante in produzione limitatissima (1.500 le bottiglie), curata con rara passione in ogni passaggio: remuage a mano e sboccatura à la volée. Un approccio artigianale per due spumanti top. Il metodo classico Pinot Nero Bio, vinificato esclusivamente in acciaio: un brut ricco di notevole equilibrio e ottima acidità in bocca che spinge una persistenza unica. Fantastico il Brut “Parej”, ottenuto da pinot nero e una piccola parte di moscato d’Amburgo – meno del 5% – dal color buccia di cipolla brillante con sentori floreali all’inizio, poi la mandorla amara e, in seguito, la classica vinosità aromatica del moscato d’Amburgo. Ha una coda di freschezza ma il bouquet continua a roteare, con note di grafite tipiche del pinot noir che mostrano eleganza e fragranza. Sorso rotondo in bocca con ingresso morbido che poi dipana un’acidità avvolgente un poco allappante, lunga, di una pulizia esemplare che lascia in bocca la sensazione di aver mangiato la caramella di un frutto rosso.
SIZZANO (NO) - COMERO
Sizzano 2017
Fondata da Paolo Cominoli nel 2011, quest’azienda ha deciso di puntare prepotentemente sulle denominazioni del territorio a partire dal Sizzano. Una realtà cresciuta molto in questo decennio e oggi capace di proporre una rosa di vini dalle grandi potenzialità. Il loro Nebbiolo unisce la viola a una vena metallica, ferrosa, molto interessante. La Vespolina è grandiosa, con un naso floreale che richiama la viola e la rosa, con una grande pulizia al naso e un’acidità ficcante in bocca. Il capolavoro, che gli è valso il Top Hundred, è però racchiuso nel Sizzano 2017, un vino che al naso ha effluvi di marasca accompagnati da una raffinata nota di incenso e in bocca è tannico, disteso, elegante.
SPIGNO MONFERRATO (AL) - CASCINA BERTOLOTTO
Dolcetto d’Acqui “La Muïëtte” 2018
A 400 metri sul livello del mare e al confine con la Liguria, la famiglia Traversa lavora da generazioni i terreni di proprietà. Giunta alla maturità, questa azienda dell’Alto Monferrato ci aveva già conquistato qualche anno fa con lo Spumante Metodo Classico Bertolotto Brut (da uve pinot nero e chardonnay), voluto dal grande Fabio, ma il Dolcetto d’Acqui “La Muiëtte” è un vino che ci ha riportato a una conferma storica: fine al naso, intenso, molto floreale corredato in bocca da una piacevole freschezza. Da provare anche la loro Barbera del Monferrato 2016, con note di fragola e viola, con acidità spiccata. Particolare, infine, la Tia, che ha dentro l’anima del Brachetto e punta decisamente sulla parte olfattiva dove è la rosa, nella sua massima espressione, a emergere.
VEZZA D’ALBA (CN) - FABRIZIO BATTAGLINO
Roero “Colla” 2018
La storia di questa cantina è esemplare di quello che è il mondo del Roero. Appezzamenti di famiglia, che per anni sono serviti appena alla sussistenza, poi il progressivo abbandono per spostarsi in città e infine, negli ultimi decenni, il recupero e la riscossa guidata da arneis e nebbiolo. Nella storia di questa cantina, però, c’è un elemento in più che è quel nome Colla, lo stesso della vigna del nonno, che rappresenta il prototipo ideale di territorio del Roero, per la sua posizione centrale e per la conformazione calcareo-sabbiosa. Tra questi filari ripidi e arroccati Battaglino coltiva le uve di nebbiolo per un grande Roero, dal naso caratteristico di viola, ma anche mora, lamponi e sottobosco, decisamente fine pur rimarcando in bocca la sua tannicità, propria di un vino capace di guardare molto avanti nel futuro.
ANDORA (SV) - CASCINA PRAIÉ
Riviera Ligure di Ponente Granaccia “Sciurbì” 2019
Cascina Praiè di Andora (Sv) e Lupi di Pieve di Teco (Im), ma anche Bianchi Carenzo di Diano San Pietro (Im) e Guglierame di Pornassio (Im) sono quattro marchi storici che, dal 2020, sono entrati a far parte della galassia di Peq Agri Sarl, l’azienda che fa a capo a Marco Luzzati (ex patron e Ad di Latte Tigullio e Centrale del Latte Torino), con uno spiccato orientamento al mercato internazionale e alla vocazione turistica di queste realtà. Cascina Praiè ci ha molto colpito con il Pigato “Il Canneto” 2020, floreale e minerale con un’originale espressione di acidità, e il Pigato “Le Cicale” 2019, sempre determinato da note verdi. Tuttavia il Top Hundred 2021 è la Granaccia 2019, che si presenta speziata, elegante con un’acidità lunga e pregnante. Il nuovo corso di questo gruppo è iniziato, grazie anche agli enologi Roberto Olivieri, piemontese e Alex Berriolo, ligure.
DOLCEACQUA (IM) - MAURO ZINO AZ. AGR.
Rossese di Dolceacqua Superiore 2018
Nella terra del vino Rossese, sulle colline assolate che circondano il borgo medievale di Dolceacqua, da quattro generazioni l’azienda di Mauro Antonio Zino è un punto di riferimento per la produzione vitivinicola. Punto di forza di questa attività è la cura dell’intera filiera, dai vigneti (autoctoni) fino all’imbottigliamento. Il risultato non può che essere straordinario soprattutto per questo Rossese di Dolceacqua Superiore 2018, nostro Top Hundred 2021, che già ci aveva colpito lo scorso anno, ma che nella degustazione collegiale ha strappato applausi. Ha un colore di rosa damascata e al naso mostra una marasca speziata assai profonda. In bocca è elegante, complesso, minerale, tannico con un finale amaricante tipico di questo vino dell’entroterra.
PORNASSIO (IM) - FONTANACOTA
Riviera Ligure di Ponente Pigato 2019
Nei cinque ettari di terreno di proprietà dei Berta, situati nell’entroterra della Liguria di Ponente, assistiamo a una viticoltura eroica, praticata lungo terrazzamenti, tra filari disposti a precipizio sulla Val Prina. I due fratelli Marina e Fabio decisero 20 anni fa di prendere in mano i vigneti di famiglia, migliorando la coltivazione di quelli già esistenti e investendo in quelli nuovi per una coltivazione in regime di agricoltura sostenibile, riduzione dei fitofarmaci e principi di lotta integrata. Dalle uve di questi vitigni nasce il Riviera Ligure di Ponente Pigato 2019, un vino che ci ha fatto impazzire per il suo colore giallo paglierino brillante, accompagnato da sentori di polpa di banana fresca e piena e un finale che lascia fresco il palato. Ottimo anche il Riviera Ligure di Ponente Vermentino, mentre nei terreni di Ponte Pornassio, in Alta Valle Arroscia, vengono coltivati i vitigni da cui si producono i buonissimi Ormeasco di Pornassio, Ormeasco di Pornassio Superiore e Ormeasco di Pornassio “Sciac-Trà”.
BOTTICINO (BS) - EMILIO FRANZONI AZ. VINICOLA
Botticino “Foja” 2016
La famiglia Franzoni ha all’attivo 110 anni di viticoltura all’interno di quell’anfiteatro naturale, denominato Valverde, dove il terreno ha un aspetto sempre più o meno ferroso, ed è ricco di calcare e buona quantità di potassio. Oggi al timone c’è la quarta generazione, rappresentata da Claudio Franzoni, classe 1970, e la moglie Stefania, che hanno adottato la pratica della lotta integrata nelle vigne e i principi di sostenibilità ambientale ed energetica per la decina di ettari vitati di proprietà. Sono quattro le declinazioni del loro Botticino Doc, giocate sulle percentuali delle uve come da disciplinare: barbera (minimo 30%), marzemino (minimo 20%), sangiovese (minimo 10%) e schiava gentile (fissata al 10%). La nostra predilezione (Top Hundred 2021) va al Botticino “Foja” 2016, prodotto con una parte delle uve messa a passire nel fruttaio per circa un mese. Al naso è profondo, con note balsamiche e minerali e una persistenza lunga ed elegante. Un vino clamoroso che si sublima con la selezione Foja d’Or, ottenuta da una raccolta tardiva e con forte spinta sulla barbera (45%) a dispetto del sangiovese. Ha colore rubino concentrato, al naso senti la caramella di mora; in bocca è finissima la sua trama, setosa, elegante. Un vino pazzesco, una scoperta che ogni appassionato dovrebbe fare.
CANNETO PAVESE (PV) - GIORGI
Oltrepò Pavese Gran Cuvèe Storica Metodo Classico “Giorgi 1870” 2016
Giorgi segue quella che è una storia tipica dell’Oltrepò Pavese: nasce da un ambito di agricoltura familiare (sono oggi i fratelli Antonio, Fabiano ed Eleonora a condurla) che negli anni si è ampliata, fino a diventare un’azienda di dimensioni ragguardevoli. Con circa 60 ettari. A guidarli è una filosofia che fonde tradizione e innovazione, con la valorizzazione dei vigneti autoctoni dell’Oltrepò e di quelli che qui hanno trovato il loro habitat ideale. Nei vigneti, per garantire la qualità del prodotto al massimo livello, viene praticata la potatura castigata; la concimazione è realizzata esclusivamente con prodotti naturali e la produzione per ceppo è inferiore alla norma in un’ottica di sostenibilità della viticoltura. Li abbiamo apprezzati per il Bandito, esempio di come il riesling renano abbia trovato terreno d’elezione in Oltrepò Pavese, ma soprattutto per la spumantistica esemplificata alla perfezione da questo Top Hundred, che ne rappresenta la punta. Il Metodo Classico “Giorgi 1870” del millesimo 2016 ha tutto quello che ti aspetteresti da un grande metodo classico: crosta di pane su un perlage cremoso e intenso, fine, un sorso che galoppa e canta in bocca prima di chiudere secco.
CIGOGNOLA (PV) - MONTERUCCO
Oltrepò Pavese Bonarda Vivace “Vigna il Modello” 2020
Luigi Valenti costituì l’omonima azienda vitivinicola nel 1936, attività portata avanti dai figli Roberto e Silvano; ma fu solo negli anni ‘80, con l’acquisto della Cascina Monterucco, che iniziarono a essere prodotti e commercializzati vini col nome Monterucco. Oggi la famiglia Valenti porta ancora avanti con passione il lavoro iniziato quasi 90 anni fa, nei 20 ettari di vigneto che danno origine 14 tipologie di vini bianchi, rossi, spumanti e passiti. Top 2021 è l’Oltrepò Pavese Bonarda Vivace “Vigna il Modello” 2020, col suo colore rubino impenetrabile e una marasca viva e profonda al naso. In bocca è ricco, vellutato e cremoso, con note speziate e sapide. Davvero una Bonarda perfetta. Buono anche il Buttafuoco, ma decisamente interessante il Pinot Nero Classese 2013 che offre erba bagnata e poi note di mandorla e violetta in bocca. Sognante la Malvasia “Valentina” 2020, che offre albicocca fresca.
DESENZANO DEL GARDA (BS) - CAVALIERE DEL GARDA
Riviera del Garda Classico Valtenesi Chiaretto 2020
La Valtènesi, in provincia di Brescia, rappresenta la parte occidentale del lago di Garda: 15 comuni rivieraschi affacciati sul lago e i comuni collinari adagiati sulle colline moreniche. Tra i tanti assaggi provenienti da queste zone ci ha colpito il campione di Cavaliere del Garda di Brescia, l’azienda fondata da Fabio Contato – nome di peso nella storia del Lugana – che in questa nuova avventura accompagna il figlio Oliver con l’obiettivo di valorizzare un territorio finora poco noto. Il traguardo, dopo i nostri assaggi alla cieca, è stato raggiunto con questo Top Hundred sorpresa, dal colore buccia di cipolle capace di esprimere un velluto superbo. Senti l’intensità dell’amarena, in bocca un equilibrio esemplare, croccante, lungo nella sua freschezza.
ERBUSCO (BS) - MANTÌ
Franciacorta Extra Brut
Quest’azienda ci ha incuriosito fin dal primo contatto: belli l’etichetta e il packaging, così come la cantina accogliente, situata nel comune simbolo della Franciacorta. Il Franciacorta Brut Satèn che ha colore tendente all’oro, e combina frutta tropicale con note piacevolmente secche. Il Brut mostra le sue bollicine ricche e al naso note che virano sull’erbaceo. Sarà però l’Extra Brut a lasciare il segno, come ci è accaduto spesso con molte aziende di Erbusco. Eccolo col suo colore giallo oro brillante; al naso una lieve nota di lieviti, che viene sopraffatta da spezie e frutta. Un “bel naso” come si usa dire in gergo. In bocca è elegante, equilibrato e ha nel complesso una pregnanza acida più spiccata. Proprio come un vino che spicca il volo.
GUSSAGO (BS) - NICOLA GATTA
Spumante Nature 36 Lune “7.17”
È un giovane vignaiolo dall’anima libera, Nicola Gatta, diventato famoso per i suoi spumanti Metodo Classico, di carattere, ricchi di personalità, e apprezzati dal pubblico che ha confidenza con il “naturale”, visto che coltiva pochi ettari nel segno della biodinamica. Artigiano della vigna, ha scelto di muoversi come crede, lavorando chardonnay e pinot nero, a 400 metri di altitudine su colline di matrice calcarea. Niente chimica tra i vigneti, in cantina solo fermentazioni spontanee con lieviti indigeni, niente chiarificanti o stabilizzanti, zero solfiti aggiunti, tempi di affinamento che seguono principi tradotti in lune, con ogni luna che equivale a circa 29 giorni (che corrisponde al tempo fra due lune nuove). Il risultato sono vini emozionanti come il suo Spumante Metodo Classico Cuvée Brut “Ombra”, agrumato, dalle note floreali di ginestra, e dal sorso sapido, che può essere il vino con cui conoscerlo, fino all’Arcano 180 lune, che è metodo classico riserva che matura fino a 180 mesi sui lieviti, ed è cremoso, di grande complessità, dalle note speziate e di miele. Nostro Top Hundred 2021 lo Spumante Nature 36 Lune “7.17”, perpétuelle che riassume dieci anni di vigna, ossia dal 2007 al 2017, e ha perlage sottile e finissimo, colore lievemente torbido dorato, note agrumate di mandarino e sentori di pasticceria e frutta secca. Un gusto di formidabile personalità, spiccata mineralità, lunghissimo finale.
