Giovanissimo e altissimo (quasi due metri). È Michele Castellanza, il nuovo chef di Marcelin, locale della nostra predilezione a Montà d’Alba (piazzetta della Vecchia Segheria, 1 – tel. 0173975569), che ha preso l’eredità di un cuoco che ora è andato a cucinare a Tokyo. Le ossa se l’è fatte all’Unico di Milano, ma il bello del suo menu è l’aver salvato, dandogli una certa connotazione di leggerezza, alcune intuizioni della precedente cucina.
Montà è un paese del Roero, che, come dice il nome stesso, sta in alto. Lo raggiungi comodamente da Torino oppure da Asti Ovest, passando per San Damiano d’Asti e poi Canale. Qui si produce un ottimo Arneis e anche un Roero rosso. E la carta dei vini, classica per le scelte in giro per l’Italia, rende bene omaggio ai migliori produttori della zona, con un servizio a bicchiere decisamente generoso.
La carta, molto chiara ed essenziale (oltreché elegante) apre con due menu: uno della tradizione a 45 euro dove il primo sono i paccheri di Gragnano (?) con ragù di coniglio e uno denominato “innovazione e creatività”, a 60 euro. Alla carta, si ritrovano più o meno i medesimi piatti dei due menu, con quattro proposte curiose di antipasti. Da corona radiosa l’anguilla fritta in tempura, pomodorino agrodolce, pinoli, uvetta e salsa allo yogurt. Perfetti anche gli asparagi bolliti serviti con uovo pochè, caviale, salsa alla robiola di capra e pan brioche alle noci. Fate attenzione al pane: ne sfornano 4 tipi e il pugliese è molto buono, soprattutto con le tre salse di entrèe (burro, pomodori secchi e olive taggiasche).
Fra i primi è decisamente esemplare il risotto al pesto di borraggine, pancetta di maiale croccante e salsa alla scamorza affumicata, buoni anche gli gnocchi giganti in farcia di piselli, totani arrostiti e ricotta salata. Eravamo tentati anche dal tortello in farcia di anatra, crema di peperone rosso e spinaci baby.
Quattro proposte anche ai secondi, con la rivisitazione della panatura ai grissini che già c’era nella precedente cucina: qui sono petali di fassone panati con grissini e generosa macedonia di ortaggi al sesamo nero. Intrigante la sella di agnello alla menta, con ciliegie al vino rosso e patate alla cipolla. Il piatto d’autore sarà il piccione in due cotture col petto arrostito in crosta di nocciole, mentre il pesce qui è rappresentato dall’ombrina al vapore servita con gaspacho di primavera, orzo soffiato e germogli misti.
A questo punto va detto che vi sentirete molto bene, non appesantiti, con un servizio puntuale e nei tempi perfetti che si districa fra la saletta con tavoli per due persone e la sala più grande coi tavoli tondi. E che non vi venga in mente di rinunciare ai dolci: cremoso al gianduja... con spugna di nocciole, gelato al the nero e bergamotto oppure sfoglia caramellata alle mandorle con lamponi e chantily al pistacchio. C’è anche la terrina i tre cioccolati al caffè e il parfait ghiacciato alla frutta. Ti servono anche un avant dessert e la piccola pasticceria, servizio che di solito allunga i tempi e appesantisce, invece qui tutto è perfetto. C’è una regia che rende onore. Bravissimo, il faccino radioso è riconquistato, ed è una promessa di corona.