Celebrando il loro cuore d’acqua, il Po, il Sommo Poeta, nel Ventesimo canto dell’Inferno, celebrò quelle terre che lo accolsero esule in cui, già alla sua epoca, per lo meno da oltre un secolo, contadini e nobili portavano sulle tavole povere e ricche il “formai de grana”. Questo formaggio inventato dai monaci benedettini dell’Abbazia di Chiaravalle nel 1135, oggi è il Grana Padano, il formaggio DOP più consumato al mondo, con oltre 5,2 milioni di forme prodotte.
È perciò la storia di un grande patrimonio di tutta una comunità e del suo territorio.
“Siamo tutti debitori nei confronti di Dante – spiega Stefano Berni, Direttore Generale del Consorzio Tutela Grana Padano – Ha plasmato la nostra lingua, il primo segno di identità di una comunità, che solo sei secoli più tardi sarebbe diventata nazionale. Nel viaggio scandito dalla cultura religiosa del suo tempo dà nomi e volti a idee, convinzioni, dogmi e superstizioni, mettendo insieme vicende e storie che da sette secoli sono ancora riferimento attraverso i suoi versi in tante riflessioni sul nostro tempo. E l’ultimo verso della Divina Commedia – “E quindi uscimmo a riveder le stelle” –, nell’Italia e nel mondo di oggi alle prese che una delle più grandi tragedie che le ultime generazioni ricordino, è più di una speranza e risuona come un impegno. Celebrare Dante significa dunque ritrovare le nostre radici e coltivarle, con orgoglio e convinzione, dimostrandocene fieri e degni nel nostro lavoro”.
Dal Monviso al mare Adriatico, attraverso territori oggi di Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto ed Emilia Romagna, Dante racconta il suo tempo, le città e le genti che lo ospitarono, esule per le sue idee, in un vagare inquieto.
“Invitiamo a riflettere su quell’accoglienza, che già allora era nella sensibilità delle nostre comunità – conclude Berni – e a cercare i segnali di uno spirito che rendono Dante eterno ed ancora attuale”.