MONTALTO PAVESE (PV) - FINIGETO
Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Pas Dosè 2005
Aldo Dallavalle, dopo la laurea in Agraria, inizia ad appassionarsi al mondo del vino, finché, nel 2012, non ancora trentenne, realizza la cantina e inizia la produzione dei suoi vini. Oggi, con il supporto dell’enologo Marco Terzoni, produce 90.000 bottiglie l’anno che annoverano tutti i classici della zona e ognuno di essi ha una sua personalità. Abbiamo apprezzato l’eleganza de Lo Spavaldo, il Riesling Superiore 2019. E poi i rossi: la bonarda Il Baldo, dal sorso morbido e profondo; Il Ribaldo, una Barbera dell’Oltrepò Pavese “filologica”, dall’anima acidula ma dall’ingresso dolce, il Pinot Nero “Il Nirò”, vinificato in rosso. Sarà però quest’ultimo vitigno, spumantizzato, a farci dire: siamo di fronte a un grande. Due i Metodo Classico di pinot nero: il Brut, che ha colore oro, al naso ha la finezza della crosta di pane e un’importante freschezza in bocca, e il Pas Dosè (Top 2021), che invece risulta più strutturato, con al naso la crosta di pane mista a note eteree, anche di alghe. In bocca colpisce il corpo maggiormente pronunciato e un’acidità spiccata che lascia il segno.
POZZOLENGO (BS) - FELICIANA
San Martino della Battaglia “Torfel” 2020
La Feliciana è un magnifico agriturismo, che sorge sulle colline moreniche che circondano il lago di Garda, dedito sia alla produzione agricola (c’è anche l’olio del Garda) sia alla ristorazione e all’accoglienza. La produzione enoica di Massimo Sbruzzi comprende sia il Lugana, nella versione normale e nel Riserva, sia il Chiaretto del Garda. A permettergli di conquistare il Top Hundred però è una Doc che merita di essere riscoperta, il San Martino della Battaglia. Si tratta infatti di una piccola enclave del vitigno, che un tempo si chiamava tocai (oggi tuchi, dal termine dialettale) circondata dai vigneti di turbiana, il vitigno principe del Lugana. Il Torfel, che abbiamo premiato nel 2021, si mostra con una macedonia di frutta esotica, litchi; in bocca il suo abbraccio è quasi dolce su un finale fresco.
PUEGNAGO DEL GARDA (BS) - SERGIO DELAI
Garda Bresciano Chiaretto “NotteRosa” 2020
È una realtà che ci ha sorpreso, la cantina Delai di Puegnago sul Garda, sulle colline moreniche intorno al Garda, con appezzamenti in diverse località, così da avere la maggior varietà possibile nella produzione di vino. Secondo la tradizione locale, nelle vigne albergano l’autoctono groppello qualità gentile, principe della Valtènesi, poi il marzemino, il sangiovese e la barbera, con l’archetto (il sistema d’allevamento da sempre utilizzato nella zona), modificato secondo le esigenze delle limitate produzioni, che si alterna al Guyot e i vigneti inerbiti protetti da reti antigrandine. Tra i vini assaggiati ci aveva già colpito il 901, brut dal colore paglierino fine e di buona persistenza, ma il massimo arriva dal NotteRosa, un paradigma di Chiaretto con un naso importante, sontuoso. Ha dentro anche un’anima dolce, che marca l’equilibrio con in più una freschezza cristallina.
VOLTA MANTOVANA (MN) - REALE
Alto Mincio Sauvignon “Crestale” 2019
Ci sono testimonianze che attestano fin da 1442 la presenza sul territorio di questa azienda agricola, che già nel Settecento era un punto di riferimento nella produzione di vino. La svolta moderna risale però agli anni Settanta, quando un ramo della famiglia Boselli intraprende la strada della zootecnia, e l’altra, con a capo Luciano e il figlio Gianni, fonda la cantina vitivinicola. Sarà merito di quest’ultimo, qualche anno più tardi, la riqualificazione dei vigneti e la messa a dimora di vitigni internazionali per produrre bollicine con pinot nero, sauvignon blanc, chardonnay e riesling renano. Contemporaneamente intraprendono la strada verso la sostenibilità, con uso del fotovoltaico, presenza del prato tra i filari e concimazione organica, grazie al letame proveniente dall’altro ramo aziendale familiare. Oggi, nei 18 ettari vitati, la produzione è vasta, ma più che la spumantistica a colpirci è l’interpretazione del sauvignon. L’Alto Mincio Sauvignon “Crestale” 2019, è clamoroso fin dal colore oro fluido. Al naso c’è la foglia di pomodoro, la papaya e altra frutta esotica, poi una speziatura che ricorda lo zafferano e infine la generosità dell’albicocca. In bocca ha un sorso tondo, decisamente sapido, che trasporta fino in fondo le note aromatiche sostenute da una spada acida, che dona freschezza in modo continuativo. Suadenti sono poi i due brut, davvero fatti bene: Matteo e il Rosato “Morena”.
CAPRINO VERONESE (VR) - TENUTA LA PRESA
Bardolino 2019
Questa tenuta nasce dalla passione della famiglia Dei Micheli, che nel 1995 decide di acquistare una grande proprietà di 30 ettari a Caprino Veronese, su cui poi svilupperà la proprietà attuale che comprende 100 ettari e due cantine, di produzione e affinamento corredata da una struttura di accoglienza di primo piano, con un vero e proprio wine relais, ambientato in una dimora del Quattrocento edificata ai piedi del monte Baldo. Ci è piaciuto molto il Chiaretto, dal colore che richiama la buccia di cipolla, con al naso profumi quasi di caramelline corredati da una speziatura di zenzero. Da Top Hundred invece il Bardolino 2019. Di colore rubino trasparente, al naso è profondo, con piccoli frutti e sottile speziatura, mentre in bocca può giocare su freschezza e lunghezza.
DOLCÈ (VR) - ALBINO ARMANI
Friuli Grave Pinot Grigio 2019
La storia della famiglia Albani nel vino è attestata dal 1607, quando Simone Armani lascia in eredità al figlio Domenico “appezzamenti con arbori e vigne”. Dopo un lungo periodo di produzione per l’autoconsumo, a metà degli anni Cinquanta questa è una delle prime cantine a scommettere sui vini della Valdadige, prima venduti sfusi e poi imbottigliati, mentre l’avventura in Friuli inizia solo qualche anno più tardi, alla fine degli anni Novanta. Oggi la cantina, certificata sostenibile, ha anche avviato progetti dedicati all’agricoltura biodinamica e ai vitigni antichi. Tra le diverse referenze assaggiate, abbiamo puntato sul Friuli Grave Pinot Grigio 2019, un perfetto campione di questa tipologia di vino, fruttato e floreale, di fiori bianchi, con una nota dolceamara, ammandorlata, che affascina, prima al naso e poi in bocca.
Fossalta di Portogruaro (VE) - SANTA MARGHERITA
Alto Adige Pinot Grigio “Impronta del Fondatore” 2020
Nel nostro più recente pezzo, abbiamo titolato “Il Conte del Pinot Grigio”, perché Gaetano Marzotto, 68 anni, presidente del Gruppo Santa Margherita, fa parte di una famiglia che ha fatto e sta facendo la storia di questo vitigno, passato in sessant’anni dalla produzione per autoconsumo all’esportazione negli Usa. Un successo che si è accompagnato a quello di un gruppo di Santa Margherita, che fa capo alla famiglia Marzotto, e che comprende oltre alla capogruppo veneta anche Kettmeir in Alto Adige, Lamole di Lamole nel Chianti, Cà del Bosco in Franciacorta e, da più recenti acquisizioni, Cà d’ Maiol nella zona del Lugana e Cantina Mesa in Sardegna. Il nostro ultimo assaggio ha riguardato il Pinot Grigio “Impronta del Fondatore” 2020, che al naso ha note di frutta fresca, quasi di melone unito a limone. Poi si sprigiona l’ananas, con un effluvio intenso e di una certa profondità. In bocca ti rapisce la pienezza e la spada acidula ampia, per un vino che ha di fronte una grande evoluzione, come dimostra l’assaggio che abbiamo fatto anche di un campione del 2019 e del 2016, che vede aumentare la speziatura e la morbidezza e soprattutto un 2012, la sintesi perfetta della freschezza del 2020 e della finezza del 2016.
NEGRAR DI VALPOLICELLA (VR) - SARTORI CASA VINICOLA
Valpolicella Classico Superiore “Montegradella” 2017
La storia di Sartori, come di tante cantine nell’area veneta, nasce dalla necessità di produrre il vino per l’osteria di famiglia, con il conseguente acquisto di vigne. Così accade per Sartori con il bisnonno Pietro, che a fine Ottocento pianta le sue prime barbatelle. Si apre una storia gloriosa nel mondo del vino italiano, che nell’arco di quattro generazioni si è trasformata in un’azienda presente sui principali mercati mondiali con i vini più legati alla storia della Valpolicella quindi Valpolicella, Recioto e naturalmente Amarone. Tra i nostri ultimi assaggi abbiamo apprezzato il Bianco Veronese “Marani” 2019 con note al naso minerali e fruttate e sorso molto ricco, il Soave Classico 2020 che punta sulla delicatezza e l’Amarone della Valpolicella Classico Riserva 2013 Corte Bra che porta in sé tutta la ricchezza e la magnificenza di questo vino. Il Top Hundred arriva però per il Valpolicella Classico Superiore “Montegradella” 2017, che al naso esprime profumi di confettura di prugna e mallo di noce che ritorna piacevolmente anche nel retrogusto. Radioso e piacevole.
PRAMAGGIORE (VE) - BORGO STAJNBECH
Lison Classico “150” 2019
In quest’azienda a conduzione familiare fondata nel 1991, si vinifica il Lison da oltre cinquanta vendemmie. L’etichetta scelta come Top Hundred, 150, richiama l’anniversario dei 150 anni dell’Unità nazionale coincidenti con l’arrivo della Docg (2011), mentre in etichetta viene impresso il fiore di mandorlo perché in questo vi è la chiave per leggere il Lison. Da uve 100% friulano, colpisce per un naso fantastico e complesso: c’è la pesca bianca, note per l’appunto di mandorle, ma anche una speziatura fine e persistente (liquirizia soprattutto). Il sorso è sapido, pieno, decisamente persistente, dal finale ancora speziato. Decisamente buono anche il Sauvignon “Bosco della Donna” 2020, un effluvio di salvia, fiori di sambuco e foglia di peperone ma anche lo Chardonnay 2020, esplosivo nei suoi profumi di frutta. Tra i rossi, lo Stajnbech Rosso 2018 (70% refosco dal peduncolo rosso, 30% cabernet sauvignon) ha un naso disteso e minerale con tanta marasca che si ritrova anche nel bicchiere.
ROMANO D'EZZELINO (VI) - CÀ APOLLONIO
Veneto Bianco Souvignier Gris “3/6/9” 2019
La più grande cantina d’Europa con soli vitigni resistenti si trova a Bassano del Grappa ed è opera di Maria Pia Viaro Vallotto (socia della Vimar, leader nella domotica) e dall’architetto Massimo Vallotto, che hanno dato vita al progetto Ca’ Apollonio nei loro cinque ettari e mezzo alle pendici del massiccio del Grappa, dove sono a dimora esclusivamente le varietà souvignier gris, ohanniter, bronner, e infine il regent. La degustazione che più ci ha colpito è stata quella del Veneto Bianco “3/6/9” 2019, un souvignier gris in purezza, vinificato in acciaio sulle fecce fini. Dal colore paglierino tendente all’oro fluido, consistente e lucente, sembra un olio di Pove del Grappa alla vista. Al naso è complesso, con note verdi di erbe aromatiche, ma anche frutta esotica come l’ananas e il mango. Anche in bocca il cuore rotondo è un assaggio di frutta esotica piena, che rimarca la finezza del vino che già si evinceva al naso. Spicca l’acidità tornita e infine quella sapidità che lascia pulito il palato. Molto fine, molto intenso, l’acidità ti rincorre fino in gola.
RONCÀ (VR) - ZAMBON VULCANO WINES
Soave “Vulcano” 2018
Dalla terra dei vulcani è lo slogan scelto da Federico Zambon per raccontare i suoi vini, a partire dal 2015 quando, insieme al padre Roberto ha dato avvio a un nuovo progetto chiamato appunto “Vulcano”, teso a esaltare le peculiarità di questo terroir nella resa dei Durello e che ritroviamo perfettamente nella mineralità molto marcata del loro spumante metodo classico. Tuttavia in bocca riserva la solita fragranza e pienezza dei migliori Durello, con quella complessità minerale che non dispiace, ma soprattutto un’acidità che va in profondità, e chiude con una nota amaricante. Spettacolare al punto da meritarsi il Top Hundred, ci è parso però il Soave, di colore paglierino, che al naso esprime il limone puro, dopodiché senti altre note fruttate con un che di minerale. In bocca è maestosamente vellutato con un finale sapido graffiante.
SAN PIETRO IN CARIANO (VR) - TOMMASI VITICOLTORI
Amarone della valpolicella classico 2016
Azienda famigliare attiva dal 1902, grazie allo spirito visionario e pionieristico di Giacomo Tommasi, che vide nella produzione di vino un’opportunità di convivialità e condivisione per una scelta che rivendicasse l’orgoglio per la propria appartenenza territoriale. La cura di ogni minimo dettaglio, dalla vigna alla consegna, ha contraddistinto da sempre le attività di famiglia, che oggi vede impegnati tutti i componenti nel management aziendale. Del 1959 è invece la prima annata di Amarone, di cui sono da sempre ambasciatori nel mondo e proprio dal loro Amarone della Valpolicella Classico 2016 siamo rimasti stregati, uno dei migliori campioni della Valpolicella, senza dubbio, al netto della clamorosa riserva De Buris di cui abbiamo degustato in anteprima il 2010. Gustarlo è come entrare in una profumeria. È vinoso, balsamico, fruttato con nuance di cioccolato e poi in bocca un finale avvolgente che sembra quasi dolce. L’Amarone come deve essere, per capirci. Squisiti anche gli altri vini, come l’Amarone della Valpolicella “Ca’ Florian”, il Ripasso, il Valpolicella Classico Superiore e il dolce Recioto, che rientrano perfettamente nella cultura del territorio.
SOMMACAMPAGNA (VR) - VILLA MEDICI
Custoza Superiore 2018
Villa Medici prende il nome dall’antica abitazione della famiglia Caprara, costruzione tardo-settentesca in stile Neoclassico, circondata da 15 ettari di vigneto sotto l’ossario di Custoza, che rappresentano la parte più antica della coltivazione. Oggi nei suoi 30 ettari complessivi di vigne, coltivati da generazioni dalla famiglia Caprara, i vitigni principali sono proprio quelli che compongono questo grande bianco, ovvero garganega, trebbiano, cortese (fernanda) e friulano, che rappresenta l’orgoglio di questa azienda che però può anche vantare un interessante Bardolino e una buona spumantistica. Per noi il Top Hundred sarà proprio il Custoza nella versione superiore, capace di affiancare note di pesca e glicine, con un sorso minerale che sostiene bene l’aromaticità tipica del vitigno.
