Formaggio grasso - il nome probabilmente deriva dall’occitanico brousse, un formaggio fresco di pecora -, di breve o media stagionatura, a pasta molle, viene citato già nell'800 dal Grande dizionario piemontese-italiano: “Specie di cacio fortissimo, fatto con altro cacio vecchio ed assai fermentato, impastato nell'acquavite, con burro e alcune droghe, che poi si chiude e si conserva in scatolette”.
Tutt'oggi un detto piemontese recita “mac l'amor a l'è pi fòrt che 'l bros”, soltanto l'amore è più forte del Brus.
Nasce dall'esigenza di recuperare vari tipi di formaggi come robiole, ricotte o a pasta dura. I formaggi avanzati dal consumo famigliare venivano infatti grattugiati o fatti a scaglie, per poi essere mescolati fra loro aggiungendo un po’ di di latte. Dalla madre dei formaggi, innestata nell'impasto, derivava una fermentazione che permetteva alla miscela di ottenere un’elevata intensità aromatica.
Oggi viene preparato con formaggi di taglio fresco, tipici del Piemonte. Vengono scagliati o grattugiati, miscelati a latte o a ricotta. Dopo circa 30 giorni, durante i quali il composto viene mescolato frequentemente, si aggiunge un distillato (grappa, cognac, genepì) per fermare la fermentazione. Viene quindi messo in vasetti di vetro chiusi ermeticamente e poi sottoposti a trattamento termico per indurre il sottovuoto prima di essere posti in commercio.