Il rito dell’aperitivo è più antico di quanto si crede. Basti pensare che nel V secolo AC il medico greco Ippocrate consigliava di far precedere il pasto dal vinum hyppocraticum, un cocktail amaro a base di vino bianco (il nonno del Vermouth?) per aprire lo stomaco. L’idea non era priva di basi scientifiche: il sapore acre infatti stimola la mucosa orale aumentando la salivazione e il senso di fame. Da allora l’aperitivo ne ha fatta di strada, racconta oggi La Verità, arrivando a generare solo nel nostro Paese un giro d’affari da 200 milioni l’anno.
Tante sono le cuirosità sul tema: dalla prima definizione corretta di cocktail apparsa nel 1806 sul giornale inglese The Balance (qui si parlava di bevanda stimolante composta da diversi alcolici), fino all’origine dei diversi cocktail: il Margarita deriverebbe dal nome di Margarita Carmen Casino, ballerina allora sconosciuta, che qualche anno dopo diventerà famosa con il nome di Rita Hayworth; il Mojito fu inventato dal pirata sir Francis Drake nel XVBI secolo ma la sua versione moderna si deve al barman della celebre Bodeguita del Medio, il Daiquiri si deve a un marine americano naufragato a Daiquiri; il Negroni fu inventato dall’omonimo conte al bar Casoni di Firenze; il Bellini da Giuseppe Cipriani dell’Harry’s Bar di Venezia.