VALDAGNO (VI) - TERRE DI CEREALTO
Veneto Bianco “Cerealto” (johanniter e bronner) 2018
Nasce nel 2014 dall’unione tra due amici, Massimo Reniero e Silvestro Cracco, la cantina Terre di Cerealto, nell’omonimo altopiano del Vicentino, a 700 metri s.l.m. Pionieri della coltivazione Piwi, troviamo i vitigni johanniter e souvignier gris e il bronner nei poco più di due ettari e mezzo di terreno a loro disposizione. Top il loro Veneto Bianco “Cerealto” 2018, che nasce da un blend di uve vinificate con pressatura soffice, affinamento per sette mesi sulle fecce fini con frequenti bâtonnage, e un mese di riposo finale in bottiglia. Il colore è oro brillante e ha note di banana di montagna (quella che in Piemonte chiamano Paw Paw). È molto ampio, intenso, avvolgente e man mano che passa il tempo affiora al naso il frutto della passione misto ad erbe selvatiche. In bocca è particolare, perché dopo l’ingresso morbido si precipita a esprimere la sua freschezza con un’acidità che termina con una piacevole pulizia. Ma particolare è anche la finezza, che si gioca sulla sapidità circondata tutt’intorno da quelle note fruttate marcate.
VERONA (VR) - LA GIUVA
Valpolicella Superiore “Il Rientro” 2018
Archiviata (forse) la carriera da allenatore, Alberto Malesani si è dedicato a una sua grande passione, il vino, avviando questa azienda, che ha come nome l’acronimo delle figlie Giulia e Valentina, che lo affiancano in azienda. Degli assaggi ci ha colpito il Valpolicella Superiore “Il Rientro” 2018 (50% corvina, 20% corvinone, 25% rondinella, 5% oseleta e croatina) per le sue note d’inchiostro, una sottile speziatura, il frutto integro e una bella mineralità. Il sorso è pieno, mai pesante, che si chiude in un retrogusto di liquirizia e un’acidità che ci dice che può invecchiare ancora.
ALDENO (TN) - AZIENDA VINICOLA DEL REVÌ
Trentodoc Extra Brut Riserva "Paladino” 2015
Top dei Top spumanti
È il 1982 quando Paolo Malfer decide di fondare la propria azienda vitivinicola che trae il nome, Revì, dal toponimo della zona di produzione. Da qui, leggenda vuole si ottenessero vini da re: il “Re vin”. La leggenda però negli anni si è trasformata in realtà: possiamo confermarlo grazie alla panoramica di assaggi tra i Trentodoc prodotti da loro, che ci rivelano una linea ormai completa, eccellente in tutte le espressioni. Una delle eccellenze nel mondo della spumantistica italiana. Per darvi un’idea abbiamo scelto tre etichette, che avrebbero potuto conquistare tutte il Top Hundred. Il Demi Sec Vendemmia 2016, una tipologia spesso non valorizzata dalle cantine italiane, in questo caso si offre con un campione di rara eleganza, con naso floreale, finissimo, in bocca disteso, ricco, cremoso e piacevolmente abboccato. Il Rosé Riserva Extra Brut “Cavaliere Nero”, altra tipologia non sempre presente con ottimi risultati, si impone con un campione che al naso guarda alla frutta secca e alle mandorle, in bocca è quasi sontuoso con una bolla elegante. Notevole il Trentodoc Pas Dosè 2017 e infine, il Top anzi, il Top dei Top per la spumantistica del 2021: il Riserva Extra Brut 2015 “Paladino”. Nel bicchiere spicca subito per il suo color oro brillante, molto bello. Al naso è complesso, con profumi di fieno appena tagliato, una leggera crema pasticcera, una fresca nota fruttata. In bocca è come lo vorresti: disteso, con la giusta acidità, molto ben equilibrato, una sensazione di mineralità che pervade tutto l’assaggio, una bolla piccola, viva e cremosa. Un grande Trentodoc che potrebbe rivaleggiare senza problemi con i grandi Champagne.
PREDAIA (TN) - LEVIDE
Trentodoc Extra Brut Millesimato “Cime di Altilia” 2015
Degli Azzoni Wines ha una lunga tradizione di investimenti diversificati sul territorio nazionale, e ha voluto includere nei suoi orizzonti il Trentino. LeVide è il nome di una sua nuova realtà, che ha sede nel comune di Predaia e che, nel dialetto locale, significa “le viti” e rappresenta un toponimo diffuso nel circondario, a riprova del fatto che in questa zona la coltivazione della vite ha una storia che risale molto indietro nel tempo. Strepitoso il Cime di Altilia Trento Doc Extra Brut Millesimato 2015, giallo paglierino tendente all’oro, dai profumi di fiori bianchi e pasticceria, dal sorso fresco e verticale, con note minerali che lo rendono di splendida eleganza e persistenza. Colpisce soprattutto il corpo ampio ricco di freschezza. Spettacolo.
CHIUSA (BZ) - CANTINA PRODUTTORI VALLE ISARCO
Alto Adige Valle Isarco Kerner 2020
Cantina Valle Isarco, fondata nel 1961, è la cooperativa più giovane e più piccola dell’Alto Adige: 135 famiglie coltivano 150 ettari di vigna. I vigneti si arrampicano sulle montagne che costeggiano l’omonimo fiume e per coltivarli sono necessari terrazzamenti necessari nel 60% dei casi. Il vino che si ottiene qui, però, merita questo enorme sforzo. Lo racconta bene il nuovo logo, che celebra il cinquantenario e che riproduce stilizzato un diamante. Una ricerca della perfezione che ha trovato un’ulteriore spinta, grazie alla collaborazione con l’enologo Riccardo Cotarella, che proprio da quest’anno proverà a mettere la sua firma su questi vini. La base di partenza però è già ottima, come dimostra il nostro Top Hundred, il Kerner 2020, vinificato in acciaio che sottolinea la ricchezza, quasi l’esuberanza, di questo vino. Al naso conta su profumi di susina, ananas, bergamotto, litchi, e l’immancabile mela, questa volta però gialla, matura. In bocca lascia una sensazione agrumata che si percepisce a lungo nel retrogusto di un sorso pieno.
CORTACCIA SULLA STRADA DEL VINO (BZ) - TIEFENBRUNNER
Alto Adige Müller Thurgau “Feldmarschall Von Fenner” 2017
“È meno, è meglio”. Questo il motto della cantina altoatesina di Niclara, una della più antiche della zona che da sempre pone grandissima attenzione alla qualità dei suoi vini in un gioco di equilibri tra la tradizione e l’innovazione, per rimanere sé stessi senza mai restare fermi. I terreni sono a coltivazione limitata e la produzione, seguita dall’enologo Stephan Rohregger, prevede tre stadi: vinificazione in acciaio o legno; conservazione ed invecchiamento in piccole botti di quercia/barrique e infine l’imbottigliamento. Di questa cantina rimane memorabile quel primo posto, negli assaggi di Paolo Massobrio, in una degustazione alla cieca con tanti esemplari di tagli bordolesi e cabernet italiani e francesi. C’erano tutti i nomi noti e i miti, ma il Cabernet Sauvignon “Toren” Riserva 2015 fu acclamato un po’ da tutti, una volta visti i risultati. Quest’anno è stata una folgorazione, tuttavia, il Müller Thurgau “Feldmarchall Von Febber” 2017. È avvolgente la sua aromaticità speziata, dove la sintesi sono agrumi canditi che anticipano quello che si sentirà in bocca: una spada sostenuta che infonde freschezza, per un sorso armonico, vellutato, che chiude con una sorprendente sapidità. Bellissimo!
SALORNO (BZ) - SALURNIS
Alto Adige Lagrein “Fateni” 2019
Una cantina giovanissima (la prima annata prodotta è il 2019), “Salurnis”, toponimo del paese dei due titolari, Nicolò Panizza e Andrea Nardin. Amici dall’infanzia ed eredi di terreni e vigneti di famiglia, hanno deciso di dedicarsi a produrre vino in proprio e oggi da un ettaro vitato ottengono 8.000 bottiglie annue da vitigni in purezza. Il Lagrein è già grandioso: al naso i piccoli frutti sono intensi e concentrati, quasi verso la confettura, mentre in bocca è avvolgente, piacevolmente ricco. Nonostante la giovinezza, è un vino già potente che presto vedrà la luce anche nella versione Riserva, con due anni di riposo in bottiglia. Non vediamo l’ora di assaggiarlo.
DOLEGNA DEL COLLIO (GO) - TENUTA LA PONCA
Collio Malvasia 2019
Ponca è il nome con cui, in Friuli, viene indicata una particolare conformazione rocciosa del terreno, costituita da un susseguirsi di marne arenarie. Però è anche il nome dell’azienda fondata da Paolo Mason nel 2004 e che ora vede alla conduzione i figli Paola e Giorgio. In questa superficie di 45 ettari, di cui 11 a vigneto, letteralmente circondato da una cintura di bosco e piante che insieme alla continua ventilazione ne hanno fatto terreno ideale per la conversione al biologico, dimorano i grandi autoctoni, friulano e ribolla, oltre alla malvasia. Da quest’ultima il nostro Top Hundred: qui la vinificazione è tutta tesa a far uscire le caratteristiche varietali di questa uva che in questa porzione di Collio trova probabilmente il suo habitat ideale. Lo dimostra fin dal primo sguardo, con quel bel colore che tende all’oro, al naso l’esplosione di zagara e piante aromatiche come la salvia, e il frutto maturo della pesca. In bocca marca la distanza, con una consistenza che si fa quasi filigranosa.
FARRA D'ISONZO (GO) - COLMELLO DI GROTTA
Collio Sauvignon 2018
L’azienda nasce negli anni Sessanta orientata fin da subito alla ricerca dell’eccellenza, dato che i suoi prodotti erano indirizzati alla cantina dell’hotel Bauer di Venezia, allora della stessa proprietà. Oggi Colmello di Grotta, condotto da Francesca Bortolotto e dalla figlia Olimpia, si estende su una superficie di circa 21 ettari, sul confine tra due denominazioni: Collio e Isonzo. Tra le particolarità nella vinificazione, c’è l’utilizzo dell’anfora che viene impiegata per tutti i bianchi come per il nostro Top Hundred, il Collio Sauvignon che, dopo una prima maturazione in acciaio, passa alla ceramica, che arrotonda alcune pigolature, soprattutto ne doma l’acidità, per consegnare nel bicchiere un vino al naso molto ampio, dove i sentori di peperone affiancano quelli di frutta tropicale; in bocca è secco, con un’acidità ficcante ma non invasiva e un’aromaticità che si prolunga nel retrogusto. Della medesima cantina ci hanno colpito anche un rosso, il Rondon, da uve merlot, cabernet franc e cabernet sauvignon, un vino ampio, con naso profondo e di corpo.
ONTAGNANO DI GONARS (UD) - DI LENARDO
Spumante Brut Metodo Classico Ribolla Gialla 2019
La storia ha inizio nel 1878 quando Giuseppe Di Lenardo decide di acquistare e ristrutturare una villa napoleonica del 1737 dov’era già presente una piccola produzione vinicola, assieme a una maggiore produzione di seminativi. Solo verso la fine degli anni ‘80 del Novecento le cose cambiano radicalmente e con l’arrivo di una nuova generazione vengono investite ingenti risorse nella vigna e nella costruzione di una cantina. A partire dalla vendemmia 1998 Massimo Di Lenardo imprime la propria filosofia alla produzione puntando su vitigni autoctoni e vini monovarietali, sostenibilità e tecnologia. Gli assaggi sono stati tutti di grande livello, sia per Chardonnay e Sauvignon che qui sono ormai di casa, sia per il Pinot Grigio con il colore rosa antico che lo contraddistingue e i profumi netti di pera e erbe aromatiche. Per non far torto a nessuno abbiamo scelto un brut, ovvero la Ribolla Gialla Metodo Classico che nel millesimo 2019 si esprime già al meglio con un bel naso fruttato che si riverbera in bocca, la mineralità e la freschezza dei grandi spumanti, regalandoci soprattutto la coerenza di questo grande vitigno.
PORDENONE (PN) - TERRE DI GER
Trevenezie Refosco dal peduncolo rosso 2019
La storia di Gianni Spinazzè è quella di un imprenditore di genio sempre capace di guardare al futuro. Il suo contatto con il vino avviene giovanissimo con i vigneti che la famiglia gestiva in mezzadria. Poi sarà proprio il vino a far la sua fortuna, non come produttore, ma come costruttore di pali in cemento che dagli anni Sessanta si sono imposti nel settore ortofrutticolo e viticolo mondiale. Nel frattempo, però, continua a mantenere il rapporto con la vigna e a partire dal 1975 comincia a lavorare al progetto di Podere del Ger che si struttura negli anni puntando sulla sostenibilità. Nelle ultime vendemmie a dare grandi frutti sono i vitigni Piwi, resistenti ai funghi, che permettono di ridurre l’utilizzo della chimica in vigna. Il risultato è notevole anche nel bicchiere: lo abbiamo testato con i tre bianchi Limine, Arconi e Feltro, annata 2020, anche se il Top Hundred 2021 è stato assegnato a un vino capace di magnificare la tradizione: il Refosco dal Peduncolo Rosso 2019. Un vino che ha tutto, ci siamo appuntati, perché capace di andare in profondità al naso con una parte verde, di peperone e foglia di pomodoro, poi pepe e polvere da sparo. In bocca pienezza e sincerità assoluta che accompagnano un sorso rotondo, da manuale.
BERTINORO (FC) - COLOMBINA
Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva “Anfore Romane” 2017
La Colombina nasce come classico podere romagnolo che oltre alle viti comprendeva coltivazione di frutta (pesche, albicocche, ecc...) e seminativi. Orazio Garofoli, che l’acquista nel 1960, decide man mano di puntare sulla vigna, che diventerà l’attività principale con il figlio Luciano. Negli anni Novanta la vera e propria svolta con nuovi impianti e con la collaborazione di un enologo trentino di primo piano, Vito Piffer, che consente di dare una grande personalità ai vini. Un lavoro che ha pagato e che consente oggi a quest’azienda di mettere sul mercato due grandi Sangiovese: il Superiore “Le Trò” 2018 dalla ciliegia esuberante, che in bocca esprime tutta la pienezza rotonda del sorso e, soprattutto, il nostro Top Hundred, il Romagna Sangiovese Bertinoro Riserva 2017 che porta il nome di Anfore Romane ed è spettacolare. Al naso è profondo con note di frutta e mallo di noce; in bocca è finissimo, croccante coi suoi tannini vivi, davvero un bell’esemplare, affinato in tonneaux in rovere da 5 tonnellate.
BRISIGHELLA (RA) • CA’ DI SOPRA
Romagna Sangiovese “Marzeno” 2018
Siamo a Marzeno, sulle prime colline sopra la città di Faenza, una delle sottozone – quindi delle aree maggiormente vocate – per il sangiovese. La cantina Ca’ di Sopra ha proprio fatto un percorso in questo senso, per esaltare al massimo le potenzialità di questo terroir. Dagli anni Sessanta a oggi si è assistito a una vera e propria trasformazione che, soprattutto negli ultimi due decenni, grazie a Camillo e Giacomo Montanari, ha visto protagonista la completa ristrutturazione del vigneto. Missione compiuta ci viene da dire, assaggiando il nostro Top Hundred, il Romagna Sangiovese Marzeno 2018, che al naso risulta molto ampio, fruttato e animale allo stesso tempo, mentre in bocca è pieno, equilibrato, quasi da mangiare. Ottimo anche l’Albana “Sandrona” che aveva note calde di frutto e molto persistenti.
