La Valsesia, incastonata tra le quattro province “alte” del Piemonte – Biella, Vercelli, Novara, Verbano-Cusio-Ossola – è definita la valle più verde e rigogliosa d’Italia ed è un autentico scrigno di bellezze declinate sotto vari aspetti: enogastronomiche, ambientali, paesaggistiche, turistiche, culturali e architettoniche. A fare da corollario, l’unicità di un territorio che si estende dalle Alpi alle risaie, dai laghi alle colline, passando per grandi luoghi di cultura, fede e bellezza come abbazie, Sacri Monti, musei ed ecomusei, ville e giardini.
E l’area più selvaggia e incontaminata è quella dell’Alta Valsesia, rappresentata dalle pendici montane attorno al centro turistico di Alagna, sotto lo sguardo del Monte Rosa che rivela un’unicità degna di attenzione: qui e in altri borghi alpini limitrofi, sono presenti, fin dal
XIII secolo, gli insediamenti della comunità Walser, popolo di origine germanica migrato in varie località alpine d’Italia, Svizzera, Liechtenstein e Austria. L’isolamento di questi territori ha permesso loro di conservare intatte fino ai giorni nostri un sistema profondo di valori, usi e costumi originali.
Assolutamente da primato anche gli antichi saperi e sapori che oggi si rivelano attraverso piatti come la
zuppa della Valle Vogna, una minestra di patate “masarai” con porri, burro e speck, la
polenta servita con salsiccia, con il coniglio in umido, con costine di maiale, spezzatino, oppure, quando disponibile, con la prelibata cacciagione (camoscio, cervo) indigena. I
capunèt, semplici involtini realizzati con foglie di indivia o verza riempite a loro volta di un trito misto di mortadella, prezzemolo, aglio, cipolla e pane ammollato nel latte, il tutto brasato in burro, un po’ di brodo e vino bianco. Squisite le
Miacce, sorta di cialde che vengono preparate con un particolare strumento di ferro formato da due dischi incernierati tra loro e due lunghi manici; si possono gustare da sole (secche o morbide) oppure farcite, sia salate (con toma, burro e salumi) che dolci (con marmellate, miele). O l’
uberlekke, un bollito di origine walser preparato con diversi tipi di carni salate di animali tipici dei boschi valsesiani, talvolta insaporito con verdure o salame.
E, in tema di insaccati, la proposta del territorio contempla i
Salamin d’la duja, di puro suino, conservati nel grasso del maiale in recipienti di terracotta (“duja”) o la
Moccetta, la coscia di camoscio servita a fette. I valligiani, però, amano enormemente la piccola produzione di salami di vacca, profumati e dal sapore unico.
Fiume e torrenti offrono poi una ottima varietà di trote, come i temoli, che vengono cucinate in modo semplice per esaltarne il sapore (infarinate e rosolate nel burro con aggiunta di salvia o saleggia).
Ricca la tradizione casearia, grazie alla presenza di alpeggi incontaminati oltre i 2 mila metri, dove pascolano bovini e ovini, su pianori ricchi di infinite varietà di erbe e di fiori. In questi pascoli d’altura nascono formaggi unici come la
toma “Maccagno”, realizzata con il latte crudo di una sola munta e alla temperatura naturale di mungitura. È un formaggio grasso a pasta semidura e di breve stagionatura. Quindi la toma Valsesia, un formaggio a latte vaccino intero (raramente parzialmente scremato per affioramento) crudo o pastorizzato, a pasta morbida e semicotta, di media stagionatura. Poi, una gamma di deliziose declinazioni delle tome: stagionate nel fieno, con crosta di mirtilli, con vinacce di Gattinara, aromatizzate al timo di montagna e altre erbe spontanee…E altri formaggi molto particolari sono, ad esempio, i
Tomin d’crava, di latte caprino o il
Salagnun, preparato con toma fresca sbriciolata e impastata con mascarpone o panna, sale, pepe in grani, lasciato a riposo fino a maturazione.
Dall’Alta Valsesia a quella che viene denominata “il cuore della Valsesia”. Siamo a Varallo, importante centro culturale e turistico posto alla confluenza tra il torrente Mastallone e il fiume Sesia. Imperdibile il Sacro Monte, la “Nuova Gerusalemme valsesiana”, riconosciuto Patrimonio
UNESCO nel 2003 con gli altri 6 sparsi tra Piemonte e Lombardia. Si presenta come un percorso ascensionale tra piazzette, cappelle, sentieri immersi nella natura che mettono in scena il messaggio evangelico dando vita “qui e ora” ad una vera e propria
biblia pauperum, narrata attraverso 800 sculture e più di 3.000 affreschi.
Passeggiando tra le
Storiche Contrade del centro cittadino, che ricalcano l’impostazione viaria medievale della città, si possono trovare le
botteghe dell’artigianato tipico valsesiano con la lavorazione di legno, ferro, marmo artificiale, vetro. Tra le produzioni più famose, il ricamo a
puncetto e gli
scapin, le pantofole di panno.