Bekeke e il sogno di Simone Maculan

Vini personalissimi, prodotti a Roncade, tra Treviso e Venezia

18.06.2016

Simone Maculan è persona di una gentilezza sconfinata. I suoi vini, non cercateli su internet, perché le informazioni sono pressoché nulle. Ma se capita, assaggiateli. Raccontano la storia di questo agronomo con due lauree alle spalle (agraria ed enologia), che a Musestre, frazione di Roncade, provincia di Treviso, si è messo a fare vino fuori da qualsiasi doc, senza l'assillo di dichiararsi bio, anche se gli interventi in vigna sono estremamente oculati, e in cantina usa solo un po' di solforosa. Bekeke (via Treponti, 20 – tel. 3355269926 – www.bekeke.it), è la sua cantina.

“La nostra filosofia è di vinificare e imbottigliare quello che ci offre la natura, accettando le inevitabili oscillazioni qualitative del vino, dovute all'andamento stagionale”. Questo per Simone vuol dire non mettere una bottiglia di vino in commercio, nelle annate insoddisfacenti. È successo, spesso. Tanto che al 2004, prima annata prodotta, sono succedute la 2005, la 2006, la 2007, la 2009, la 2011. Stop. Gli altri anni, l'uva l'ha venduta. Quando natura e rigore personale lo permettono, produce circa 20.000 bottiglie l'anno. La resa è molto bassa: 35 quintali ad ettaro per i vini rossi, 50 quintali per i bianchi.

In commercio oggi ci sono 5 vini: il verduzzo friulano, il pinot grigio, due merlot e un carmenere. Sono vini personali: i bianchi giocano con un residuo zuccherino importante, i rossi con una vena amaricante sostenuta (dettata principalmente dal terreno). Sono vini che non temono il tempo. A partire dal Bekeke, che è il soprannome della mamma: un verduzzo friulano del 2010 (costo in cantina, 12 €), di colore giallo dorato (macera sulle bucce per 24 ore). Dopo una sosta sui lieviti per due anni, e un affinamento in bottiglia per altri 12 mesi, ecco un naso che sa di miele, fiori secchi, gelsomino, albicocca matura, quasi secca. Note che ritornano nel sorso, dalla struttura imponente. Unica pecca, scivola un po' via, poco persistente. Ma è piacevolissimo.

Quando si versa il Marietta – soprannome della nonna materna – si fatica a definirne il colore. È un bianco decisamente aranciato, o un rosato dai riflessi del rame? Dubbi amletici da pinot grigio. Il 2011 (prezzo in cantina, € 15) profuma di fiori primaverili, rosa e sambuco, uva canina, ha un che di caramelloso. All'assaggio la nota zuccherina è importante, arrotonda il succo, gli dona piacevolezza. Ottimo. Nell'annata 2009 (prezzo in cantina, € 18), la sensazione dolce è ancora più netta. I profumi sono più evoluti, c'è un afflato balsamico, del finocchietto, dell'uva sultanina. Il sorso è consistente, glicerinoso.

Due, come detto, le interpretazioni del merlot. Il Leti (prezzo in cantina, 10 €) - Letizia è la figlia tredicenne di Simone – 2011 fa botte grande. Vegetale spinto (peperone) e spezie in apertura, poi tanta frutta (fragoline di bosco). Rotondo in bocca, dal finale amaricante, lascia la bocca decisamente asciutta. Il Gisto (prezzo in cantina, 22 €) – dedicato al papà scomparso molti anni fa – fa botte piccola. Il 2007 è ancora da aspettare: ha tutta l'integrità del frutto, e le note del legno in evoluzione. Ma il sorso è rotondo, c'è del cacao, della radice di liqurizia. Beviamolo tra un paio d'anni.

Tra i rossi, il più sorprendente è il Tania (prezzo in cantina, 18 €) – dedicato alla nipote, da uve carmenere. Un 2009, che affina per 12 mesi in botti di rovere da 50 ettolitri, e poi riposa in bottiglia. Color rosso corvino. Vegetale e speziato, al naso, poi frutti rossi e balsamico. In bocca, c'è tutto: il frutto integro, il floreale della rosa, una nota boisé. Amaricante nel finale, esattamente come ci saremmo aspettati. Personale, elegante, sincero. Da lasciare lì ancora un po' per capire dove va. Interessantissimo.

X

Cookie Policy

This page uses third-party cookies to offer personalized content