CAMPOGALLIANO (MO) - TENUTE CAMPANA
Lambrusco di Sorbara “Dei Tenori” 2020
Le Tenute Campana sono frutto di un lavoro iniziato nell’Ottocento da un piccolo appezzamento nei pressi del parco naturale del fiume Secchia, vicino a Modena, che poi si è allargato fino a estendersi oggi su una superficie di circa 180 ettari, di cui 22 adibiti a vigneto. Terreni fertili, un microclima favorito dalla vicinanza del fiume sono alcuni degli ingredienti che hanno permesso di avere un’ottima resa qualitativa dai vitigni di lambrusco e pignoletto, che qui sono maggioritari. Molto buono il campione del Lambrusco di Sorbara “Dei Tenori”, che al naso presenta leggere note animali che poi anticipano un sorso disteso, elegante, vellutato con un finale di freschezza pregnante. Altri vini di pregio della cantina il Lambrusco di Modena “Dei Tenori” e il Pignoletto di Modena Frizzante Secco.
TERRA DEI GESSI - TOZZI
Romagna Albana Secco “Tantalilli” 2019
Nel 2014 Franco Tozzi, imprenditore nel settore delle energie rinnovabili, decise di ristrutturare l’azienda agricola di proprietà e, con l’aiuto delle nipoti, in particolare Virginia, di avviare la coltivazione delle uve autoctone albana e sangiovese, accanto a pinot nero, merlot, incrocio Manzoni e chardonnay, nel territorio natio di Casola Valsenio. Sono nati così cinque vini, dedicati ai cinque nipoti, tutti ricchi di personalità. Abbiamo apprezzato il Sangiovese superiore, un vino austero con note di ciliegia, grafite e spezie, ma anche il rosato frizzante Bidibidì, con profumi dolci ed erbacei, capace di mostrare una certa complessità. A meritarsi il Top è però l’Albana di Romagna Secco “Tantalilli” 2019, di colore dell’oro splendente. Al naso offre note di pesca melba, ma anche carrube e spezie accompagnate da frutti esotici come il mango, ed evidenti note minerali. In bocca è pieno, rotondo, con quell’acidità felice che si esprime proprio come in un frutto e un finale sapido che invita a bere. Realizzano anche un Albana passito chiamato Ally e nella degustazione dei vini di Romagna è emerso pure un ottimo Pinot nero che promette bene.
CASTELFRANCO EMILIA (MO) - LA BATTAGLIOLA
Lambrusco dell’Emilia Vino Spumante Dry Dosage 30 Millesimato 2019
Alberto Salvadori arriva dal mondo dell’imprenditoria nel ramo delle spedizioni, un lavoro che lo ha portato a girare il mondo fino a quando, nel 1999, si è innamorato perdutamente di un podere che gli ha lasciato in eredità la mamma Anna Maria. La decisione quasi immediata è stata quella di puntare sul vino con nuovi impianti di grasparossa. Oggi nell’azienda lo affiancano i figli Beatrice e Tommaso e la produzione comprende anche sangiovese e pignoletto. Il Lambrusco viene declinato in due versioni, con presa di spuma in autoclave a dimostrazione di come da questo vitigno possano nascere grandi spumanti. Il Dosage 30, nel millesimo 2019, è un vino che al naso ha profumi di piccoli frutti, mora e ciliegia, molto fini, accompagnati in bocca da una freschezza vivida, che innerva il sorso, lo rende vibrante. Uno spumante che rappresenta la perfezione se accostato ai salumi.
Castelvetro di Modena (MO) - FATTORIA MORETTO
Lambrusco Grasparossa di Castelvetro Monovitigno 2020
Fondata nel 1971, è una piccola realtà a conduzione familiare, nella quale si produce Lambrusco Grasparossa di Castelvetro da tre generazioni. Oggi alla guida ci sono Fausto e Fabio Altariva, che hanno condotto la cantina prima a imbottigliare in proprio per poi puntare sui cru aziendali e, dalla fine degli anni Novanta, sul metodo biologico. Oggi possono giocarsi almeno tre assi nel mondo dei Lambrusco Grasparossa: il Tasso, il Monovitigno e il Canova. Quest’ultimo è vinoso, speziato e fruttato, mentre il secondo – nostro Top Hundred 2021 – ha unito una fragranza quasi da crosta di pane che ci ha convinto al primo assaggio.
FAENZA (RA) - LA SABBIONA
Ravenna Centesimino 2019
Il Centesimino è un vitigno a bacca nera autoctono del territorio faentino, in particolare della collina di Oriolo dei Fichi, e i vini a cui dà vita si riconoscono fra mille, per corredo aromatico, avvolgenza e una freschezza tanto apprezzabile quanto per nulla scontata. Merito di un’origine che riporta in parte al sangiovese e in parte al moscato violetto, noto anche come muscat rouge de madère. La Sabbiona è un agriturismo con cantina che ha sede proprio nel cuore del centesimino e proprio su questo ha saputo scommettere, vincendo. Bel colore rubino brillante al naso ha note calde, animali, su uno sfondo aromatico fruttato. Ha una piacevole rotondità in bocca, una bella ampiezza, ma soprattutto si caratterizza per quel finale finissimo e amaricante. Della stessa cantina abbiamo apprezzato anche il Romagna Sangiovese Superiore “Rosso della Torre” 2019 impreziosito da leggere note fumé.
FORLÌ (FC) - LA COLLINA DEL TESORO
Sangiovese di Romagna Predappio “Nature” 2019
La famiglia Valentini, da oltre 100 anni, conduce questo podere dove, dagli anni Novanta, si è deciso di puntare decisamente sul sangiovese seguendo un processo di reimpianto e impianto di nuovi vigneti. Oggi al timone c’è la terza generazione che ha modernizzato la conduzione dei 30 ettari di campagna, abbracciando i dettami dell’agricoltura biologica. Il Sangiovese Superiore “Monte Massa” è davvero intrigante e spicca la frutta abbondante al naso, poi una verticalità in bocca accompagnata da un placido e piacevole equilibrio. Bella sorpresa. Ma ancora di più con il Top Hundred, il Sangiovese di Predappio “Nature” 2019: qui senti la mano capace di offrire profondità al naso, e se pensi al nome Nature, trovi corrispondenza in quelle note minerali e speziate. Un assaggio decisamente rappresentativo e vero.
MEDOLLA (MO) - VENTIVENTI
Lambrusco Rosato di Modena Metodo Classico Rosé
Ventiventi è il nome scelto per questa neonata cantina di Medolla, che rappresenta un nuovo inizio con un progetto portato avanti da Vittorio Rabazzoni, insieme ai figli Riccardo, Andrea e Tommaso. Ventiventi attualmente si estende su 45 ettari di terreno, dei quali 18 vitati (altri 11 ettari di vigneto si stanno mettendo a dimora) con vitigni locali come sorbara, salamino di Santa Croce, pignoletto e ancellotta, oltre a vitigni internazionali quali pinot bianco e cabernet sauvignon. Il loro Ventiventi Pas Dosè Metodo Classico ottenuto da uve pinot bianco, chardonnay e lambrusco di Sorbara, ci ha dimostrato come, anche all’interno di cuvèe, il lambrusco possa diventare un grande spumante. Nel calice si presenta molto elegante, color buccia oro. Il naso è estremamente fragrante, spicca la frutta gialla, ma anche la nocciola e la crema pasticciera. Coerente al palato, è equilibrato, molto fine e di gradevole morbidezza. È il Top dei Top degli spumanti 2021. Da provare anche il Lambrusco di Modena Metodo Classico Brut Rosé
REGGIO EMILIA (RE) - CA’ DE’ MEDICI
Colli di Scandiano e Canossa Lambrusco Grasparossa “Remigio 100” 2020
Nella seconda metà dell’Ottocento la famiglia Medici possedeva una piccola osteria con produzione propria del vino. Poi, a fine secolo, Remigio Medici ebbe l’intuizione di aprire al futuro fondando, insieme ai figli, l’azienda vinicola Remigio Medici e Figli. Bastano pochi anni e all’Expo Internationale di Roma nel 1911 l’azienda ottiene la Menzione d’Onore e la Medaglia d’Oro Croce al Merito che consacra quest’azienda come una futura protagonista nel mondo del Lambrusco. E a celebrare questo traguardo nasce una linea di Lambrusco tra cui il Remigio 101, che si mostra fine e in bocca ti colpisce anche la ricchezza delle bollicine e quella nota un po’ speziata che ne aumenta la fragranza e soprattutto il Remigio 100, che abbiamo selezionato tra i Top Hundred 2021. Si tratta di un Colli di Scandiano e Canossa, Lambrusco Reggiano. Ha colore rubino, note di frutta (prugna) e rosa; in bocca ti coglie una gradevole complessità con un leit motiv di freschezza che è ammirevole.
RIMINI (RN) - PIAN DEI VENTI
Rubicone Rosso “Stciupteda” 2020
Sei ettari coltivati con dedizione fin dagli anni Settanta per l’azienda di Tiziano Deluigi, che ha appreso il mestiere dal padre Primo per poi procedere secondo una propria direzione, puntando decisamente sui grandi rossi che si possono produrre in queste terre. Possiamo definire imponente il Sangiovese Superiore “Superba” 2019, che ha note fruttate molto intense e in bocca un’esemplare integrazione fra acidità e tannini. Ma che buono poi il nostro Top Hundred, quel Rubicone Rosso “Stciupteda” 2020 da uve cabernet sauvignon, merlot e da una piccola percentuale di syrah. Alla vista il rubino è impenetrabile, il naso è molto profondo e la ciliegia si esprime fra freschezza e spezie. Un’eleganza pazzesca, trasportata anche dalla buona alcolicità.
SAN PROSPERO (MO) - ZUCCHI
Lambrusco di Modena “Marascone” 2020
L’attività risale agli anni ’50, quando Bruno Zucchi inizia a lavorare e trasformare le uve del proprio vigneto situato nel cuore del Lambrusco di Sorbara. Una passione che si tramanda al figlio Davide e alla moglie Maura, che rinnovano la cantina dove dal 2010 entra in forze la figlia minore, Silvia, diplomata in Enologia presso la Scuola di Enologia di Conegliano mentre l’anno inizia la svolta verso la sostenibilità, cominciando dall’utilizzo di energie rinnovabili. Iconico il loro Lambrusco di Modena “Marascone”, da uve salamino, che trova un perfetto equilibrio fra note fruttate e bollicine ricche. Un Lambrusco che è estrema piacevolezza com’è nella natura di questo vino. Ma all’assaggio anche gli altri Lambrusco erano del medesimo livello. SI tratta anche qui di spumanti metodo charmat che portano il nome di Lambrusco di Sorbara “Rito” ed “Etichetta Bianca”.
SAVIGNANO SUL RUBICONE (FC) - SPALLETTI COLONNA DI PALIANO
Albana di Romagna “Montemar” 2019
L’azienda Spalletti Colonna di Paliano prende origine dal nucleo storico collocato intorno al Castello di Ribano. L’inizio dell’attività agricola risale infatti al Sedicesimo secolo, anche se la cantina porta come data ufficiale di fondazione il 1875 a opera del Conte Giulio Rasponi. La cantina viene trasmessa agli eredi della famiglia, fino all’attuale proprietario, il Principe Giovanni Colonna di Paliano, che ha anche costruito una nuova cantina nel 2005. La produzione è vasta, anche se si basa essenzialmente su due vitigni, sangiovese e albana. Da quest’ultimo il nostro Top Hundred 2021, l’Albana “Montemar” dal naso evoluto, elegante e molto intenso di frutta matura, non solo albicocca, ma anche frutta esotica dove la banana è ben riconoscibile. In bocca è finissima la sua trama sostenuta dai tannini e chiude con eleganza e sapidità e una freschezza prolungata.
VALSAMOGGIA (BO) - TENUTA LA RIVA
Colli Bolognesi Pignoletto Metodo Classico “Pinus Laetus”
Piccoli ma grandi. Tenuta La Riva dal 2013 è proprietà di Alberto Zini, una carriera nell’impiantistica prima di approdare all’agricoltura. La scommessa ce l’ha nel sangue questa azienda di 12 ettari vitati, dove le uve a bacca bianca, quindi pignoletto, chardonnay e trebbiano modenese, affiancano lambrusco e barbera e dove si è deciso di puntare proprio sul pignoletto, capace di esprimersi al massimo anche nella spumantistica. Sulle potenzialità di questo vitigno stanno lavorando bene: il Pignoletto “Pinus Laetus” al naso è erbaceo, floreale, senti l’erba bagnata. In bocca è molto fine, pregrante ed equilibrato. La mano felice della cantina si sente soprattutto sul Metodo Classico “Pinus Laetus”, che sosta 40 mesi sui lieviti (millesimo 2016). Ha colore oro, bollicine fini, note fragranti di foglie bagnate. Per certi versi champagneggia e lo fa alla grande.
AREZZO - BUCCIA NERA
Chianti Superiore 2018
La storia della famiglia Mancini nel mondo del vino inizia alla fine dell’Ottocento, con la costruzione della prima cantina a San Polo e la coltivazione dei primi vigneti del Podere della Filandra. Dagli anni Venti del Novecento, la famiglia punta sul Chianti, vinificato in vasche di cemento. Le successive acquisizioni delle Tenute di Campriano e di Muciafora fortificano questa posizione, che si struttura ancor più e si ammoderna negli anni Settanta, quando alla guida dell’impresa arriva Amadio, protagonista, all’inizio degli anni Duemila, del passaggio al biologico. Oggi, a gestire l’azienda, sono Anastasia, Alessia e Roberta Mancini, figlie di Amadio, che si occupano insieme al padre dei cinquanta ettari vitati e della struttura agrituristica. Se già lo scorso anno, alle Anteprime, ci aveva conquistato il loro Chianti Superiore, nell’annata 2018 si è meritato il Top Hundred 2021. Un vino che potrebbe diventare da manuale quando si parla di sottobosco, con quei profumi di porcino e di foglie bagnate ingentilite dalle erbe aromatiche come la mentuccia. In bocca è caldo, avvolgente, tannico.
BIBBONA (LI) - SETTE CIELI
Indaco (r - malbech, cabernet s., merlot) 2017
La famiglia Ratti, imprenditori tessili comaschi, arriva a Bolgheri negli anni Novanta. I primi quattro ettari di vigneto – su una proprietà complessiva di 120 – vengono piantati nel 2001 e oggi sono 15, situati fra Monteverdi Marittimo e Castagneto Carducci. Recente l’esordio sul mercato, con l’annata 2015, grazie al figlio Ambrogio Cremona Ratti e all’arrivo di Elena Pozzolini, giovane enologa formatasi tra California, Australia e Argentina. Le varietà bordolesi – con l’eccezione di un ettaro di sangiovese – rappresentano il cuore della produzione, biologica, con una predilezione per il cabernet sauvignon. Indaco, il vino che ha meritato il Top Hundred 2021, è un uvaggio in percentuali uguali di malbech, cabernet sauvignon e merlot, che vive un affinamento separato per ciascuna varietà in barrique per 18 mesi, seguito da quasi due anni di riposo in bottiglia. Il nome nasce dal suo colore, che riprende le sfumature del tramonto sopra Bolgheri. Il naso è incantevole, di mirtilli e pepe, un che di incenso e qualche sbuffo vegetale. L’insieme si conferma anche all’assaggio, rotondo sul frutto, dai tannini vispi ma non inopportuni, sorretto da un’acidità vivace.
