Dalla legge del 1990, al convegno promosso da Papillon nel 2005, agli ultimi sviluppi sulle De.Co.
a. Il fenomeno delle De.Co. nasce a seguito della legge dell’8 giugno 1990 n. 142 che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare, nell’ambito dei principi sul decentramento amministrativo, in materia di valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali che risultano presenti nelle diverse realtà territoriali.
b. In seguito ed in forza di questa podestà concessa ai Comuni, l’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, nel 2000 redige una proposta di legge di iniziativa popolare recante: “Istituzione delle denominazioni comunali di origine per la tutela e la valorizzazione delle attività agro-alimentari tradizionali locali”.
c. Nel frattempo, giuristi e opinion leader intervengono in merito all’opportunità dei Comuni di legiferare in tema di valorizzazione dei propri prodotti. Citiamo a tale proposto l’articolo di Giuseppe Guarino sul Corriere della Sera del gennaio 2002 e la lunga battaglia intrapresa dal giornalista Luigi Veronelli per la diffusione del fenomeno delle De.Co.
d. In sostanza Guarino e Veronelli iniziano a fare riferimento anche alla legge Costituzionale n. 3 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 ottobre 2001, che delega ai Comuni la podestà di emettere regole in campo agricolo. Da qui, o meglio da quella data, si segnala il proliferare di Comuni, che deliberano una o più Denominazioni Comunali.
La svolta del Convegno di Alessandria
Il Convegno di Alessandria del maggio del 2005, organizzato da Papillon, segna una svolta. Per la prima volta, dal confronto con il ministero per le Politiche Agricole avviato da Massobrio e Alemanno e confluito in un tavolo di lavoro (presenti Massobrio, De Donno, Olivieri, Lagorio e per il ministero La Torre e Mottironi) e dopo il parere aureo degli amici del gruppo Veronelli, Nichi Stefi e Arturo Rota, si è ritenuto foriero di equivoci e di confusioni l'acronimo De.C.O. che faceva riferimento all'orgine, sostituito quindi con De.Co. denominazione comunale.
La sintesi di Alessandria
Le De.Co. non sono marchi di qualità, ma delle attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un prodotto/produzione dal luogo storico; sono dei certificati notarili contrassegnati dal Sindaco a seguito di una delibera Comunale; sono dei censimenti di produzioni che hanno un valore identitario per una comunità. Sono dunque strumenti flessibili per valorizzare le risorse della propria terra nel tentativo di garantire la biodiversità, traendone talvolta vantaggi anche sul piano turistico ed economico. Rappresentano, insomma, il vero, autentico passaggio dal generico “prodotto tipico” al “prodotto del territorio”.
La posizione del Ministero
*Il convegno del 6 maggio 2005 ad Alessandria e la posizione del Ministero
L’allora Ministro per le Politiche Agricole Gianni Alemanno che nel suo intervento ricordò che “Le De.Co., intese come censimento dei prodotti che identificano un Comune, sono un ulteriore elemento di distinzione che sicuramente rafforza il valore identitario di un territorio. [...] Debbono essere uno stimolo, una semplice delibera, che non fa riferimento ad aspetti qualitativi o a disciplinari richiesti invece per altre denominazioni di valenza comunitaria, ma che censisce, in un dato momento storico, un bene identitario legato all’artigianità o alla vocazione agricola di un Comune”.
Le divergenze con il ministero
L’apertura sulle De.Co del Ministero non fu però sufficiente a garantire un percorso lineare per l’attribuzione della denominazione comunale e il 2006 sarà tuttavia un anno di svolta in senso negativo, con una serie di interventi , che a nostro avviso appaiono confusionari da parte delle istituzioni. A seguito di una circolare inviata via fax dal Ministero per le Politiche Agricole (il ministro appena nominato era Paolo De Castro), a firma del Capo Dipartimento nella quale si dava un giudizio negativo sulle De.Co messe insieme ad un'altra iniziativa denominata Res Tipica, tutto precipita nella confusione. Così nell'estate del 2006 i carabinieri intervengono a Novellara, nel corso dell'annuale sagra, per bloccare la De.Co sul cocomero, mentre anche il Comune di Alessandria, che aveva deliberato la De.Co. sulla propria pasticceria viene messo in guardia e il Saviglianese del 7 settembre titola “L’Europa blocca le De.Co”. I segnali in senso negativo arrivano direttamente da due fax diramati dal Ministero. Uno, inviato all’Anci in data 4 agosto dello stesso anno, dove invita “l’ICFR, il Nucleo dei Carabinieri e il Corpo forestale dello Stato a vigilare affinchè siano perseguite iniziative di riconoscimento dei marchi “Res tipica” e De.Co. L’altro, sempre in data 4 ottobre 2006, definisce le De.Co “elemento di banalizzazione del sistema delle denominazioni protette” e ribadisce “una posizione negativa dell’Amministrazione, in linea con la normativa comunitaria, in merito all’iniziativa”.
La battaglia del Club di Papillon
Paolo Massobrio insieme a tutto il Club di Papillon riaccende la discussione sui mezzi di stampa difendendo le denominazioni comunali sulle pagine della Stampa in un articolo del 22 settembre del 2006, sul Tempo di Roma il 3 ottobre e con l’editoriale della Circolare del Club di Papillon dell’autunno dello stesso anno, in cui si ripercorre tutto l’iter delle De.Co. Negli stessi giorni Paolo Massobrio,- la data è il giorno 12 ottobre 2006 - viene ricevuto a Roma dal ministro per le Politiche Agricole Paolo De Castro per discutere del problema, senza però arrivare a nulla di concreto. Tuttavia, l'azione polemica di Papillon sortisce un primo effetto: nessun altra circolare dal tono minaccioso è più partita dal ministero. Nel 2008 appare il libro "de.Co. la carta d'identità del sindaco" che contiene la prefazione del Ministro per le Politiche Agricole Luca Zaia e una serie di indicazioni e pareri positivi sulla sostenibilità delle denominazioni comunali. Nel frattempo si moltiplicano le De.Co. con esempi clamorosi come quello di Milano, avviato da una nostra iniziativa a Golosaria del 2006. Non tutte però seguono un modello uniforme e molte sono ancora contrassegnate dagli errori riscontrati. Da qui la necessità di proporre un modello di De.Co. o meglio un iter a cui tutti possano ispirarsi per arrivare all’istituzione di un registro delle denominazioni comunali e alla compilazione di una delibera corretta.