CAPALBIO (GR) - IL PONTE
Costa dell’Argentario “T-Lex” (ansonica) 2020
Quando Cesare D’Amico e sua moglie Adelina acquistarono trent’anni fa la tenuta Il Ponte a Capalbio, difficilmente immaginavano i risvolti che questo avrebbe avuto nella loro vita. A distanza di anni, quella che inizialmente era una dimora estiva si trasformò in un’avventura imprenditoriale da affrontare insieme ai figli Salvatore, Lorenzo ed Emanuele, nel frattempo diventati maggiorenni. Vennero recuperati i vecchi vigneti esistenti (tra i quali ansonica e sangiovese) affiancati da nuovi filari di uve aleatico, syrah e merlot. L’esperienza dell’enologo Carlo Roveda fece il resto. Il risultato è una squadra affiatata e vincente, che trae il meglio dai dieci ettari vitati (che portano in dote 34mila bottiglie all’anno) su terreni pianeggianti e argillosi baciati dalla brezza marina. Nostro vino del cuore il Costa dell’Argentario “T-Lex” 2019, ansonica dal colore paglierino, con note di violetta e fiori di sambuco che quasi pizzicano al naso. In bocca il velluto è pazzesco e termina con una freschezza caratteristica con una coda sapida. La vinificazione segue una macerazione a freddo, pressatura soffice e fermentazione a temperatura controllata. Della stessa linea di produzione vi segnaliamo anche il Toscana Rosso “Balto” (cabernet sauvignon, merlot, syrah), il Vino Spumante Rosè Dry (sangiovese, aleatico) e il Toscana Aleatico Passito “469”.
CASTELLINA IN CHIANTI (SI) - BIBBIANO
Chianti Classico 2019
La Tenuta di Bibbiano, guidata dai fratelli Tommaso e Federico Marrocchesi Marzi, è tra le più antiche tenute appartenenti alla stessa famiglia nell’ambito del Chianti Classico. Fin dal 1865, infatti, i vigneti, che oggi hanno raggiunto un’estensione di circa 30 ettari, si tramandano di padre in figlio, e attualmente hanno raggiunto la quinta generazione. Oggi sono coltivati secondo i dettami dell’agricoltura biologica e la proprietà è completata da una struttura agrituristica diffusa, perfetta per l’enoturismo. Tra i loro vini, il Chianti Classico 2019 spicca per le note subito molto complesse con divagazioni animali fini e un cuore di nocciolo. È molto equilibrato, i tannini sono ben levigati e l’acidità è una carezza.
CASTELNUOVO BERARDENGA (SI) - TENUTA DI ARCENO
Chianti Classico 2019
Tenuta di Arceno è una parte di storia del Chianti. Parliamo di una tenuta che già intorno all’anno Mille era attiva dal punto di vista agricolo, e che nel 1504 viene acquistata dalla famiglia Del Taja. Quando il Granduca Cosimo III de’ Medici stabilisce i limiti della prima zona vinicola del Chianti, nel 1716, è già una realtà di riferimento e lo diventa ancor di più nell’Ottocento, quando la proprietà passa ai Piccolomini. Il Novecento prosegue nel solco di questa storia, con l’acquisto nel 1994 da parte dell’imprenditore americano Jess Jackson che, con questa proprietà, dà inizio a una serie di importanti investimenti al di fuori della California. La scelta però sarà quella di conservare il blasone nel mondo del Chianti. Una scelta azzeccata assaggiando il loro Chianti Classico (15% merlot) che al naso esce con note di mandorla e frutta molto intensa. In bocca la sua pienezza è esemplare, e il vino rotea lasciando sul palato tracce graffianti di tannini e una grande freschezza.
CHIUSI (SI) - NENCI
Passito della Croce
Paolo Nenci, trentenne, è quello che si potrebbe definire un influencer nel mondo del vino. Utilizza agevolmente ogni piattaforma, ha creato Farmers, community destinata a chi vuole lavorare in agricoltura, e riesce a promuoversi molto bene. La comunicazione, però, non esula dal continuo lavoro nell’azienda di famiglia grazie anche alla consulenza dell’enologo Mourad Quada, a sua volta allievo di Riccardo Cotarella. Oggi, nei 4 ettari vitati e inerbiti, produce 15mila bottiglie, tra cui spicca il Passito della Croce da uve trebbiano toscano, malvasia, grechetto e moscato, poste a passire su cannicci nel fruttaio aziendale per circa 3 mesi a cui segue un lustro in caratello. Il risultato è un vino molto speziato, contraddistinto in bocca da un’acidità persistente, ma anche dalla piacevolezza secca che evoca la frutta del genere (noci e datteri). Da conoscere è però anche il Toscana Rosso “Venere” 2017, una riserva di sangiovese in purezza, dal colore rubino intenso, al naso note fruttate evidenti che intercettano speziature fini. In bocca la tannicità crea una scala di sensazioni dentro un sorso pieno che poi termina con un balcone (come essere di fronte a un orizzonte toscano in primavera) di freschezza.
GROSSETO - MOTTA ALBERTO
Morellino di Scansano 2020
Di origini milanesi, la famiglia Motta è dalla fine degli anni Ottanta di stanza in Toscana al Podere La Tartaruga, situato in posizione privilegiata sui poggi dell’Argentiera, a sud di Grosseto, proprio di fronte al Parco Naturale della Maremma. Dopo gli assaggi di questi anni, dove alle Anteprime Toscane i suoi vini si sono sempre distinti, quest’anno ha saputo conquistarci con due campioni diversi, il Ciliegiolo 2020 Bio, con una parte quasi salmastra che stuzzica sia al naso sia in bocca, e soprattutto il Morellino di Scansano 2020, sempre biologico, che deve aprirsi, ma lascia poi spazio a profumi delicati ed eleganti, con una nota minerale che si fa sentire.
MASSA - L’AURORA DI FRANCESCO
Candia dei Colli Apuani Vermentino Nero “Riflesso” 2019
top dei top rossi
Siamo sui Colli Apuani dove Pietro Mosti, ex gestore di palestre, nel 2003 ha ripreso in mano i vigneti di famiglia e ha realizzato i primi imbottigliamenti. Oggi produce circa 40mila bottiglie l’anno, tra cui uno straordinario Vermentino, il Massetano, che nel 2020 ha anche trionfato al Concorso per il miglior Vermentino di Diano Castello. A conquistare il Top Hundred però è un altro vermentino (nero), il Candia dei Colli Apuani Vermentino Nero “Riflesso” 2019 che al naso ha profumi di grafite allo stato puro, tamarindo e una nota di mora intensa. Un rosso complesso, con note animali distese, mentre il sorso è rotondo, equilibrato e piacevolmente fruttato, con la classica salinità sul finale. Da conoscere anche nell’agriturismo aziendale Il Gallo dell’Aurora di Francesco.
MASSA - CANTINE RAMARRO
Candia dei Colli Apuani Vermentino “Cuore di Candia” 2019
Una delle nostre scoperte più recenti è questa cantina, nata nel 2015 per volontà di Andrea Tarabella, architetto e velista, che ha deciso di dedicarsi alla sua passione per il vino facendone la sua occupazione principale. Gli antichi vigneti, posti su forti pendenze superiori, conservano viti quasi centenarie coltivate senza l’utilizzo di diserbanti ma con un costante lavoro manuale, vite per vite, su poco meno di due ettari di proprietà compresi tra le Alpi Apuane e il mar Ligure. Il Vermentino è il suo fiore all’occhiello: il Candia Vermentino “Acquafiora” 2019 si dimostra molto tipico con profumi di ginestra e macchia mediterranea che nel vino scelto come Top Hundred 2021, il Ramarro Candia Vermentino Cuore di Candia 2019, diventano effluvi più ricercati con note di miele.
MONTALCINO (SI) - AGOSTINA PIERI
Brunello di Montalcino 2016
Undici ettari di vigneti suddivisi in più appezzamenti nella zona a sud di Montalcino, un lavoro continuo in vigna e la capacità di lavorare sulle tecniche di vinificazione, con scelte che deviano anche dalla classica dottrina di Montalcino. Questi gli ingredienti che hanno portato questa piccola azienda a diventare un punto di riferimento nella produzione di Brunello. Il loro assaggio, alle anteprime 2021, per noi è stato quello più convincente, il numero 1 dei 2016 per intenderci: un vino che al naso ha la frutta secca appena accennata, viola imponente con note minerali, ma anche incenso, quindi note balsamiche e un accenno di rabarbaro, per un sorso morbido equilibrato di persistenza lunga. Bravissimi!
MONTALCINO (SI) - BIONDI SANTI - TENUTA GREPPO
Brunello di Montalcino Riserva 2012
Biondi Santi è la storia del Brunello di Montalcino, da quando Clemente Santi e suo nipote Ferruccio Biondi Santi hanno iniziato a vinificare in purezza il sangiovese grosso. Dal 1888, con il primo Brunello della storia fino a Franco Biondi Santi che, dagli anni Settanta fino alla scomparsa, nel 2013, ha rappresentato la tradizione di questo vino e la sua immagine nel mondo. Il Brunello Riserva 2012 in qualche modo rappresenta l’ultimo di Franco Biondi Santi: si tratta di un Brunello filologico e coerente con i vini della Maison, tradizionali e portati alla longevità, eleganti, maestosi. Un vino che tuttavia dovrebbe invecchiare ancora, giacché da quel rubino trasparente c’è una stoffa di lenta evoluzione. Al naso senti il tamarindo sulla frutta rossa, e poi speziature nobili e più avanti una viola madida che si trascina nelle spezie. È sapido e cerca il suo equilibrio. Che soddisfazione e che gran cosa stare di fronte all’evoluzione di un Brunello così.
MONTALCINO (SI) - PALAZZO
Brunello di Montalcino 2016
La storia di questa cantina inizia in realtà in Scozia, dove Cosimo Loia e la moglie Antonietta aprono un ristorante che gode di grande successo. Nonostante le fortune Oltremanica, l’anima contadina si fa sentire e così nel 1986 coronano il sogno di acquistare una proprietà sulle colline di Montalcino: 12 ettari vitati, dove iniziano a produrre vino insieme ai figli, prima il Rosso di Montalcino e poi, a partire dagli anni Novanta, il Brunello. Il loro campione ha una viola filologica al naso, in bocca evidenzia tutta la complessità che denunciava al naso con quei tannini dolci ben amalgamati. Davvero molto, molto interessante.
MONTEPULCIANO (SI) - GATTAVECCHI
Vino Nobile di Montepulciano 2018
Dici Gattavecchi e pensi Montepulciano, perché questa famiglia ha molto da dire nella storia di questo vino. Tutto prende avvio sul finire degli anni ’40, quando Valente Gattavecchi ricostruisce, con l’aiuto della madre Sidonia, l’attività vinicola del nonno Vincenzo, tragicamente interrotta dopo i bombardamenti del 1944. La svolta avviene nel 1958 con l’acquisto della cantina Simoneschi-Baroncelli, già appartenuta al trecentesco convento dei Padri Serviti: il vino infatti viene posto a maturare due anni nelle grotte sotterranee e nelle stanze dell’antico convento, prima di essere immesso sul mercato. Il campione assaggiato, diventato nostro Top Hundred 2021, offre in bocca un’acidità pregnante e un leit motiv al naso e al palato di speziature fini che lo rendono unico.
MONTEPULCIANO (SI) - VECCHIA CANTINA DI MONTEPULCIANO
Vino Nobile di Montepulciano 2018
Quando diciamo che la storia delle cantine cooperative in Italia è straordinaria, anche per la qualità dei vini, abbiamo esempi da portare praticamente in ogni regione. Questo è uno dei principali in Toscana. Nata nel 1937, è la più antica della regione e oggi conta circa 400 soci. Con il Vino Nobile di Montepulciano 2018 ha dimostrato quanto è capace di lavorare bene. Sia con l’Argo, che ha note animali dominanti e una spada di freschezza esemplare, sia con il campione scelto come Top Hundred 2021, che ha note di frutta rossa con un che di esotico lasciando in bocca una tannicità fine.
PITIGLIANO (GR) - POGGIO AL TUFO
Toscana Cabernet Sauvignon 2019
Quest’azienda fa parte della famiglia Tommasi, che ha intuito le potenzialità di Pitigliano fin dagli anni Novanta acquisendo una proprietà di circa 150 ettari suddivisi nei tre diversi poderi di Rompicollo, Doganella e Albore riuniti dal marchio Poggio al Tufo, a ricordare la particolarità di questi suoli ricchi di roccia soffice e porosa formata da stratificazioni consolidate di ceneri vulcaniche. Oltre che del Vermentino iconico, profumato di violetta, ci siamo innamorati del Toscana Cabernet Sauvignon 2019. Questo ha un equilibrio al naso e in bocca coerente col vitigno, che in bocca rapisce per la freschezza, ma anche per la polverosità dei tannini e che risulta elegante per natura. Da provare pure nel loro omonimo affascinante agriturismo.
PONTASSIEVE (FI) - CASTELLO DEL TREBBIO
Chianti Rufina Riserva “Lastricato” 2017
La location è già da film: si tratta di una tenuta fortificata, sorta intorno all’anno Mille, dove venne ordita la congiura de’ Pazzi che cambiò per sempre la storia della Toscana, perché dal suo fallimento derivò gran parte del potere dei Medici. Oggi qui invece si fa un grande vino, seguendo i dettami del metodo biointegrale messo a punto dal gruppo DCasadei, a cui questa proprietà appartiene. Dei nostri assaggi ci ha colpito il Toscana Bianco “Congiura”, da uve pinot grigio, chardonnay e riesling, con i suoi effluvi – e non potrebbe essere altrimenti – di polvere da sparo o ancora il Pazzesco con le sue note tostate, di caffetteria. Top Hundred 2021 però è un grande Chianti, il Rufina Riserva “Lastricato”, ampio, con note che spaziano dalla frutta sotto spirito al cioccolato per arrivare in bocca, dove ha sorso setoso e una pienezza che lo colloca alla perfezione nello stile di questo gruppo.
RIPARBELLA (PI) - PAKRAVAN-PAPI
Toscana Sangiovese “Gabbriccio” 2013
Si conobbero a Firenze, durante i soccorsi per all’alluvione del 1966, Amineh Pakravan, affascinante studentessa iraniana, ed Enzo Papi, giovane toscano di Vada. Dopo il matrimonio nel 1969, la coppia rimase folgorata dalla bellezza di un’antica tenuta in Maremma, in località Ortacavoli a Riparbella (Pi), con 80 ettari di bosco e due case coloniche abbandonate. Nacque così la Pakravan Papi, ma è solo negli anni ‘80, con una prima piccola vigna, che inizia la produzione di vino, Sangiovese e Malvasia. Poi la svolta agli inizi del nuovo millennio, con la scelta di produrre vini in collaborazione con Graziana Grassini, enologa di caratura internazionale, e Stefano Pinzauti, agronomo tra i più apprezzati. Oggi i frutti del percorso li portano avanti i figli Chiara e Leopoldo, con Francesca Filippone. Nostro Top Hundred 2021 il Gabbriccio Igt, il cui nome evoca i “gabbri”, ossia i terreni di argille e rocce di effusione: un Rosso che nasce da una vigna autoctona di sangiovese piccolo. Rubino profondo, ha naso fine, che si propone con profumi di rosa e viola, poi lampone, ciliegia, prugna, quindi rinfrescante balsamicità e profonda speziatura, mentre al palato ha corpo, tannini ben integrati e freschezza e sapidità. Tra gli altri vini, i bianchi Ribellante (malvasia toscana, malvasia di Candia, riesling, chardonnay) e Serra De Cocci (chardonnay); il rosso Cancellaia (cabernet sauvignon e cabernet franc).
SAN CASCIANO IN VAL DI PESA (FI) - LA QUERCE SECONDA
Chianti Classico 2019
La Querce Seconda è posta nel territorio a nord del Chianti Classico, con circa sette ettari vitati che vengono curati da Niccolò Bernabei e dalla moglie Linda Sandkvist, trasferitasi in Toscana dalla Svezia per amore. Coltivazione biologica, grande attenzione alle viti storiche (anno 1975) recuperate da Niccolò e suoli di galestro incidono in modo determinante sulla qualità di questi vini. Sorprendente il loro Chianti Classico, che dà note fini di sottobosco e poi frutta e ciliegia sotto spirito. Notevole l’ampiezza in bocca e la setosità dei tannini. Chiude con una malia di erbe amare (cicoria), una mineralità espressiva, ma soprattutto la sua sorprendente pienezza.
SAN CASCIANO IN VAL DI PESA (FI) - PODERE LA VILLA
Toscana Rosso “Giacomo” (merlot) 2018
Podere La Villa è l’azienda di Ilaria Tachis, la figlia di Giacomo (a cui è dedicato il vino che premiamo come Top Hundred), uno dei più grandi enologi nella storia del vino italiano. La proprietà viene acquistata dalla famiglia nel 1994, però solo nel 2004 c’è la decisione di mettere mano alla vigna: la prima vendemmia – anno 2007 – coincide con la nascita del figlio Riccardo. Da lì in poi l’impegno di Ilaria nel mondo del vino cresce con l’acquisto di nuovi appezzamenti e di una seconda tenuta, che è in fase di ristrutturazione. L’assaggio del Toscana Rosso “Giacomo”, giustamente a merlot però è un giusto omaggio al grande enologo piemontese: è sontuoso, intenso, potente, profondo. Senti note speziate e di carrube fresche, poi si sprigionano piccoli frutti. In bocca ti avvolge la sua morbidezza, la sua eleganza, che si esprime su un finale di fruttato persistente, quasi che quei frutti pregnanti non ti vogliano mai lasciare, se non per fissare un ricordo rivolto a Giacomo. Ma noi spezziamo una lancia anche per il Chianti classico “Pargolo”, decisamente tipico e iconico.
SAN GIMIGNANO (SI) - CESANI
Vernaccia di San Gimignano 2020
La storia di quest’azienda è di una famiglia attiva nel mondo rurale dal 1949, quando Guido e Annunziata acquistarono un primo fazzoletto di terra con una piccola casa a Pancole, a 6 km dal centro di San Gimignano. Si deve però al figlio Vincenzo l’idea di puntare sulla produzione di vino che diventa in breve il settore di riferimento per l’azienda. Oggi sono 26 gli ettari vitati, che insistono su tre diverse aree che permettono di differenziare la produzione pur mantenendo la barra dritta sulla Vernaccia. Quest’ultima, nel campione 2020, è già grande: ha un colore che tende all’oro, al naso note di banana intense e nette e poi un’ampiezza in bocca spettacolare, verticale, croccante, fine. È stato uno dei campioni più apprezzati durante l’anteprima dei 2020 di quest’anno.
SAN GIMIGNANO (SI) - IL PALAGIONE
Vernaccia di San Gimignano “Hydra” 2020
Fin dal 1594, collocato lungo la panoramica strada che congiunge San Gimignano a Volterra, esiste questo podere con la casa colonica, posta sulla sommità della collina. Negli anni Novanta Giorgio Comotti con la moglie acquista la proprietà, per poter realizzare il sogno di ridare vita a questa grande storia agricola partendo dal vino. In breve tempo viene ristrutturato l’antico casale e vengono reimpiantati i vigneti sui terreni una volta vitati, quindi viene edificata una cantina dotata delle più moderne attrezzature. Oggi la proprietà complessiva, coltivata secondo i dettami del biologico, raggiunge i 50 ettari di cui17 destinati a vigneto, 3 a oliveto, 7 a noceto e ciliegeto e il restante a seminativo e bosco. Tra i loro vini non riusciamo proprio a scordarci la Vernaccia, Hydra, che si presenta con note di frutta esotica fresca e intensa e poi in bocca la trama classica, allappante, tannica, con una chiusura leggermente aromatica e amaricante. Bella complessità, per un vino da bere con grande piacevolezza. Anche soggiornando nel loro agriturismo.
SAN MINIATO (PI) - TORRE MATILDE
Chianti Bio “A.D. 780”
L’azienda è molto giovane (l’anno di fondazione è il 2017), ma la Tenuta in realtà fa parte della storia del territorio, presente fin dal Seicento con un’estensione di oltre trecento ettari. I 22 ettari di vigneti sono ubicati in zone storiche del territorio di San Miniato come Canneto, Baccanella e Santa Maria. Qui, grazie ai terreni ricchi di fossili marini, che infatti vengono ripresi in etichetta, e i frammenti vegetali, i vini sono fortemente caratterizzati a partire dal Chianti Bio “A.D. 780” affinato prima in cemento poi in bottiglia, che al naso si esprime come da manuale con la violetta e la ciliegia ingentilite però da un tocco di lavanda, mentre in bocca ha corpo ed eleganza, con un tannino fresco, vibrante.
SEGGIANO (GR) - PODERE MONTALE
Montecucco Sangiovese 2016
La storia di Podere Montale prende vita nel 2014, quando Silvio Mendini acquista questa proprietà con un forte progetto di rilancio. Si tratta di una proprietà di circa 200 ettari, di cui 20 di vigna, che viene ristrutturata puntando sull’agricoltura integrata. I risultati non si fanno attendere e in pochi anni Podere Montale viene a rappresentare una punta di diamante nell’ambito della denominazione Montecucco, come dimostra questo nostro premiato 2021, un Sangiovese pieno, profondo, con l’amarena che si mescola al cioccolato e poi prepotente la liquirizia. Anche in bocca ha un tannino ben definito che ne agevola la beva.
CIVITANOVA MARCHE (MC) - FONTEZOPPA
Serrapetrona “Morò” 2016
Fontezoppa nasce dal nome di un’antica sorgente che sgorgava a Civitanova Alta e che un tempo approvvigionava buona parte di quelle terre. Oggi si tratta invece di un’azienda solida con un progetto imprenditoriale alle spalle, che può contare su due strutture produttive e 58 ettari vitati con una predilezione per i vitigni autoctoni: pecorino, passerina, maceratino (o ribona) e lacrima di Morro d’Alba, solo per citare i più noti oltre naturalmente alla vernaccia nera di Serrapetrona. Proprio da una particolare vinificazione di quest’ultima nasce il nostro Top Hundred 2021, il Serrapetrona “Morò”, che dopo un affinamento in botte, esprime al massimo il suo ampio spettro olfattivo con note speziate, di cannella, e frutta sotto spirito, la ciliegia, mentre in bocca mostra un tannino che carezza come seta. Notevole è poi stato l’assaggio del Colli Maceratesi Ribona “Altabella” 2019 che ci ha lasciati senza parola. Peccato non poter proclamate due Top Hundred in contemporanea.
COLMURANO (MC) - SAPUTI
Colli Maceratesi Ribona 2019
L’azienda nasce nella prima metà del Novecento grazie ad Angelo Saputi, che ha l’intuizione di coinvolgere presto nel progetto il figlio Adriano. Sarà quest’ultimo a cambiare la storia di questa cantina, costruendo dapprima una nuova struttura produttiva, nel 1962, e poi ristrutturando i vecchi vigneti e introducendo nuove varietà, pur mantenendo al centro il vitigno tipico: la ribona detta anche maceratino. Ancora oggi, con al timone la quarta generazione costituita da Alvaro Saputi con i suoi 2 figli, Leonardo e Andrea, arrivano da queste uve grandi soddisfazioni come il nostro Top Hundred 2021, il Colli Maceratesi Ribona che si conferma un campione di una finezza tutta sua, che emerge da quel colore limone brillante con note fruttate calde, miste fra albicocca e ananas. È pulito al naso ed elegante in bocca, fresco e poi con quel finale sapido di gran goduria, anche a tutto pasto.
GROTTAMMARE (AP) - CARMINUCCI - VINICOLA DEL TOSINO
Offida Pecorino “Belato” 2019
Vanta oltre novant’anni di storia questa cantina fondata nel 1928 da Giovanni Carminucci e condotta oggi dal figlio Piero, che dal 1999 ha iniziato a imbottigliare i vini prodotti dalle uve dei propri vigneti specializzati. Oggi gli appezzamenti, ubicati tra i comuni di Offida e Grottammare, hanno un’estensione di 45 ettari vitati da cui traggono vere e proprie eccellenze come questo bianco elegante, l’Offida Pecorino “Belato” 2019, che al naso spicca per la piacevolezza del fiore d’arancia e in bocca ha una bella mineralità. Fa il paio con la Passerina “Casta”, piacevole anch’essa, con un’acidità diffusa.
JESI (AN) - MONTECAPPONE
Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva “Ergo Sum” 2016
Questa realtà vinicola è stata fondata alla fine degli anni ‘60, però la svolta arriva nel 1997, quando viene rilevata interamente dalla famiglia Bomprezzi-Mirizzi, già proprietari dell’omonima Enoteca di Roma, che punta immediatamente sull’ampliamento della cantina e sul rinnovo di quasi tutti i vigneti. Attualmente può contare su 40 ettari di vigneti posizionati sulle colline di Jesi e dei suoi Castelli e 17 ettari di oliveti, con una predilezione per il verdicchio tra i bianchi e per montepulciano e sangiovese tra i rossi. A inizio anno è stato commercializzato il Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Classico “Ergo Sum”, il vino più importante dell’azienda, con 5 anni di affinamento, di cui 1 nell’uovo di Nomblot e 4 in bottiglia. Il risultato è straordinario: al naso i profumi esotici speziati si confondono con il caco-mela come in una ventata di freschezza. In bocca è filigranoso, rotondo, con una finezza unica, che termina con un accento amarognolo. Ma è solo la punta dell’icerberg di una gamma di vini straordinari, che hanno la cura dell’enologo Lorenzo Landi.
MONTEFIORE DELL'ASO (AP) - CENTANNI
Marche Rosso “Primo Delia” (cultivar locali) 2017
Giacomo Centanni sa fare il vino. Laureato in enologia, partendo dai 5 ettari di vigneto del nonno, ha rilanciato puntando anche sul biologico ed è arrivato ai 30 attuali. Lo abbiamo scoperto nel 2018 quando ci colpì per il suo Pecorino, lo ritroviamo oggi con due campioni altrettanto notevoli: Passerina e Marche Rosso. Il primo è un vino che al naso è quasi esuberante, profumato, ma senza essere eccessivo. Il Marche Rosso “Primo Delia”, che porta il nome dei nonni del titolare, Primo e Delia per l’appunto, viene prodotto da cinque diverse uve coltivate in azienda, locali e internazionali. È un vino capace di ammaliare al primo incontro, grazie a un naso dov’è la speziatura a far da padrona con note di malto, radice di liquirizia e caffè che si ritrova poi a lungo nel retrogusto, non confuse ma ben distinte, come solo i grandi rossi sanno fare.
MONTEGIORGIO (FM) - OFFICINA DEL SOLE
Falerio Pecorino “Franco Franco” 2018
Una realtà complessa, che ha fatto della proposta enoturistica il suo cavallo di battaglia. Siamo a Montegiorgio nel fermano, tra il mare e i monti Sibillini, con – sullo sfondo – il Gran Sasso. La struttura è un gioiello perfettamente inserito nel paesaggio circostante, circondata da ulivi e viti. Da queste ultime ricavano un vino che ha saputo conquistarci, il Falerio Pecorino “Franco Franco” 2018. Un vino dal colore verde oro che al naso è caldo, con profumi di biscotto alla cannella che nei paesi del Nord si gustano per Natale, mentre in bocca ha equilibrio perfetto.
SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP) - COSTADORO
Piceno Superiore 2017
L’azienda nasce dalle proprietà di antiche famiglie del Piceno da secoli dedite all’agricoltura. È dal 1969, grazie al conte Mimmo Costantini Brancadoro, che inizia la commercializzazione dei vini con l’acquisto di nuovi terreni, fino ad arrivare ai 120 ettari attuali tra le colline di Marche e Abruzzo. Le linee attualmente sono due, con prodotti certificati biologici. Abbiamo assaggiato la Passerina “La Ferola” 2020 con un naso decisamente fruttato, com’è proprio della passerina, e un’acidità ampia e lunga, quindi il Falerio “Le Ginestre”, con un profilo olfattivo particolare che lascia trasparire speziature di chiodi di garofano e in bocca è rotondo e diretto al tempo stesso, con una sapidità finale che lo esalta. Questo è stato il nostro Top fino all’assaggio del Piceno Superiore 2017, il vino che ci ha letteralmente conquistati: un rosso con profumi netti, la giusta intensità e note minerali di grande eleganza che si specchiavano in un tannino che si fa sentire senza urtare.
CASTEL VISCARDO (TR) - FEUDI SPADA
Umbria Rosso “Orazio” (alicante) 2018
A Viceno, frazione di Castel Viscardo, Alessandro Leoni, enologo, insieme a Maurizio Fea ha cominciato a produrre vini dal 2010, dopo un anno dall’acquisizione dei primi terreni, nei quali ci sono vigneti di oltre 90 anni, recuperati e infittiti. Quattro i vini assaggiati, a partire dal Novintage, metodo classico da uve riesling, che affina per 30 mesi sulle fecce, per uno spumante dai profumi di melone e frutto della passione, ma anche timo e polvere da sparo. Poi La Marchesa 2020, bianco da uve grechetto più piccola aggiunta di riesling, che gioca soprattutto con la frutta esotica, mentre Madonna 2019 è uno chardonnay affinato in legno (barriques), dai profumi intensi di banana, pompelmo e fiori di acacia, che ritornano all’assaggio, sapido e appagante. Il vino più interessante e nostro Top Hundred è l’Umbria Orazio 2018, da uve alicante, la cui etichetta è stata disegnata dal ceramista Marino Moretti. Un vino molto elegante, dall’impatto aromatico piacevolissimo (ratafià, pepe nero, chiodi di garofano), per un sorso fresco, dai tannini di cipria e decisamente persistente.
CASTIGLIONE DEL LAGO (PG) - PODERE MARELLA
Umbria Vermentino “Fiammetta” 2020
Una casa colonica del Settecento, sapientemente ristrutturata, è nel cuore di questo podere posto sul lago Trasimeno, proprio sul confine tra Toscana e Umbria. Un luogo magnifico – creato nel 1974 da Fiammetta Inga e ora condotto dal figlio Cosimo Bisiach – dove soggiornare e dove assaggiare i frutti di un'agricoltura biologica, dalle lenticchie rosse alla fagiolina fino all'aglione senza dimenticare l'olio extravergine d'oliva. Se è su questo libro, però, lo deve al suo Vermentino Fiammetta 2020, capace di salire sul podio anche nel Premio dedicato a questo vitigno che si è celebrato a Diano Marina nel 2021 per la 28^ edizione. Un Vermentino di razza che al naso si distingue per i sentori netti di pera, con accenni balsamici, minerali, vibrante in bocca, rotondo, con una piacevole persistenza. Non può non piacere.
APRILIA (LT) - ARTICO
Lazio Rosso “Ossidiana” 2018
È la fine degli anni Novanta quando Federico Artico, studi umanistici alle spalle e un lavoro nell’organizzazione degli eventi, decide di cambiare completamente prospettiva e dedicarsi alle vigne del nonno mettendo a frutto gli 11 ettari a confine con l’agropontino. Molto lavoro in vigna, effettuato direttamente da lui, ed etichette iconiche che strizzano l’occhio alla street art per campioni che in modi di versi ci hanno tutti conquistato, dal Trebbiano al Sauvignon anche se la nostra predilezione è andata al Lazio Rosso “Ossidiana” 2018, un merlot in purezza davvero interessante. Ha colore rubino ben concentrato, al naso frutta con speziature dolci; in bocca è fresco, filigranoso, equilibrato con una tannicità cremosa. Un gran bel rosso.
ATESSA (CH) - TERRA D’ALIGI
Terre di Chieti Bianco Cococciola 2020
L’azienda è collocata nel cuore delle colline Frentane, tra la Maiella e il mare. Attiva dal 1973, quando viene fondata da Vincenzo Spinelli, ha puntato fin dall’inizio sui vitigni autoctoni e quindi passerina, pecorino e montepulciano con ottimi risultati, al punto che, già negli anni Novanta, diventa un punto di riferimento per la viticoltura abruzzese nel mondo. Proprio tra gli autoctoni abbiamo pescato il nostro Top Hundred 2021, da un vitigno raro e nobile come la cococciola. Il Terra di Chieti Cococciola 2020 è molto tipico con le note di caramella al naso e la mandorla, in bocca è equilibrato e con una sapidità ben espressa che invoglia a bere.
ORTONA (CH) - CODICE VINO
Abruzzo Pecorino Superiore “Tegèo” 2018
Codice Vino è il nome di un ambizioso progetto sviluppato da Codice Citra, una delle cooperative più grandi d’Italia. Questa realtà, forte di 100 ettari, si propone fin da subito attenta alla viticoltura di precisione, alla zonazione e all’uso dell’intelligenza artificiale in vigna con l’ausilio di personalità di primo piano come l’enologo Riccardo Cotarella. Non è quindi un caso che i risultati siano stati subito così importanti, con la Passerina e soprattutto con questo Pecorino “Tegèo”, che si presenta con un colore dorato brillante e concentrato. Al naso emergono frutti esotici e sambuco, ma anche pepe bianco. La sua acidità diffusa è una spada che trasporta eleganza su una struttura decisamente equilibrata.
PENNE (PE) - COLLE TROTTA
Montepulciano d’Abruzzo Riserva “Q500” 2010
Questa azienda agricola dagli inizi del Novecento sino al 2006 aveva subito un lento e continuo declino, sino a quando Maurizio Di Nicola e un pro nipote hanno deciso di ridare vita ai terreni. Oggi è una realtà certificata biologica e, nonostante i gravi danni subiti dal terremoto, nel 2017 è stata riattivata la cantina. Di classe infinita il Montepulciano d’Abruzzo Riserva 2010, dal colore rosso rubino intenso, dalle note di ciliegie e amarene, lieve sentore di prugna matura, profumi di liquirizia e spezie che vano in profondità. In bocca ha giusto equilibrio tra struttura e tannicità, persistenza infinita, e ti rimane quella freschezza balsamica in bocca che ricorda erbe mentolate.
CAMPOBASSO (CB) - CANTINA HERERO
Tintilia del Molise “Primaclasse” 2018
Nasce nel 2013 questa piccola realtà vinicola molisana a elevato standard qualitativo, impegnata nella produzione di vini naturali da vendemmia tardiva con speciale riguardo per la qualità a discapito della quantità (“solo” 10.000 bottiglie l’anno) partendo da uve doc di diverse varietà come l’autoctona tintilia a cui vengono affiancate quelle delle regioni limitrofe come il montepulciano o la falanghina. I vigneti sono coltivati a filari, senza irrigazione e l’uva viene raccolta a mano e depositata in cassetta per non comprometterne l’integrità. È Top 2021 il Tintilia del Molise “Primaclasse” 2018, una nota distesa al naso con declinazioni animali e minerali. Senti inchiostro, spezie, frutta (ciliegia) e poi un sorso piacevolmente legante che non cede sulla freschezza.
URURI (CB) - SALVATORE PASQUALE
Tintilia del Molise “Rutilia” 2017
Una ventina di ettari vitati nel basso Molise, corredati da oliveti e seminativi vari, in un territorio dove la viticoltura era già diffusa nel periodo romano. Questo il cuore di un’azienda capace di valorizzare al massimo le peculiarità territoriali che portano i nomi di montepulciano, falanghina e soprattutto tintilia, su cui questa cantina sta lavorando fin dagli anni Novanta, grazie anche a un lavoro di microvinificazioni specifiche. Il risultato è questo Top Hundred, dal bel colore granato, che al naso mostra tutta la piacevolezza e la croccantezza della ciliegia accompagnati da una piacevole speziatura, che nel retrogusto amplifica la nota fruttata.
CARINOLA (CE) - NUGNES
Falerno del Massico Rosso Riserva “Caleno” (r - aglianico, piedirosso) 2012
È nata nel 2002 la cantina Nugnes, nel solco di un’antica tradizione di viticoltori, e il contesto in cui opera, caratterizzato da clima mite e temperato, terreno fertile e ricco di elementi vulcanici, e il sole campano, sono il segreto dello straordinario Falerno del Massico Rosso Riserva 2012 prodotto da Orlando Nugnes, nipote dell’omonimo fondatore dell’azienda. Da uve aglianico (80%) e piedirosso (20%) ha colore rubino luminoso, profondo, ha naso intenso dove sembra di trovarsi di fronte alla grafite pura; poi emergono note di ciliegia, fragoline di bosco, sentori speziati e di caffè, liquirizia e menta. Di grande struttura, è caldo coi tannini levigati, ma grazie a una bella acidità conserva una beva agilissima, con un finale sapido e di lunghezza infinita. Che vino!
MONTEFALCIONE (AV) - DONNACHIARA
Irpinia Aglianico “Averno” 2018
Donnachiara nasca dalla storia di una famiglia nobile campana e si ispira alla trisavola Donna Chiara Mazzarelli Petitto che a fine Ottocento condusse coraggiosamente l’azienda agricola puntando proprio sulle vigne. Oggi al timone dell’azienda c’è la pronipote Ilaria, che ha deciso di puntare in alto, affidandosi anche alla consulenza di Riccardo Cotarella. La linea Kapemort è un progetto ex novo che si ispira nelle etichette alla Napoli esoterica e in particolare al culto delle anime pezzentelle, rielaborato in modo artistico. Il risultato è esplosivo e allo stesso tempo coerente con quanto troviamo nel bicchiere. Merita particolare attenzione il Greco di Tufo: il “Maride”, annata 2020, che insieme alla frutta mostra quella mineralità che spiccherà il volo nella Riserva che al naso acquista in finezza con i profumi di salvia e macchia mediterranea e in bocca appare placido, disteso. I rossi proseguono sullo stesso solco: il Campania Aglianico “Nerone” 2019 al naso ha profumi di confettura di carrube, mandorla, rabarbaro e un tannino levigato, persistente. L’Aglianico “Averno” 2018, nostro Top Hundred, condivide le stesse sensazioni però le amplifica, le affina con una nota di fungo, di sottobosco, che nell’altro campione era assente e una speziatura importante.
MONTEFALCIONE (AV) - RAFFAELE NOVIELLO - AROMA FINE WINES
Irpinia Campi Taurasini “Aroma - 1980” 2018
Una nuova conoscenza questa cantina di Montefalcione condotta da un ragazzo caparbio, Raffaele Noviello, che si è fatto le ossa a lungo in vigna e in cantina, prima di costruire questo progetto compiuto che sa valorizzare alcuni dei grandi vitigni campani. L’Apianum è il Fiano di Avellino, che ha un naso molto caratteristico con profumi di agrumi e miele, frutta secca e in bocca una ben definita mineralità. A far la differenza è però il vino selezionato come Top Hundred 2021, l’Irpinia Campi Taurasini 2018 (100% aglianico), che ha come nome la data di nascita del winemaker: 1980. Anche questo è un vino molto caratteristico, dal naso profondo, evoluto, caratterizzato dai profumi terziari, di pelle e tabacco, che in bocca è pieno, corposo, quasi da masticare.
SALZA IRPINA (AV) - DI MEO
Fiano di Avellino 2019
La cantina dei fratelli Di Meo nasce negli anni Ottanta, dall’antica residenza di famiglia che un tempo era appartenuta ai principi Caracciolo. Il suo sviluppo, basato sui grani vitigni irpini, procede parallelamente al successo e al riconoscimento delle denominazioni locali: Fiano, Taurasi e Greco di Tufo. Oggi la proprietà si estende su 25 ettari, quasi completamente vitati, nobilitati dalla presenza di un casino di caccia che oggi è anche sede di eventi. La produzione vitivinicola ampia (sono circa 15 le etichette a cui si aggiungono un brandy, le grappe monovitigno e i liquori) trova per noi l’apice nel Fiano di Avellino, dove la nota di miele che emerge da quel colore giallo oro, si fa ancora più avvolgente di quella del Greco. Poi la speziatura filigranosa che avverti in bocca è davvero esemplare, insieme a una freschezza infinita, che prolunga la finezza intrinseca del Fiano. Degni di nota anche Greco di Tufo e Taurasi Riserva.
BRINDISI - PANDORA
Puglia Primitivo del Salento “71” 2019
Nasce nel 2017 dalla passione di Francesco Fumarolo per il vino e la sua meravigliosa terra, questa azienda nel cuore della Doc Brindisi, che ha l’obiettivo di produrre i grandi vini del Salento. I vitigni autoctoni primitivo, negroamaro, malvasia nera, malvasia bianca, chardonnay vengono coltivati con l’utilizzo di moderne tecniche enologiche pur nel rispetto della tradizione per realizzare vini d’élite pieni di storia dai nomi epici. Top Hundred 2021 è dunque Puglia Primitivo del Salento “71” 2019, che offre al naso frutta matura intensa, noce e poi piccoli frutti e un qualcosa che ricorda un liquore di ciliegie. Davvero elegante e vellutato come ci si aspetta da un Primitivo.
MANDURIA (TA) - MASSERIA SURANI
Primitivo di Manduria Riserva “Dionysos” 2015
Masseria Surani è uno dei gioielli della galassia Tommasi, in questo caso in Puglia, che condivide con Paternoster in Basilicata l’enologo Fabio Mecca. Neanche a dirlo, i risultati sono eccellenti in entrambi i casi. In questa tenuta di ottanta ettari nel cuore di Manduria, dal suolo calcareo e dal clima influenzato dalle brezze marine, l’uva principe è il primitivo che abbiamo apprezzato nelle diverse declinazioni. Il Primitivo riserva Dionysos, nostro Top Hundred 2021, ha una profondità speziata con note di grafite, visciole e mandorle e poi in bocca una freschezza dominante per un sorso profondo. Davvero un’interpretazione coerente di questo vitigno che ha nel Dna l’eleganza. Della stessa cantina il Fiano “Arthemis” e il Negroamaro Rosé “Helios”.
TURI (BA) - GIULIANI
Gioia del Colle Primitivo Riserva “Baronaggio” 2015
Cinquanta ettari vitati nella contrada detta “sotto il canale” nei pressi dei ritrovamenti archeologici di monte Sannace. Questo è il cuore della cantina Giuliani, un punto di riferimento nella Murgia Barese, fondata settant’anni fa da Raffaele Giuliani e guidata oggi da suo figlio Donato, che ha fatto dei vini da uve primitivo e aleatico la sua bandiera. Il Gioia del Colle Primitivo Riserva “Baronaggio”, assaggiato nell’annata 2015, ne rappresenta al meglio l’identità e la storia: siamo di fronte a un grande rosso del Sud, con un naso ampio e profondo allo stesso tempo, con la frutta sotto spirito che lascia spazio alla liquirizia e quindi alla fine speziatura, di chiodi di garofano e cannella e che in bocca è pieno e ben equilibrato, grazie all’acidità che sorregge l’importante alcolicità.
MATERA (MT) - DRAGONE
Spumante Metodo Classico Brut “Cento Santi” 2018
Cantina nata a Matera con Michele Dragone, nei primi anni ‘20 del secolo scorso, inizia a vinificare in proprio trent’anni più tardi: la prima etichetta risale infatti al 1955. Oggi l’azienda, che nel frattempo si è spostata nella Tenuta di Pietrapenta, a 12 km dalla città dei Sassi, produce circa 10.000 hl di vino, tutti da vigneti di proprietà. II metodo classico, tipologia rara in Basilicata, è il loro fiore all’occhiello. L’Ego Sum 2018 è un rosè da primitivo di Matera, di perlage fine e con un naso di fragoline di bosco e fiori di glicine, molto raffinato. Il Cento Santi 2018, uvaggio di greco e malvasia bianca, è 100% Top Hundred, fin dal naso, citrino di lime, e poi nell’ingresso in bocca – la bollicina è fine – di un sorso fresco e leggermente balsamico (finocchietto), che ha l’aromaticità di un miele millefiori, prima di una chiusura leggermente allappante che invita al secondo bicchiere.
VENOSA (PZ) - RE MANFREDI - TERRE DEGLI SVEVI
Aglianico del Vulture “Taglio del Trancio” 2019
Dal 1998 questa cantina, che fa parte del Gruppo Italiano Vini, è un punto di riferimento nel cuore della zona di produzione dell’Aglianico del Vulture Doc, a pochi chilometri da Venosa. Un’elegante e accogliente masseria svetta al centro della proprietà che si estende per oltre 120 ettari di vigneti, dove non mancano vitigni a bacca bianca come il müller thurgau e il traminer, che danno origine a un vino, il Manfredi Bianco, dai profumi di frutta esotica e dalla spiccata mineralità che si fa apprezzare. Due gli Aglianico del Vulture assaggiati. L’Aglianico del Vulture Re Manfredi 2018 è più canonico, espressione autentica di questo nobile vino. La ciliegia sotto spirito si fa dirompente, ma ci sono anche erbe aromatiche, liquirizia e cacao. Nostro Top 2021 sarà però il Taglio del Trancio 2019, che spiega già nel nome una delle sue caratteristiche, ovvero il leggero appassimento ottenuto attraverso appunto il “taglio del tralcio”. Non aspettatevi però un vino “pesante”, perché alla prova del bicchiere è invece immediato e giovane. Il naso caratteristico di carrube e frutta rossa si ritrova in un sorso arricchito da una spolverata di cacao, e anche in questo caso c’è un leggero residuo zuccherino, una tannicità elegante, per un sorso comunque fresco e minerale, avvolgente ma vispo.
ALTOMONTE (CS) - FARNETO DEL PRINCIPE
Vino Rosso Bio Calabrese 2018
Duecento ettari di terreni, di cui settanta vitati, all’ombra del bellissimo borgo di Altomonte nel Cosentino. Questo è il cuore di una cantina che fin dall’inizio del suo percorso ha puntato sui vitigni autoctoni, come magliocco dolce, lacrima, montonico bianco, greco bianco e greco nero, coltivati secondo i dettami del biologico. Abbiamo assaggiato il Bianco Bio 2020, frutto di uve malvasia in purezza, dal naso decisamente floreale, di ginestra e caramella. Interessante anche il Rosato Bio 2020, che invece al naso ha note più selvatiche. Il Vino Rosso Bio Calabrese 2018, da uve dell’omonimo vitigno, è la sorpresa che abbiamo deciso di premiare con il Top Hundred: intenso, caldo, con profumi di frutta secca che ritornano nel retrogusto e un tannino ben levigato.
CIMINÀ (RC) - ASPROMONTE
Mantonico Bianco 2020
Pasquale Polifroni. Segnatevi questo nome perché ne sentirete parlare, anche se oggi la sua cantina è quasi introvabile, almeno su web. Siamo a Cimminà, paese celebre per il caciocavallo a doppia testina, e qui questa azienda produce un mantonico da manuale. Fin dal colore è molto tipico, con tonalità che ricordano la buccia di cipolla. Al naso c’è frutta esotica matura e albicocca, poi una piacevole nota di frutta secca ben espressa e in bocca un’acidità ancora nervosa. Un vino non propriamente equilibrato, quasi disomogeneo, ma verace. Un vino da Top Hundred (noi l’abbiamo premiato quest’anno) che non può passare inosservato.
CROTONE - VAL DI NETO - AZ. AGR. CARLA LIGUORI
Calabria Rosso “Neaithos” (gaglioppo, cabernet s., merlot) 2020
Fin dagli anni del Dopoguerra, questa cantina ha rappresentato la leva del rilancio della viticoltura nel crotonese. Poi, dopo la grave crisi degli anni Novanta, l’operato è stato rilanciato dalla famiglia Cappa, che ne ha tenuto insieme il tessuto produttivo. Ottimo lavoro, ci viene da affermare, dopo aver assaggiato una ricca campionatura. Il Calabria Bianco “Kalypso”, da uve malvasia, sauvignon e chardonnay è suadenza allo stato puro: il Calabria Bianco “Ferule” 2019 è molto concentrato, più fruttato; il Calabria Bianco “Lumià” invece guarda più alla parte balsamica. Anche il Rosato “Amistà” 2020 ci lascia una buona impressione, così come, tra i rossi, il Vigna delle Volpi 2019. A colpirci è però l’assaggio del Neaithos 2020, vinoso con note verdi, una profondità inusitata per un campione così giovane con una mineralità e una speziatura che rendono vibrante il sorso. Abbiamo selezionato quest’ultimo per un Top Hundred che però va a premiare complessivamente un modo di concepire il vino.
NICOTERA (VV) - CASA COMERCI
Calabria Magliocco Canino Rosato "Granàtu" 2020
Storia secolare per questa cantina fondata alla fine dell’Ottocento da Francesco Comerci che trasmise alle sue due figlie, Michelina e Rosina, la passione per la terra. La rinascita oggi si deve a Domenicantonio Silipo e ai suoi figli, che hanno ricostruito l’azienda Comerci per onorare la storia della famiglia. Oggi dei quasi 30 ettari di terreno di proprietà, 15 sono dedicati al vigneto con la meta di produrre vino dal Magliocco canino lavorato in purezza. Ora, dei nostri assaggi siamo rimasti ammirati e combattuti sia dal Calabria Magliocco Canino Rosato “Granàtu” 2020, che è stato nominato fra i Top Hundred 2021 per la sua ricchezza e complessità. Al naso note di polvere da sparo e datteri con una speziatura che al naso si rivela quasi dolce. In bocca l’ingresso è avvolgente con un’acidità vasta e un ché di cardamono per un sorso di lunga intensità. Ha invece note di caffè e profondità il Magliocco Canino Rosso “A Batia” 2017 con i suoi tannini vivi.
RICADI (VV) - MARIO ALBERTO ROMANO - ORGINE&IDENTITÀ
Zibibbo Spumante Metodo Classico Dosaggio Zero
L’etichetta è già iconica, una OI azzurra su fondo bianco. Così come, altrettanto suggestiva, è la scelta enoica che ha cuore e testa nello zibibbo di Pizzo e nella malvasia. Nient’altro. Da qui la scelta del nome Origine e identità, un progetto di Mario Alberto Romano che ha messo su cantina a Brivadi, piccolo borgo sulle colline di Capo Vaticano a 130 metri s.l.m., situata all’interno di una proprietà di circa 4 ettari. Il Calabria bianco 2020 si ottiene da uve malvasia 100%, è un vino che affascina, molto delicato, che a tratti ricorda persino il the. Lo Zibibbo Dosaggio Zero Metodo Classico Vendemmia 2018 è il vino che l’ha reso celebre e che, però, a nostro giudizio, è superato dal bianco Calabria Zibibbo 2020: profumi di ginestra e ampie note salmastre, di ostrica e olive in salamoia, in bocca è secco, con la classica nota amara sul finale, che non disturba, anzi, ci mette la firma.
BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) - VIGNA NICA
Mamertino Rosso 2016
Maria Genovese, da una vigna “nica”, che in siciliano vuol dire “piccola”, agli inizi di soli due ettari, ora di cinque, realizza un vino da sorpresa. Le vigne sono coltivate in regime biologico affiancando le tecniche dell’agricoltura biodinamica. Ed ecco il Mamertino Rosso 2016. Da uve nero d’Avola, nocera, nerello mascalese, lavorato solo in acciaio, ha profumi di mirtillo e ribes, nota piacevolmente balsamica di macchia mediterranea, con deviazioni spaziate e animali. Al sorso ti accarezzano tannini vellutati, per un vino rosso di corpo e ottimo equilibrio che lascia sul palato una piacevolissima nota di frutta secca.
CAMPOREALE (PA) - TENUTE RAPITALà
Sicilia “Hugonis” (r - cabernet s., nero d’Avola) 2018
La storia di questa tenuta, oggi parte del Gruppo Italiano Vini, è quella di un grande amore. Tutto inizia nel 1968, quando Hugues Bernard conte de la Gatinais, francese di St. Malo sposa Gigi Guarrasi, discendente di una grande famiglia palermitana. Insieme si impegnano nella ricostruzione con criteri moderni della cantina distrutta dal terremoto della Valle del Belice, puntando sui grandi vitigni internazionali. L’impresa riesce e Rapitalà, dal 1976, data della prima vendemmia, diventa quella che è oggi: una delle cantine più importanti sul territorio siciliano, attualmente guidata da Laurent Bernard de la Gatinais, il figlio di Hugues e Gigi. La rosa dei vini prodotti è ampia e nei nostri assaggi più recenti ci hanno conquistato il Vigna Casalj Alcamo Classico 2020, catarratto in purezza, caldo, vulcanico e speziato, e soprattutto Sicilia “Hugonis” 2018, da uve nero d’Avola e cabernet sauvignon, che al naso ha effluvi di mirtillo e cassis e in bocca è fresco, tannico.
PARTINICO (PA) - CUSUMANO
Terre Siciliane “Angimbè” (b - inzolia, chardonnay) 2020
È una delle maggiori cantine siciliane con circa 500 ettari vitati, suddivisi in diverse proprietà che permettono di avere una grande varietà di climi e di suoli. La Tenuta Ficuzza, 189 ettari di terreno franco argilloso, parcellizzato in 60 micro aree è caratterizzata dall’altitudine, fino a 700 metri s.l.m., con grandi escursioni termiche tra la notte e il giorno e la presenza di nevicate invernali, condizioni ideali per lo sviluppo dei bianchi e in particolare dell’inzolia che, insieme allo chardonnay, dà vita a questo bianco entrato nella selezione dei Top Hundred, il Terre Siciliane “Angimbè”. Si presenta nel bicchiere con un colore giallo oro. Al naso un profumo penetrante di fiori e ananas nonché note di pietra focaia. È rotondo in bocca, fresco, con un gradevole finale ammandorlato. Un vino che ben rappresenta questa cantina a cui siamo affezionati e che apprezziamo anche per l’impegno verso la sostenibilità: è stata infatti una delle prime ad aderire al programma SOStain, alleanza per la viticoltura sostenibile sviluppato in Sicilia e riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e patrocinato dal Ministero delle Politiche Agricole.
VITTORIA (RG) - FEUDO SANTA TRESA
Terre Siciliane Frappato “Rina Russa” 2019
Un assaggio entusiasmante per questa cantina nata dallo spirito imprenditoriale e dall’esperienza dei fratelli Stefano e Marina Girelli, viticoltori trentini folgorati dalle potenzialità del ragusano e, in particolare, da questa azienda acquistata nel 2001 a Vittoria e convertita al biologico seguendo un attento lavoro sulla biodiversità e sulla diversa espressione dei suoli. Vent’anni esatti di lavoro per arrivare a valorizzare al massimo il frappato, che nei loro vini tira fuori tutta la sua personalità. Dopo una lunga degustazione, che ci ha diviso proprio per la difficoltà di scegliere un’etichetta rappresentativa in una selezione di altissimo livello, abbiamo optato per il frappato. Basta assaggiare questo Terre Siciliane Frappato “Rina Russa” 2019 per capire che questo vitigno fa parte del loro DNA. Di colore rubino luminoso, con un naso che dosa in egual misura la nota floreale e fruttata, con la viola da un lato e ciliegia, frutti di bosco e lamponi dall’altro, in bocca croccante, fresco, di grande bevibilità. Stupisce anche la curiosa versione spumante.
BAUNEI (NU) - PUSOLE
Cannonau di Sardegna 2018
Agricoltori da quattro generazioni, i Pusole si occupano di allevamento di razze autoctone locali, di allevamento semibrado del suino Razza Sarda e della coltivazione di grano senatore Cappelli e orzo, però anche in viticoltura hanno da dire la loro puntando sugli uvaggi locali. Della vigna si occupano i giovani Lorenzo e Roberto, che si è formato in agronomia ed enologia ad Alba, seguendo la filosofia dei minimi interventi in vigna. La loro interpretazione del Cannonau, Top Hundred 2021, punta a esaltare la parte fruttata e di erbe aromatiche di questo vitigno vinificato in acciaio, con un tannino e un’acidità viva che reggono la pienezza del sorso.
PALAU (SS) - LA CONTRALTA
Vermentino di Gallura Superiore “Fiore del Sasso” 2019
La Contralta è una piccola spiaggia adiacente a uno dei vigneti della tenuta, che è azienda vitivinicola tra le più recenti nate sull’isola e concentrata esclusivamente sui vitigni autoctoni vermentino, cannonau e carignano. Protagonisti di quest’avventura, Nicola Dettori che segue la parte amministrativa, e Roberto Gariup, responsabile tecnico e winemaker, che sebbene viva in Gallura da 14 anni è friulano e con sé qui ha portato l’amore per i vini bianchi della sua terra, dritti, verticali, asciutti, con voglia di osare con le macerazioni e di sperimentare con diversi contenitori, credendo nella longevità dei vini e quindi non inseguendo il mettere in commercio subito. Tra i vini bianchi di pregio il nostro preferito è il Vermentino di Gallura Superiore “Fiore del sasso”, di cui son prodotte 10.000 bottiglie. Di grande pulizia aromatica, elegante e teso, dai profumi giusti di macchia mediterranea, note agrumate e gusto secco e sapido.
TRINITÀ D'AGULTU E VIGNOLA (SS) - FRANCESCO LEPORI
Colli del Limbara “Zilvara” 2019
top dei top bianchi
Siamo nel nord della Gallura, dove Francesco Lepori ha puntato sul recupero, grazie alla collaborazione con l’Università di Sassari e alla scuola Enologica di Alba, dell’autoctono (e ormai rarissimo) caricagiola, che significa “carica molto”, cioè “porta molti grappoli”: un vitigno ancora a piede franco coltivato tra le dune marine a 200 metri dalla battigia, di fronte alla Corsica e all’Asinara, ed esposte al forte vento di maestrale. Oltre a questo, però, sa essere grande anche con il Colli del Limbara “Zilvara”, un taglio di uve vermentino di Gallura (70%) e galoppo (30%), altra uva autoctona, parente del galoppino francese (il viognier): di colore giallo oro concentrato, al naso senti la buccia di fico d’India e il biancospino e in bocca ha note di prugna Regina Elena che vengono fuori col tempo portando ancora freschezza a un sorso già premiato da una perfetta acidità. Per i vini bianchi 2021 questo è il Top dei Top unico. E ancora una volta è un vino sardo.
USINI (SS) - BINZA ‘E SU RE
Isola dei Nuraghi Cagnulari “Pinta” 2019
“La vigna del re” è il significato del nome di questa azienda nata nel febbraio del 2015 a Usini, piccolo comune della provincia di Sassari, nel nord-ovest della Sardegna. Il re è Giovanni “Billia” Cherchi, storico viticoltore locale e primo a far conoscere i vini della sua terra in Italia e nel mondo, purtroppo mancato nel 2020. Oggi la figlia Annalisa con il marito Francesco (che per anni ha lavorato accanto a Giovanni), si impegnano in questi 9 ettari ereditati dalla storica azienda di famiglia, coltivati coi vitigni classici della zona come vermentino o cannonau, ma è nel vino Cagnulari che troviamo il fiore all’occhiello della produzione, con la valorizzazione da sempre, da parte della famiglia, di questo storico vitigno. Top 2021 quindi l’Isola dei Nuraghi Cagnulari “Pinta” 2019, che ha i profumi della macchia mediterranea dell’isola, del mirto; sembra un prato di erba medica mentre nel sorso disteso senti la freschezza del lampone e della lavanda. Il Cannonau è complesso come deve essere, mentre il Vermentino “Boese” 2019 è invitante, con quella frutta ampia (albicocche) e quel sorso verticale, che offre freschezza e sapidità.